Nessuno nasce solo

La concezione di famiglia e villaggio in Centrafrica

a cura di Claudio Zaniboni
volontario laico in Centrafrica

Missione2Summa esemplificativa

Se un africano dovesse descrivere in una battuta la società dei paesi occidentali, potrebbe usare la formula: “Nasci, consuma, produci, crepa”. È una formula che dice niente e tutto: nessuno è disposto a riconoscersi interamente in questa definizione, e nessuno può escludersi del tutto.
Parimenti si può dire della società africana: “Nasci, fai dei figli, seppellisci i tuoi genitori, fatti seppellire dai tuoi figli”. La persona umana in Africa non si concepisce da sola, ma dentro una rete di relazioni complesse: all’interno di un clan, della famiglia, della famiglia allargata, del villaggio.
Ognuno ha la consapevolezza di fare parte di un tutto, in primo luogo della sua famiglia, ove ciascuno dipende dagli altri membri: toccare un membro di questo corpo è toccare l’insieme. Separare qualcuno dalla sua famiglia è ucciderlo: la morte sociale equivale alla morte fisica, e talvolta la precede di poco. Nella società africana il bene, più che il benessere, è garantito dalla famiglia e dal villaggio.


Questa interdipendenza aumenta la legge della solidarietà tra i membri, in particolare tra le generazioni. La persona umana si inscrive nella storia della sua famiglia, che si sviluppa come una spirale in perpetuo nuovo inizio. Questa famiglia viene dagli antenati, dai quali la vita è trasmessa, ma si proietta nel futuro attraverso i suoi discendenti. Ogni persona ha il dovere personale di essere feconda e di trasmettere la vita. La famiglia si vuole immortale, ed è il destino di ciascuno, maschio e femmina, di contribuire personalmente a questo. E se non ci sono più persone nella famiglia per garantire questo dovere, si può rimediare con l’adozione.
Il concetto di famiglia in Africa è diverso dal nostro. Le famiglie sono agglomerati di mogli, figli, fratelli, zii, cugini, spesso dispersi in vari villaggi, ma uniti dal vincolo del sangue. Si vanno a trovare, si resta loro ospiti, si partecipa agli eventi importanti, come matrimoni o funerali, si va a dividere la fortuna economica che qualcuno raggiunge, si vive con loro. La famiglia ristretta, di marito e moglie con i figli, è sullo stesso piano della famiglia allargata: qui la poligamia è diffusa, le coppie spesso si separano. L’importante è avere molti figli, non si concepisce un matrimonio senza figli. Le unioni sono contratti sociali ed economici: spesso la famiglia interviene per stabilire chi deve essere il coniuge. L’uomo deve provvedere alla dote da pagare, e questo gli dà il diritto ad avere i figli in caso di separazione; se non si rispetta il contratto economico i figli restano con la madre. In tutti i casi è la madre ad allevare i figli.
La famiglia nel suo insieme è il nucleo fondamentale della società africana. Senza dubbio viene ad essere il luogo ideale della solidarietà, dell’aiuto, dell’adempimento personale di ciascuno al suo interno e al suo servizio. All’interno della famiglia i parenti devono aiutare i loro bambini a crescere e a entrare nella vita, i bambini a loro volta devono sostenere i loro vecchi e dividere con loro i frutti della loro riuscita. Un malato ospedalizzato verrà circondato dai suoi parenti, che lo veglieranno giorno e notte; non si agisce così per sopperire a eventuali carenze del personale curante, ma per non isolare quelle persone, soprattutto in un momento difficile della loro vita e della loro famiglia.

Le tre dimensioni del villaggio

L’altro mattone alla base della società africana è il villaggio. Anche qui il concetto è diverso dal nostro. Il termine “villaggio” nelle lingue africane ha tre dimensioni di senso: luogo geografico contrapposto ad un intorno non abitato, insieme delle relazioni tra gli abitanti, luogo degli spiriti degli antenati. Il villaggio è un luogo geografico ben definito, abitato da un insieme di persone unite per la linea di sangue, di alleanza, di prossimità; è un luogo sociale, opposto a quello della campagna, allo spazio non socializzato. Questo insieme comprende non solo i viventi, il cui cordone ombelicale è stato interrato nel luogo di nascita, ma anche gli antenati defunti, che sono stati sepolti in quel luogo geografico. Questi defunti restano presenti nella vita della comunità.
Un bambino che nasce viene dal mondo degli antenati, dove ritornerà alla fine della sua vita, dopo il passaggio su questa terra. Questo luogo sociale diventa così un luogo mitico e religioso, dove visibile e invisibile si intrecciano indissolubilmente. I defunti hanno bisogno delle preghiere e delle offerte dei viventi per continuare ad esistere nella loro memoria. I viventi hanno bisogno dei defunti, quanto meno della loro benevolenza, per esistere, vivere, riprodursi, continuare la stirpe. Questi antenati hanno dato le leggi che reggono l’esistenza umana: seguendole si ha la loro benevolenza; al contrario, il violarle provoca il loro rimprovero, ed eventualmente una punizione.