I frati cappuccini dell’Emilia-Romagna all’inizio di maggio celebrano il loro triennale Capitolo provinciale: per ora si dice qui che cos’è un Capitolo in generale; nel numero prossimo si dirà come è andato questo Capitolo. “Fioretti cappuccini” parla della famosa mula di fra Gioacchino.

Nazzareno Zanni 

 

Rubrica in Convento 01 Capitolo 01 (Ivano Puccetti)La febbre del Capitolo

Aspirazioni, tifoserie e buona pace dell’assemblea triennale

 

Una sorta di conclave

«Tempore Capituli gaudent fraticuli», così si diceva tra i frati in un latino cappuccinesco comprensibile anche da chi era digiuno della gloriosa lingua di Roma, quando si apriva il Capitolo provinciale.

È un avvenimento, questo, che contempla la definizione delle strategie future della Provincia e l’elezione dei nuovi superiori, e che, per porlo al riparo da influenze esterne, si svolge in un luogo appartato e lontano dai conventi, o in un convento sufficientemente ampio da ospitare tutti i “capitolari” ma interdetto a qualsiasi altro frate non autorizzato. Una sorta di conclave senza il rito della fumata bianca e l’apparizione dalla loggia vaticana davanti a una folla osannante, ma che nel piccolo mondo fratesco possiede a suo modo il fascino di quella solenne assemblea cardinalizia.

Nel passato erano chiamati a Capitolo i guardiani dei conventi e altri frati detti “discreti”, religiosi reputati capaci di giudicare con sapienza, eletti dalle comunità più numerose. Oggi i frati si sono aggiornati adeguandosi a una più ampia democrazia, ma caratterizzata ugualmente da uno stato di forte agitazione generale, in cui fanno capolino l’immaginazione, le aspirazioni e la tifoseria. Al Capitolo si partecipa per elezione, con la conseguenza che tutto l’iter per eleggere i capitolari parte per tempo, con risultati spesso del tutto imprevisti e talora sconfortanti per chi confidava nel consenso dei confratelli. È stato pure introdotto il sistema del “sondaggio indicativo”, in cui la fantasia di ogni frate può esprimersi in tutte le sue più nascoste potenzialità nel suggerire il preferito come ministro provinciale e i quattro membri del consiglio provinciale. Se poi i frati sono consultati anche sui temi da discutere, apriti cielo! Ci vorrebbe un’assemblea conciliare che occupi tutto il triennio - è questo il tempo in cui il nuovo provinciale con il suo consiglio rimangono in carica - per vagliare ed esaminare accuratamente ogni proposta.

In barba ai cambiamenti più o meno radicali avvenuti, in meglio o in peggio nessuno può dirlo, il Capitolo, sia nella sua fase preparatoria, sia, soprattutto, in quella dello svolgimento, si manifesta come occasione per evadere dalla monotonia quotidiana, lasciando così spazio alle congetture più disparate, a discussioni accalorate, a pronostici più o meno plausibili e a infiniti “si dice” sui nomi che potranno essere partoriti dalle votazioni. Un confronto che non risparmia nessuno, anche chi asserisce di tirarsi fuori. Perché è sempre attuale il proverbio “chi disprezza compra”.

 

Nel tempo che fu

Rubrica in Convento 02 Capitolo 02 (Ivano Puccetti)Nel tempo che fu, in assenza del superiore impegnato in quella solenne assemblea provinciale, veniva nominato dal ministro provinciale in scadenza un «discreto capitolare», che facesse le veci del padre guardiano impegnato nei lavori capitolari. Era allora che si avverava pienamente il detto popolare che recita: «Quando i gatti dormono, i topi ballano». In convento si respirava un’aria nuova, più spensierata, meno vigilata. Più libera. Soprattutto perché dal discreto capitolare ci si attendeva che allargasse i cordoni della borsa e assecondasse la voglia di evasione dei frati. Oggi anche questa simpatica figura è scomparsa, e la sua funzione è assunta dal frate guardiano nella per lui triste evenienza che non fosse tra gli eletti al Capitolo, o dal suo vicario o, in mancanza di loro, dal religioso più anziano della fraternità. Tuttavia, appena ha avuto inizio il Capitolo, la prospettiva di una nuova primavera autorizza i frati, qualunque sia il loro ruolo, ad abbandonarsi a tirare fuori dalla bisaccia della loro fantasia l’impensabile, fedeli all’antico adagio «tempore capituli gaudent fraticuli». L’orario ferreo e monotono della vita comune viene allentato e reso più allegro e a pranzo e a cena, e gli “esclusi” si concedono qualcosa in più che non il semplice mangiare. Inoltre, a tavola, non deve mancare un bicchiere di vino buono, non il solito che deve trangugiarsi qualunque sia il suo sapore e colore, con l’accortezza di brindare alla barba del superiore lontano o a quella del provinciale in scadenza. Anche fuori dai pasti vi è qualcosa da sgranocchiare: poche arachidi da sbucciare o qualche noce aiutano a prepararsi alle incertezze del futuro, mentre la fantasia corre a più non posso nelle previsioni su quali saranno gli eletti e sulle conseguenze che avrà la nomina di uno piuttosto che quella di un altro. Perché ogni frate pensa a ciò che sarà di lui, ben sapendo che con la conclusione del Capitolo tutti decadono dai loro uffici e nessuno può sentirsi sicuro del posto che già occupa e del luogo dove vive. È una specie di gioco al “toto-superiori”, in cui ognuno ha in tasca i nomi di un suo provinciale e del suo consiglio provinciale. C’è chi fa il tifo per l’uno o per l’altro, non disdegnando di avanzare valutazioni non sempre del tutto disinteressate sulle persone più papabili. Si ha un bel da dire che il futuro è nelle mani di Dio, ma si sa altrettanto bene che le mani di Dio si materializzano in terra con quelle dei nuovi superiori.

 

Veni Creator

Frattanto i frati convenuti in Capitolo, tra una seduta e l’altra, tastano con circospezione il terreno. Bisbigli e parole lasciate a mezz’aria, mai scoprendo le proprie carte, perché chi entra provinciale in Capitolo, vi esce… cardinale. Magari fosse così. Vi esce spennato, o all’incirca. Nelle animate discussioni in assemblea l’intervento di ogni capitolare è attentamente soppesato da chi ascolta, così da consentirgli di individuare i possibili candidati all’elezione. Perché è questa fase che costituisce il clou del Capitolo. Non che il dialogo sulle strategie del futuro venga sottovalutato. Tutt’altro! Ma le discussioni passano, e vengono dimenticate - verba volant -; sbagliare però l’elezione ha come conseguenza dover sopportare volenti o nolenti i nuovi superiori per tre “lunghi” anni. Per chiedere i necessari lumi, prima dell’elezione viene intonato solennemente il canto del Veni Creator, con la segreta speranza, però, che lo Spirito Santo non si impicci troppo nelle votazioni e non faccia sfracelli, ma osservi da lontano e lasci fare a chi ha le mani in pasta… più di lui. Tanti sono gli aspiranti, ma pochi risulteranno gli eletti: cinque posti soli, ed è il segreto di Pulcinella che più di uno sgomiti - si fa per dire - per occupare uno di quei posti al sole. Anche i superiori scaduti, qualora abbiano la possibilità di essere rieletti per una seconda volta, non se ne stanno tranquilli, e vivono momenti di alta tensione interiore, perché una “bocciatura” al Capitolo fa sempre male, anche a chi non lo dà a vedere. Con il tempo se ne farà una ragione. A ogni elezione avvenuta esplode il battimano di prassi. Vietato però spellarsi le mani, perché sarà il futuro a confermare o meno la bontà delle scelte fatte.

A chiusura del Capitolo, quando le discussioni sono ormai dimenticate e le elezioni cosa avvenuta, tutti i convenuti si recano in chiesa per il canto del Te Deum. Forse non da tutti è cantato con convinzione, ma ciò che è avvenuto non si può più cambiare ed è consigliabile fare buon viso a cattiva sorte. Tre anni passano presto e, chissà, la prossima volta potrebbe essere la volta buona. Per ora non rimane che rompere le righe e sciamare in ordine sparso ciascuno verso il proprio convento, dove lo attende la curiosità di quanti sono rimasti a casa in attesa degli eventi.

Tempore Capituli… Così, all’incirca, con buona pace di chi non lo conosce, va il mondo dei frati.