Attrazione fatale

La ricerca del mistero è il desiderio di qualcosa che spieghi noi stessi

di Anna Pia Viola
francescana secolare, docente di Filosofia all’Università di Palermo 

Viola 01Esoterico zapping

Se facciamo un giro con il telecomando, la programmazione tv ci offre un numero considerevole di serie televisive con vampiri, medium intercettati da anime inquiete e di “resuscitati” dall’oltretomba; per non parlare, poi, dei salotti pomeridiani e serali con rampanti conduttori travestiti da improbabili investigatori sui casi di cronaca nera.

E giù con le domande sul “mistero” che si apre davanti a noi, su fatti che non possono essere coincidenze, su complotti internazionali, o sul “giallo” che continua ad essere irrisolto… insomma, una serie di ombre inquietanti si allungano su una vita quotidiana che già di per sé presenta profonde fatiche. Sembra che cresca l’attenzione, non oso dire l’interesse, per l’offerta di ciò che non riusciamo a dominare e dal quale però vorremmo essere dominati e guidati. Non da ultimo, infatti, vorrei ricordare note rubriche televisive sull’oroscopo che viene proposto “non come verità assoluta, ma da verificare”, una sorta di amichevole guida alle nostre azioni. In altre parole, ci viene detto che ciò che viene attribuito ai segni zodiacali non è la verità, non si riferisce a qualcosa di reale, però un giorno ringrazieremo l’astrologo per averci consigliato alcuni atteggiamenti valutando la congiuntura astrale favorevole (!). Alcuni sociologi direbbero che è proprio nei periodi di crisi, di fragilità personale e collettiva, che ci si avvicina all’occulto, al magico, al sacro o comunque a quelle forme rituali che prometterebbero di vedere le situazioni problematiche sotto una luce positiva. Un fenomeno nuovo legato alla società che ha smarrito il senso autentico della fede e della religione? Nient’affatto! Già antichi popoli facevano i conti con paure ancestrali, legate all’oltre della morte o all’imprevedibile. Paure e speranze venivano consegnate a “sacerdoti” dell’occulto e, diremmo noi oggi, dell’inconscio. Per ritrovare questo mondo non dobbiamo scomodare civiltà preistoriche o degli egizi e dei babilonesi. Mi riferisco, invece, all’antica Grecia, la culla del pensiero filosofico, della razionalità per eccellenza, di intelligenze che hanno affidato alle rappresentazioni teatrali, alla Tragedia in particolare, il potere di dare nome e dunque di spezzare il dominio delle paure su di noi.

Viola 02Il mistero risveglia il desiderio

Quasi divinizzando la forza negativa e consegnando ad essa il tributo del sacrificio si dava diversa dignità, accettabilità, alle verità profonde ed inconfessabili del cuore umano. In questo contesto nasce l’impegno di uomini che faranno chiarezza su ciò che è solo favola, frutto di fantasia, proiezione del bisogno dell’uomo, e ciò che è verità, ossia capacità di cogliere le cose per quelle che sono e non per come le vorremmo noi. Se domandiamo proprio a loro, ai filosofi e pensatori che hanno a cuore l’uomo e la sua preziosità, ci diranno che è un aspetto strutturale dell’essere umano cercare il mistero e anche ciò che spaventa, inquieta e pietrifica bloccando l’azione e il pensiero. Siamo di fronte a qualcosa di negativo o, peggio, perverso? No. Ciò che ci fa tremare non ci allontana, ma ci affascina, ci seduce, ci conduce verso di lui, ci fa uscire da noi rendendoci paradossalmente più vicini a noi stessi. Il fascino del mistero risveglia il desiderio di ciò che è diverso da noi. Prima di demonizzarlo occorre saper leggere questo desiderio e cogliere ciò che di profondo dice. Il misterioso ci parla di una dimensione che non è quella del bisogno, ma del sogno. Siamo fatti di una passione, di un desiderio, che ci spinge verso cose capaci di stupirci, fermarci, traumatizzarci, capaci di far sprigionare da noi una vitalità altrimenti sopita. L’accostarsi all’inspiegabile e anche all’orrido, non è una novità, quanto un ritorno. Esprime la necessità profonda di lasciarsi prendere da ciò che sentiamo e intuiamo essere diverso da noi, quasi un abisso in cui tuffarsi con la speranza, non tanto celata, di riemergere con una consapevolezza nuova di noi stessi. Ecco cosa si cerca in tutte le forme di ossessione verso il lato oscuro delle cose: l’altra faccia del razionale, il risvolto della vita, la radice della passione. Benché occorra tenere distinti il mondo del mito, del magico, da quello reale, nonché della dimensione della Rivelazione, sarebbe un errore grossolano estromettere tutto questo giudicando irrazionali e dunque inesistenti, fuorvianti, falsi, i racconti che hanno per tema il magico, il misterioso, il sovrannaturale. Vanno invece letti per ciò che ci rivelano ulteriormente. Se l’uomo non avesse in sé l’attrazione per l’incomprensibile, per l’inspiegabile, la stessa presenza di Dio non potrebbe darsi come Mistero; se Mosè non avesse avuto la curiosità di avvicinarsi a quel roveto che, contro ogni legge fisica e dunque ogni considerazione logica, avvolto dalle fiamme non si consumava, non avremmo avuto la narrazione dell’esperienza fascinosa e tremenda dell’uomo di fronte al divino. Anche il Signore della storia, Jahvè, nel parlare si ri-vela, ossia si copre, si nasconde, per poter essere presente. Dio non lo si incontra nelle certezze e nelle immagini che ci facciamo di Lui. Dio ci ferma e ci coglie nel profondo desiderio che abbiamo di Lui, un desiderio che non riusciamo a nominare, ma che rimane lì, in fondo al nostro stupore. Chi potrà mai spegnere il mistero affascinante, e tremendo insieme, della presenza divina?

Disseppellire Dio

Forse ciò che spetta a noi è fare chiarezza fra il magico e il santo, provando a «disseppellire Dio dai nostri cuori» come ci dice Etty Hillesum nel suo Diario. Viviamo a contatto con il mistero in maniera più profonda di quello che crediamo, e per essere veramente consapevoli di noi, liberi, veri, potremmo dare spazio a questo mistero, farlo uscire nelle forme vitali che l’uomo esprime nella poesia, nella musica, nell’arte e nella preghiera. E ci renderemo conto che il nostro desiderio profondo non è quello di spiegare il mistero, quanto piuttosto di lasciarci spiegare da lui. In fin dei conti, anche se con modalità a volte improprie, vogliamo che sia il mistero a darci notizia di noi, di ciò che siamo. Noi che abbiamo dato nome ad ogni cosa abbiamo bisogno del Nome che non può essere definito con chiarezza, non può essere intrappolato nelle nostre immagini, un Nome che possiamo solo indicare come Mistero. Un Mistero che ritorna come eterno presente.