Nell’ultimo capitolo provinciale dei cappuccini dell’Emilia-Romagna, nell’aprile del 2011, sono stati definiti i “campi di azione” nei quali i frati saranno impegnati fino al 2014. Tra essi il settore dell’evangelizzazione: potrebbe sembrare cosa ovvia, ma, forse, riflettere su come comunicare l’evangelo con la propria presenza per le strade del mondo non è così scontato.
Ecco allora questa nuova rubrica: per raccontare, come riassunto nell’intervista a padre Dino Dozzi, responsabile della commissione provinciale per l’evangelizzazione, i vari modi in cui i cappuccini percorrono le strade della nostra regione.

Lucia Lafratta

Pellegrinaggio verso la verità

Intervista a Dino Dozzi, responsabile della commissione provinciale dell’evangelizzazione

VeV1A scorrere l’elenco dei settori in cui è stato suddiviso il grande campo dell’evangelizzazione si ha l’impressione di una notevole varietà di persone e luoghi.

Certamente nell’ultimo capitolo provinciale si è dato grande rilievo all’evangelizzazione nelle sue varie forme. Anche il ridimensionamento del numero delle fraternità, la chiusura di alcuni conventi, la redistribuzione dei frati intendono favorire l’evangelizzazione nei suoi vari aspetti, a cominciare dal modo di vivere in fraternità - un numero di frati minimo, con la possibilità di fare un certo tipo di vita fraterna, sotto l’aspetto della preghiera, della liturgia, del confronto vicendevole - che può diventare un segno evangelizzatore. Il primo modo di evangelizzare è quello di vivere secondo un particolare stile. In ogni convento ci deve essere lo sforzo di recuperare una vita di fraternità, una liturgia più viva e partecipata, non solo rivolta all’esterno, ma anche e prima di tutto all’interno della comunità, riscoprendo la sorgente dell’evangelizzazione.

Per capire meglio quali sono le caratteristiche del mondo in cui siete chiamati a operare e per avere un quadro della situazione della Chiesa nella nostra regione avete chiesto aiuto a collaboratori esterni?

Sì, una decina di anni fa commissionammo uno studio, ancora valido, ad alcuni docenti che hanno a lungo collaborato con noi, per fare un identikit del contesto e dei destinatari dell’evangelizzazione in Emilia-Romagna. Gli elementi che emersero e che ancora sussistono furono non solo o non tanto anticlericalismo vecchio stampo, anticristianesimo o ateismo combattente, quanto piuttosto indifferenza e agnosticismo. Il grande male è l’indifferenza a qualsiasi tipo di valori o di impegni che vadano al di là della punta del naso: per alcuni la musica, per altri lo sport…. Tutto ciò che può essere più a lunga distanza o rivolto al bene comune - pensiamo anche all’impegno in politica - fa fatica ad essere sentito come importante. Questo, forse in modo ancora più evidente, accade nel rapporto con Dio, con qualcosa che vada al di là o al di sopra del tornaconto personale.

Come si inserisce il vostro progetto di evangelizzazione in questo contesto?

Ciò che colpisce nell’elenco dei vari ambiti di evangelizzazione, proposti nelle Tavole delle fraternità, è la grande varietà, che riassumo brevemente. Oltre all’evangelizzazione ad gentes vera e propria, fatta dai religiosi, e anche dai laici che ci affiancano in terra di missione, c’è quella che è richiesta qui, rivolta ai tanti volontari che sono un’importante realtà nei centri di San Martino in Rio e Imola, ma anche presso tutti i nostri conventi: persone pronte ad impegnarsi sotto l’aspetto della solidarietà umana e per le quali è importante trovare il nesso tra questo forte senso di attenzione ai più poveri e il vangelo.
Gli ospedali sono i luoghi in cui si trovano i malati e i loro parenti nel delicato momento della sofferenza e della morte. Il vangelo può raggiungere sia nella gioia sia nel dolore, ma quando si soffre si ha più bisogno di un annuncio che non sia solo di vaga consolazione, ma possa rispondere alle domande importanti che sorgono sul senso della vita e della morte. Noi siamo ancora presenti in tre grandi ospedali, a Bologna, Reggio Emilia e Parma, e credo che sia un fatto molto utile e positivo.
Con l’espressione “dieci comandamenti” si intende una iniziativa molto interessante nata a Roma, una decina d’anni fa, ad opera di un sacerdote, che ha impostato uno schema per portare il primo annuncio. I destinatari sono gruppi di giovani, ma non solo; il ciclo completo di incontri dura due anni: si parte dalla lettura di testi biblici per incontrare la vita delle persone. Nella nostra provincia cappuccina ci sono due di questi gruppi, uno a Santarcangelo e uno a Reggio Emilia, poi dovrebbe prendere vita quello di Vignola. Forse non è un annuncio profondissimo, ma tiene conto di come la gente è: non particolarmente preparata, e magari ha ancora bisogno di un cibo “omogeneizzato”.
Il Festival Francescano è una realtà ancora più nuova, nata dalla fantasia francescana, per portare il messaggio nelle strade e nelle piazze: se Maometto non va alla montagna… Il festival nasce con credenziali molto forti: Francesco e tutta la storia francescana con una lunga serie di santi che hanno una grande attrattiva.
Ritornando a quanto detto prima, uno dei grandi mezzi per evangelizzare è la preghiera, e la casa di preghiera di Cesena è un luogo particolare in cui trovare accoglienza. Pregare in un certo modo, avendo cura di preparare la preghiera, anche se semplice, può essere un importante strumento di evangelizzazione.
Le parrocchie non sono una peculiarità di noi cappuccini, ma abbiamo tre grandi parrocchie a Bologna, Faenza e Fidenza di cui prenderci cura, e dovremmo farlo in modo un po’ diverso dai sacerdoti secolari non fosse altro per il fatto che lì, a differenza di quanto accade solitamente, ci sono tre o anche quattro sacerdoti, magari accompagnati da fratelli laici. Perciò il servizio è maggiore, e soprattutto lo spirito di fraternità dovrebbe essere una caratteristica tipica delle nostre parrocchie.
Il campo della pastorale giovanile e vocazionale ha il suo centro principale a Vignola, con la Casa Frate Leone, che accoglie gruppi di giovani, con stile fraterno e attenzione a tutti e a ciascuno.

Il panorama è ampio e viene in mente che Benedetto XVI ha riconosciuto la necessità di istituire, alla fine del 2010, il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

C’è grande discussione sull’espressione “nuova evangelizzazione”: probabilmente, dopo una prima evangelizzazione che è venuta attraverso la tradizione, e si è fermata fino ai dodici o tredici anni, si tratta di una seconda evangelizzazione, ripresentando il vangelo a persone che vivono in tempi di secolarizzazione, di agnosticismo, di disinteresse. Forse si tratta di avere più coraggio, come ricordava Julia Kristeva, psicanalista, filosofa e scrittrice, invitata, in occasione della giornata della pace del 27 ottobre scorso ad Assisi, a rappresentare i non credenti “cercatori della verità”: osare un nuovo umanesimo, rimettere in dialogo l’umanesimo cristiano e l’umanesimo nato dall’illuminismo, che noi abbiamo sempre messo all’angolo e disprezzato. Forse è venuto il momento di riconoscere che tutti desideriamo la verità, e che, tutti insieme, tenendoci per mano, possiamo cercare di incamminarci verso la verità. Perché una delle cose che risultano più antipatiche all’uomo d’oggi è che qualcuno si presenti con la pretesa d’avere la verità in tasca, bella e confezionata da propinare dall’alto in basso; questo atteggiamento provoca subito il rifiuto pregiudiziale e impedisce l’incontro e il dialogo. Ci è richiesta più umiltà nel modo di proporre il messaggio evangelico, sentendoci tutti pellegrini verso la verità.