Mettiamoci una croce sopra

Dall’albero dell’Eden alla croce del Calvario: la lotta tra bene e male nella Bibbia

di Giuseppe De Carlo

della Redazione di MC

 

De Carlo 01Il male accanto a me

«Io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me» (Rm 7,21). L’esperienza che fa Paolo è l’esperienza di ciascun essere umano, anche di quello di cui parla la Bibbia ebraico-cristiana.

Sia l’antico popolo di Israele che il nuovo popolo dei credenti in Gesù si sono scontrati da sempre con la difficoltà di mettere in pratica la volontà di Dio. Gli ostacoli non provenivano solo dai nemici esterni, ma ciascuno al proprio interno incontrava resistenze consapevoli e inconsapevoli. Nonostante le promesse e gli impegni assunti con Dio e gli altri membri del popolo e nonostante la buona volontà spesso e volentieri ci si trovava a dover fare i conti con il fallimento, l’infedeltà e il tradimento. E questo nei rapporti dell’uomo con Dio, con la donna, con il fratello e persino con se stessi e con le realtà create.

È nata così la domanda: perché? da dove tutto questo? È la domanda sul male, che però la Bibbia non affronta mai in maniera speculativa e filosofica. La preoccupazione dell’uomo biblico è prettamente esistenziale. Si può dire che questa problematica e il tentativo di risposta ad essa è presente in ciascuna pagina biblica e si intreccia inscindibilmente con la rivelazione della verità di Dio e la verità dell’uomo.

La prima pagina biblica presenta la creazione uscita dal potere della Parola di Dio come buona, anzi, dopo che sono stati creati l’uomo e la donna quali re di tutto il creato, come «molto buona» (cf. Gen 1). Allo stesso modo, l’ultima pagina della Bibbia descrive una situazione di vittoria del bene, della luce che ha fatto retrocedere in maniera irreversibile il male e la tenebra (cf. Ap 21-22). Ma la seconda e la penultima pagina si richiamano in negativo con la menzione del serpente tentatore (Gen 3), definito «il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata» (Ap 12,9). E non basta, l’albero della vita, che in Gen 2-3 è l’albero della tentazione per Adamo ed Eva, al termine dell’Apocalisse è il dono che ricevono coloro che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello. Ma perché l’albero della tentazione si trasformi nell’albero che simboleggia il dono della vita è necessario il richiamo all’albero della croce sul Calvario, dove si erano dati appuntamento il bene e il male, il solo buono e il principe delle tenebre, Cristo e Satana.

 

De Carlo 02 (Andrea Fuso)La forza estranea del peccato

Nella Bibbia troviamo una duplice prospettiva della lotta tra bene e male: da una parte questa lotta nella vita dell’uomo alle prese con se stesso e con la sua realtà più immediata, dall’altra lo scontro di forze che assommano tutto il bene e tutto il male. All’inizio è l’attività creatrice di Dio che è presentata come la sua vittoria sul caos primordiale evocato dalle acque che tutto avvolgono, dalle tenebre e dalla terra informe e deserta. Dio consegna la creazione all’uomo come possibilità di vita e di bene, ma ben presto riemergono le forze del caos a ricreare disordine e morte. Non perché Dio non è stato capace di mantenere a freno le forze caotiche che aveva vinto, ma perché interviene una forza estranea che riceve il nome di «peccato».

A dispetto di una lettura appiattita o fondamentalista della Bibbia, la realtà del peccato non è ben definita nei libri biblici. I vari «racconti di peccato» - in particolare quelli che sono collocati in posizioni strategiche nelle varie tradizioni letterarie che compongono la Bibbia - non sono da leggersi in successione, ma in maniera parallela. Sono, cioè, tentativi differenti di dare la risposta al perché della presenza del male nella vita dell’uomo e dell’intera umanità. Alla luce della rilettura di Paolo nel capitolo quinto della lettera ai Romani si è affermato il riferimento a Gen 3 come racconto del «peccato originale», ma una lettura dei testi biblici che prescinda dalla riflessione paolina legge come «peccato originale» insieme a Gen 3 la «violenza» di Gen 6,11-13, il racconto del «vitello d’oro», la denuncia dell’«orgoglio» umano di Is 2,6-22, ecc.

Se è il peccato ad introdurre il male e il disordine nella creazione buona voluta da Dio, cos’è che scatena il peccato? Alcuni testi biblici dicono chiaramente che responsabile è l’uomo con le sue scelte. «Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male (…) Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza» (Dt 30,15-20). A Mosè nel Deuteronomio fa eco il Siracide: «Di fronte al male c’è il bene, di fronte alla morte c’è la vita; così di fronte all’uomo pio c’è il peccatore» (Sir 33,14). La prospettiva è la stessa del racconto di Adamo ed Eva: il serpente non è ancora il diavolo, ma ha la funzione di proporre la scelta alternativa a quella proposta da Dio. La responsabilità della scelta pesa tutta sulle spalle di Adamo ed Eva. Anche nei libri sapienziali la riuscita della vita sta tutta nella capacità di fare la scelta giusta. Di fronte al giovane che si appresta ad affrontare la vita stanno donna Sapienza e donna Stoltezza. La scelta non è indifferente perché Sapienza porta alla vita e alla felicità, Stoltezza invece conduce alla rovina e alla morte.

 

Il libero arbitrio

Altri testi invece mostrano che l’uomo non è così libero nel fare le sue scelte, esistono forze spirituali malefiche che spingono la sua volontà a scegliere la malvagità e a operare il male. Queste forze spirituali negative vengono personificate e ricevono il nome di satana e diavolo. Nell’Antico Testamento la loro presenza è sobria, mentre è massiccia nel Nuovo Testamento. In questo più che l’Antico Testamento è la letteratura ebraica apocrifa che influenza il Nuovo Testamento. Il linguaggio utilizzato è senz’altro mitologico in quanto non vuole tanto descrivere la quotidianità ma vuole rappresentare la realtà del bene e del male nel loro scontro finale. Questo è tanto più vero nel Nuovo Testamento dove il bene è rappresentato da Cristo e il male da Satana. Infatti, non si parla mai di Satana per se stesso, ma solo in quanto si oppone a Cristo e in quanto è vinto da Cristo. Come si oppone a Cristo, così Satana si oppone ai suoi discepoli e tanta più violenta la sua azione quanto più vicina è la sua sconfitta.

Nel Nuovo Testamento le due cause del peccato (scelta dell’uomo, potere coercitivo di potenze spirituali malvagie) tendono a fondersi: chi compie il male si mette volontariamente sotto il potere di Satana. E tuttavia chi sceglie di mettersi alla sequela di Cristo non è per questo fuori dal raggio di azione di Satana, anzi è ancora più esposto ai suoi assalti, senza però essere in balìa di Satana. Perché il potere di Satana è ormai segnato, l’albero della croce di Cristo è già stato conficcato nel suo cuore e i discepoli di Gesù che «sono stati crocifissi con lui» con lui hanno già vinto Satana.