Fraternità. Essere Chiesa. Accoglienza. “Francesco va’ e ripara la mia casa”. Erano tanti i temi ipotizzati per la sesta edizione del Festival Francescano e per tutti sarebbe stato possibile costruire un programma attuale, ricco, interessante e stimolante, ma la scelta è caduta sul tema che più di ogni altro sembra possa dire qualcosa di significativo, e forse anche un po’ rivoluzionario, alle orecchie - e speriamo anche al cuore - di coloro che verranno in centro a Rimini i prossimi 26/27/28 settembre 2014: la gioia.

Caterina Pastorelli

 

 

Quivi è perfetta letizia

La scelta di gioia e letizia come tema per il Festival Francescano 2014

 

Rubrica Festival Francescano 01 (Ivano Puccetti)Infinite sfaccettature

Affrontare il tema della gioia potrebbe sembrare banale e superficiale, ma non se lo si fa nell’ottica cristiana e francescana, che dona a questo sentimento una profondità e una portata talmente ampie che forse parlare di gioia non basta più perché apre alla speranza, alla grazia, alla pienezza, alla fratellanza, alla perfetta letizia, a sentimenti così cari a san Francesco e alla sua famiglia che forse un Festival non basta per comprenderli fino in fondo!

Il tema della gioia e della letizia, infatti, potrebbe avere infinite sfaccettature e per questo è stato formato un comitato scientifico del quale fanno parte importanti voci del mondo francescano italiano - Paolo Martinelli, Preside dell’Istituto Francescano di Spiritualità all’Antonianum di Roma; Fabio Scarsato, Direttore del Messaggero di Sant’Antonio; Francesco Patton, presidente della Conferenza dei Ministri Provinciali ofm d’Italia e Albania; Remo Di Pinto e Prospero Rivi, Presidente e Segretario del Movimento Francescano italiano e Maria Gabriella Bortot, vicepresidente del Movimento Religiose Francescane - con il compito di guidare la riflessione e di dare alcune chiavi di lettura sul tema che possano aiutare a tradurlo nella concretezza di conferenze, spettacoli, attività didattiche, workshop…

 

Rubrica Festival Francescano 02 (Ivano Puccetti)Manifesto scientifico

Dal loro confronto è nato un manifesto scientifico, consultabile sul sito www.festivalfrancescano.it, del quale qui riportiamo alcuni spunti, per far cogliere la portata rivoluzionaria del tema scelto.

Che la vocazione originaria dell’uomo, a qualsiasi latitudine viva, sia la gioia, è confermato da tutte le religioni e filosofie: è un bisogno profondo della natura umana!

Nell’approccio moderno, però, sembra che gioia, felicità, riuscita, successo, benessere, gratificazione siano sinonimi, parole e realtà interscambiabili tra loro. Nella società del benessere tutto e subito, la gioia sembra ridotta alla situazione in cui va tutto bene e la riuscita umana (lavoro, famiglia, realizzazione) diventa il metro di misura della gioia. Apparentemente questa gioia è alla portata di tutti, ma è un concetto così limitato e stretto che è inarrivabile per la maggior parte delle persone. Ecco perché siamo una società più che mai triste e invidiosa.

Gioia, riuscita, successo, benessere, gratificazione sono concatenati tra loro come anelli di un’unica catena: se se ne spezza uno, tutta la catena va in frantumi e ci si priva così della possibilità di vivere la vita in tutta la sua interezza e il suo orizzonte, che comprende anche ciò che frettolosamente viene ascritto e rubricato come negativo (sofferenza, conflitto, insuccesso, dolore). Gli esiti, a livello esistenziale, di questa concezione della gioia sono davvero desolanti: da una parte si alza sempre di più il livello ormonale del divertimento e delle soddisfazioni personali che dovrebbero riempirci di gioia, dall’altra non si è più in grado di vivere tutta la propria vita, di accoglierla in tutto quello che essa porta in sé.

È in questo che sta la portata rivoluzionaria della concezione cristiana e francescana della gioia, che non solo non esclude la sofferenza, ma frequentemente se ne nutre, come testimonia più volte san Francesco nei suoi Fioretti parlando della perfetta letizia (FF 1836).

San Francesco ha il gran merito di aver unito la povertà e la letizia, in contrasto con l’ideale triste e amaro di una povertà reazionaria, com’era proclamata da alcune sette del suo tempo, e di fronte al modo comune di pensare che sempre ha visto, come binomi inseparabili, ricchezze e felicità, povertà e sventura. Per lui, infatti, la felicità alla quale l’uomo aspira con tutto il suo essere si raggiunge solo quando si entra nella gioia del Signore, una gioia eterna, inesauribile, piena: «Tu sei pace, Signore Dio, Tu sei gaudio e letizia» (FF 261).

 

Il bene va oltre

Francesco diffondeva intorno a sé quella gioia contagiosa di cui aveva scoperto il segreto e che nasceva da una povertà liberatrice, che permetteva di sentirsi liberi da tutto ciò che poteva dare soddisfazioni terrene, e di avvicinarsi al Signore.

La letizia spirituale di Francesco era contagiante e si manifestava esternamente anche tra i frati che «in ogni momento erano tra loro così amabili e gioiosi che a mala pena potevano trattenersi dal ridere, quando si incontravano» (FF 2447). Era considerata così importante questa componente della comunione fraterna, che il fine principale dei capitoli annuali della fraternità era di «rallegrarsi vicendevolmente nel Signore» (FF 2208).

Anche oggi la relazione fraterna può essere il luogo nel quale vivere un incontro che apre a una speranza nuova e che permette di alimentare la letizia, anche di fronte alla perdita del lavoro, a una separazione, alla caduta dal proprio ruolo… La gioia è infatti il frutto dell’accettazione e dell’esperienza della Provvidenza del Signore, è il riconoscere che la sofferenza e il dolore consentono di prendere più coscienza di se stessi e del proprio valore, mettendo in gioco risorse che ciascuno ha, ma che non venivano considerate.

Come tanti esempi di vita ci dimostrano, infatti, il bene desiderato dal cuore di ciascuno va ben oltre il possesso dei beni materiali e, paradossalmente, come chiaramente espresso dal Vangelo e testimoniato dall’esperienza di san Francesco, si ottiene guardando all’essenziale, nella sobrietà, a partire dall’accettazione del valore che è in ciascuno piuttosto che nei propri beni.

Il momento della crisi, inoltre, può offrire l’opportunità per fermarsi e per volgere lo sguardo in alto, riscoprendo così un Signore provvidente, “la nostra speranza” (FF 261).

Un Signore che sembra amare la gioia, come ricorda Erma, l’asceta della gioia del II sec: «Allontana da te la tristezza che è il peggiore degli spiriti; rivestiti di gioia che è sempre gradita a Dio. L’uomo lieto agisce e pensa bene. Quello triste è cattivo in tutto: rattrista lo Spirito Santo che, nel gaudio, è stato donato all’uomo. L’orazione dell’uomo triste non ha la forza necessaria per salire fino all'altare di Dio».