Per le strade, in cammino, tra la gente i cappuccini ci sono sempre stati. Forse, negli ultimi decenni, complici il benessere, l’aumento dell’età media e chissà cos’altro, si sono un po’ ritirati nei conventi; ma ora è maturo il tempo per uscire di nuovo e andare ad incontrare le persone là dove stanno, per ritrovare la vocazione all’itineranza e con essa ritrovarsi, come un tempo e come desiderato da papa Francesco, segnati dall’odore delle pecore. È così che i cappuccini dell’Emilia-Romagna si sono dotati di due camper usati e hanno cominciato un nuovo cammino.

Lucia Lafratta

 

 

Rubrica Via Emilia e Vangelo 01Cappuccini on the road

Le esperienze dei camper di ascolto per recuperare la vocazione di “frate del popolo”

Aprile 2011, Capitolo provinciale dei frati minori cappuccini dell’Emilia-Romagna, mozione n. 8: «Al fine di recuperare la nostra caratteristica di “frati del popolo”, tenendo presente che il 90% delle persone del nostro territorio non sono praticanti, piace al Capitolo che il Definitorio investa maggiormente su una evangelizzazione nuova capace di raggiungere i lontani nei loro ambienti di vita?».

Votanti n. 54: 52 sì, 1 contrario, 1 sì con obiezioni. Il Capitolo approva. Vale a dire che è giunto il momento di ritornare in strada, in piazza (le cinque edizioni del Festival Francescano tenutesi nella nostra regione lo confermano), di uscire dai conventi per mischiarsi con la gente, con la vita quotidiana, con la realtà. Per capire questi tempi che diciamo difficili, questa “epoca delle passioni tristi”, per stare, con tutto l’armamentario francescano e cappuccino ancora amato e ricercato, là dove le vite si svolgono.

29 maggio e 3 giugno 2012, «un forte terremoto ha scosso alcune zone dell’Emilia. In quell’occasione le diocesi più colpite (Carpi e Modena) ci chiesero una mano come confessori almeno la domenica per tutto il periodo estivo e come animatori di campi estivi. Diversi conventi riuscirono a mandare un frate durante il periodo estivo e alcuni continuano tuttora una qualche forma di collaborazione e di presenza. Siamo riusciti a liberare delle forze per questa emergenza… e se lo facessimo più spesso?»: ecco da dove nasce l’idea del camper, spiega fra Matteo Ghisini, ministro provinciale.

Settembre 2013, acquistati due camper usati, inizia il cammino: qualche singola giornata fermi nei parcheggi di alcuni centri commerciali in Emilia, poi nei giorni 30 novembre-1 dicembre 2013, prima domenica di Avvento, presso la parrocchia di San Possidonio, nella diocesi di Carpi (MO), nei giorni dal 19 al 22 dicembre a Cavezzo e a San Felice sul Panaro (MO) e ancora presso la parrocchia cappuccina di San Giuseppe a Bologna nei giorni 11 e 12 gennaio 2014.

 

Rubrica Via Emilia e Vangelo 02Domande sottovoce

Che ci stanno a fare dei frati in un camper nel parcheggio di un centro commerciale? Espongono dei cartelli per segnalare la loro presenza e restano lì, a disposizione di chi passa. Aspettano, senza tirare per la giacchetta chicchessia: «La mia esperienza è stata quella di rimanere nel camper o appena fuori e… aspettare. Senza forzare nessuno, ma manifestando tramite appositi cartelli la disponibilità all’ascolto e al dialogo. Ascoltare all’interno del camper è importante quale segno di rispetto della riservatezza verso le persone che accolgono la proposta. Presso i supermercati parecchie persone hanno manifestato gradimento per l’iniziativa e si sono complimentati. Pochi coloro che si sono fermati per un dialogo», racconta fra Adriano Parenti. Il quale è tra gli entusiasti camperisti: «A me l’idea di fondo di uscire, andare tra la gente, essere segno di una “Chiesa in uscita”, piace molto. Mi piace la modalità: con uno stile fraterno, mettersi in ascolto e in dialogo, cercando di esserci con ciò che ciascuno è. Senza schemi prefissati. Chi è frate-sacerdote si mette a disposizione con anche la disponibilità a confessare, a celebrare l’Eucaristia. Chi è frate-chitarrista metterà a disposizione questo dono. Chi frate non sacerdote potrà esserci con la sua disponibilità all’ascolto e al dialogo».

Rubrica Via Emilia e Vangelo 03 Logo camper (Archivio Provinciale)E che motivo c’è perché una parrocchia debba scombussolare la propria organizzazione, peraltro faticosamente recuperata dopo un devastante terremoto? Per il diacono permanente Stefano Guerzoni, della parrocchia di San Felice sul Panaro, che ha conosciuto i cappuccini e l’Ofs di Modena per l’aiuto prestato nell’estate 2012, è chiaro: «Dopo aver conosciuto i francescani, il rapporto tra la mia famiglia e san Francesco e tutto il mondo francescano è stato sempre più stretto. Da qui è nato il desiderio di rendere partecipe la nostra comunità di questa realtà diversa dalla vita parrocchiale, il desiderio di portare i frati nella nostra comunità, dove manca per tanti motivi il vivere una spiritualità più profonda. È stato un momento molto bello, in cui la comunità ha saputo arricchirsi di questa occasione di approfondimento spirituale, presentato attraverso varie iniziative che hanno fatto crescere il desiderio di fede e di vivere una comunione fraterna, che solo i francescani sanno comunicare con il loro modo di essere. La mia impressione finale è che queste esperienze offrono alla comunità la possibilità di entrare in un respiro più ampio della Chiesa, gustandone i vari colori che la rendono bella. Ne deriva che ciascun fedele può cogliere il senso della comunione fraterna e vivere trasmettendo quella fede che nel quotidiano parrocchiale rischia di rimanere purtroppo tante volte arida».

Bambini, famiglie, anziani, giovani, credenti e non sono passati almeno a dare un’occhiata ai camper. E i frati hanno incontrato tutti, per tutti c’è stata occasione di dialogo. A Cavezzo già venerdì 19 dicembre, come “anteprima” dell’arrivo del camper, affidato ai frati della fraternità dello studentato teologico di Scandiano (RE), fra Davide Saccò e fra Maurizio Guidi hanno prestato il loro servizio come confessori in una liturgia penitenziale, mentre il sabato mattina hanno incontrato gli anziani del paese. Gli studenti si sono ritrovati con i bambini del catechismo, i ragazzi dell’ACR, i gruppi scout, le famiglie che ancora abitano nei container, per finire con la condivisione della cena con gli abitanti della zona. La messa della domenica mattina ha concluso l’esperienza.

 

Rubrica Via Emilia e Vangelo 04 (Disegno di Cesare Giorgi)L’altro camper

Negli stessi giorni, racconta fra Matteo Ghisini, «l’altro camper si è fermato a San Felice sul Panaro, con me, fra Adriano Parenti e fra Felice Udaba. Con noi c’erano anche sei giovani, che, dopo essere stati ad Assisi in occasione della visita di papa Francesco ed essere stati stimolati a prendersi alcuni impegni per l’evangelizzazione, mi avevano chiesto: cosa possiamo fare? Così è nata la loro partecipazione alla nostra esperienza». La portavoce del gruppo dei giovani, Anna Siggillini, manifesta il suo entusiasmo e quello dei suoi amici: «Abbiamo incontrato Gesù nella semplicità e nel rivivere la vita di san Francesco; abbiamo iniziato un percorso “vocazionale” ad Assisi con i frati minori qualche anno fa e abbiamo deciso di voler fare nostro quel modo di vivere, condividendo in semplicità l’amore che Dio ci ha lasciato; abbiamo messo a disposizione noi stessi semplicemente e abbiamo posto al centro della nostra vita la preghiera, il vangelo, la presenza di Gesù. Questo è più facile camminando insieme con fratelli consacrati e non, che ci aiutano anche a ritrovare la direzione nel momento della fatica. È stato così che ci siamo trovati coinvolti nell’“esperienza del camper” nel paese di San Felice sul Panaro. Siamo arrivati sabato 21 dicembre nel primissimo pomeriggio e siamo ripartiti domenica sera. Il sabato pomeriggio abbiamo passato un momento di fraternità con i bimbi della terza elementare e con i loro genitori, riprendendo la storia del presepe di Greccio di san Francesco; in serata abbiamo condiviso la cena in fraternità con i consacrati della parrocchia, con il diacono Stefano e con la sua famiglia, concludendo con Rubrica Via Emilia e Vangelo 05 (Archivio Provinciale)un momento di adorazione eucaristica. La domenica mattina è stato particolarmente significativo il momento di ascolto e condivisione con i giovani, terminato con la messa della comunità e il pranzo con i giovani della condivisione. La gente forse si è domandata il motivo del nostro essere lì, e credo che ci abbia visti positivamente. Il nostro voleva essere un modo per fare gli auguri di Natale in modo speciale a persone che hanno vissuto e vivono un periodo di fatica in seguito al terremoto; così, alla fine della messa domenicale, abbiamo lasciato delle piccole frasi con una Parola del vangelo che potessero accompagnare i loro giorni di festa e di nascita di Gesù. Nei loro visi c’era tanto stupore: hanno accolto il nostro dono gratuito con un sentimento di ringraziamento che ci ha fatto toccare con mano che è davvero in semplicità e nell’altro che si incontra la pienezza. Noi siamo tornati a casa con il cuore pieno di gioia…».

Fra Andrea Gasparini è stato sia a Cavezzo sia a San Possidonio. Lì si è trovato tra comunità colpite duramente dal sisma: «Le chiese parrocchiali sono crollate, per cui ci si ritrova in locali prefabbricati molto dignitosi, ma che hanno un utilizzo polivalente; una rilevante parte della popolazione vive ancora nei moduli abitativi prefabbricati, specialmente persone di fasce sociali più deboli; i centri storici, ma anche gli edifici nelle campagne, portano i segni di quel che è accaduto. Ci siamo preoccupati di fare visita a tutti, passando di porta in porta tra i moduli e la gente ha reagito positivamente: erano in generale contenti di avere qualcuno che si interessasse di loro e andasse a trovarli. Anche la comunità parrocchiale ha ricevuto volentieri una “scossa” che infondesse in loro un concentrato di novità, fede e speranza. La gente ci ha accolto con affetto, forse anche perché siamo entrati con discrezione nella loro realtà: non giungiamo improvvisi come il carrozzone del cerusico nei film western! Piuttosto, c’è un lavoro di concertazione con la comunità locale e con il parroco, in modo da realizzare una condivisione il più fruttuosa possibile che esprima realmente la comunione e la fraternità cristiane.

Non sono mancate le occasioni divertenti, dato che nessuno di noi è pratico di camper e abbiamo dovuto farci mostrare la funzione di tutte quelle manopole, rubinetti e bocchettoni di cui è dotata la casa vagante… La prima notte non eravamo riusciti ad accendere il riscaldamento e, al nostro risveglio, il latte che avevamo portato per la colazione era ghiacciato! Poi, però, la fraternità, grazie alla condivisione del poco che si aveva e all’amore di chi l’ha preparato con cura, è riuscita a creare quel calore domestico che ti fa cominciare bene una giornata».