In missione affida l’augurio di una Pasqua di pace ai racconti ecumenici e interreligiosi di quattro missionari, in rappresentanza dei cappuccini impegnati in Turchia, Georgia, Centrafrica ed Etiopia e, visto che si avvicina l’estate, propone alcune idee per fare delle prossime vacanze un momento davvero indimenticabile.

Saverio Orselli

 

Diagnosi di un dialogo tra religioni

La fatica dei missionari di comporre un’esperienza comune alle altre realtà religioseRubrica in Missione 01 Diagnosi 01 (Ivano Puccetti)

 

Ancora echi dai tre giorni di ottobre a Fognano, dedicati all’evangelizzazione, impegno quotidiano dei cappuccini. Dalla tavola rotonda dell’ultimo giorno, moderata da fra Michele Papi, vicesegretario delle missioni e dedicata alla missio ad gentes, riportiamo le risposte alla domanda sull’ecumenismo e i rapporti con le altre religioni dei rappresentanti delle quattro missioni in cui sono impegnati i cappuccini dell’Emilia-Romagna: padre Oriano Granella per la Turchia, padre Renzo Mancini per l’Etiopia, padre Antonio Triani per il Centrafrica e padre Filippo Aliani per la Georgia. Il confronto e la convivenza, non sempre facili, con le altre fedi sono elementi fondamentali nella vita di ogni missione e avere la possibilità di conoscere le diverse situazioni dei Paesi in cui si trovano a operare i missionari è sicuramente un arricchimento per tutti.

Parliamo di dialogo ecumenico e interreligioso: a che punto sono i rapporti con le altre Chiese e con le altre fedi? Nello specifico, quali i rapporti con le altre comunità cristiane - i copti in Etiopia e i greco-ortodossi in Turchia, Romania e Georgia - e con l’Islam?

 

 

Rubrica in Missione 02  Diagnosi 02 Oriano (Foto Archivio Provinciale)Oriano Granella

Puntare sulle cose in comune

Parto dai protestanti, con una nota umoristica: grazie alle partite di calcio a cui ha partecipato tante volte padre Paolo Pugliese si è creato con loro un certo clima di dialogo. Poi, pensando a come avviare e sostenere la conoscenza reciproca, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, a Smirne con padre Paolo ci siamo detti che potevamo seguire l’esempio di Gesù che non disdegnava certo le cene. Così mi sono messo ai fornelli - chi mi conosce sa che me la cavo bene a cucinare - per un invito ai pastori locali, che sono venuti tutti, assieme alle mogli. Abbiamo mangiato e chiacchierato insieme, sulla base di un ragionamento semplice su cui ho proposto di confrontarci: «Cerchiamo di conoscerci… voi state lavorando per il Regno di Dio, annunciando Cristo, che è la stessa ragione per cui anche noi siamo qui: non ha senso scontrarci, ma incontrarci». Così abbiamo deciso di trovarci periodicamente, proprio per approfondire la conoscenza reciproca. In molti casi si tratta di comunità giovani, sullo stile americano e i pastori sono molto interessati a conoscere i fondamenti della nostra fede, come ad esempio i sacramenti. La loro è un’organizzazione molto efficace, anche dal punto di vista burocratico, ma non solo, visto che il loro annuncio del Cristo, molto immediato, ha già portato qualche migliaio di conversioni. Uno dei frutti di quel primo incontro conviviale è stato l’aiuto e assistenza giuridica per poter avviare il Dernek (associazione) della Chiesa cattolica di Selçuk, un sistema che permette agli associati di perseguire le finalità indicate nello Statuto. L’adesione all’Associazione consente, ad esempio, di avere luoghi in cui adunare le comunità per incontri e celebrazioni che, altrimenti, sarebbe difficile poter organizzare. Ora stiamo pensando di preparare insieme la festa di san Giovanni apostolo, perché la differente considerazione che abbiamo - cattolici e protestanti - della Madonna, ci impedisce di celebrare insieme la festa dell’Assunzione a Meryem Ana. Tra noi si è sviluppata una simpatia reciproca bellissima e il dialogo è ottimo.

Con gli ortodossi il dialogo e il confronto più importante è a Istanbul e, in particolare ad alto livello, soprattutto con i domenicani; i rapporti tra le nostre comunità comunque sono molto buoni.

Nei confronti dell’Islam - al di là del Simposio cristiano-islamico, che viene organizzato a Istanbul e che rappresenta un’importante opportunità di dialogo culturale certamente ad alto livello - il luogo del possibile incontro tra le due fedi è proprio Meryem Ana, dove arrivano migliaia di pellegrini sia cristiani che musulmani, tutti caratterizzati da grande rispetto. Meryem Ana è il luogo in cui cristiani e musulmani possono pregare insieme la Madonnae può rappresentare l’occasione, ancora non sufficientemente valorizzata, per gesti comuni che uniscano. Per questo cammino è sicuramente importante la disponibilità dimostrata dal clero islamico che vede in quel luogo un importante spazio di preghiera e non una meta turistica.

 

Rubrica in Missione 03 Diagnosi 03 Renzo (Maurizio Vignali)Renzo Mancini

Una storia di collaborazione

Una premessa importante per capire la realtà dell’Etiopia è ricordare che, dal 1946 fin verso i primi anni del Duemila, la Chiesa ufficiale di Stato era quella ortodossa, mentre la seconda religione era l’Islam. Ancora adesso la popolazione è divisa tra ortodossi - se ben ricordo sono il 48% circa - e musulmani, al 45%, mentre il resto è composto da cristiani di differenti confessioni, considerati tutti insieme. Quasi vent’anni fa il Governo ha voluto che ci fosse distinzione tra società civile e religione, non entrando più direttamente negli affari delle Chiese e chiedendo alle Chiese di non interferire più con le attività governative. Questo è stato un primo importante passo avanti, anche se è ancora in via di realizzazione completa; un secondo passo, che non siamo ancora riusciti a ottenere, è di considerare le Chiese come tali e non come organizzazioni caritative non governative. Detto questo, quando c’è un confronto a livello nazionale con il Governo, le varie rappresentanze religiose - dagli ortodossi ai protestanti e i cattolici fino agli stessi musulmani - riescono a fare fronte comune. Tra i responsabili delle varie Chiese c’è sicuramente un bel dialogo e la collaborazione risulta molto buona, tanto ad Addis Abeba che a livello nazionale. Scendendo al locale occorre fare un’altra premessa: una delle difficoltà più grosse che viviamo oggi è la situazione dei giovani musulmani che, sulla scia di vari altri Paesi, sembrano come usciti da un lungo letargo e non sanno bene come muoversi. L’Etiopia ha una storia millenaria di collaborazione e coabitazione tra musulmani e ortodossi che in questo momento risente degli influssi esteri. Va detto che il Governo sta facendo un grande sforzo perché le varie Chiese vadano d’accordo, tanto che in settembre ha indetto una grande assemblea nazionale, con anche i rappresentanti regionali e provinciali - tutte le guide religiose più importanti, i vescovi cristiani, gli sceicchi, gli imam… - che sono stati invitati, per cinque giorni, a discutere sul rapporto di convivenza pacifica che si vuole mantenere tra le varie realtà presenti in Etiopia.

Nel Dawro Konta i musulmani sono pochi, mentre sono molto più presenti le comunità protestanti, i cui missionari erano arrivati prima dei cattolici, dando vita a molte realtà. I rapporti non sono sempre facili, anche perché gran parte delle cariche ufficiali del Governo sono state ricoperte da protestanti e non è sempre facile ottenere permessi, soprattutto se si tratta di sviluppare nuove chiese, per cui sfruttano la tecnica del rinvio. Con gli ortodossi invece siamo molto più legati, grazie a feste celebrate assieme e con scambi di visite ufficiali alle rispettive celebrazioni. La Chiesa cattolica etiope ha scelto da molto tempo di celebrare insieme agli ortodossi Natale e Pasqua, con i quali i rapporti sono talmente buoni che quando dobbiamo costruire una nuova cappella sono sempre pronti a darci una mano, con grande collaborazione. Dal 2012, nel Dawro, si è formato un comitato a cui prendono parte le varie Chiese presenti; da questa esperienza di collaborazione sono nate alcune scuole di alfabetizzazione per adulti, con lo scopo di rendere capaci i partecipanti di leggere la Bibbianella lingua Dawro. Per questo lavoro sono stati chiamati vari giovani dalle chiese, per prepare in comune i testi e la traduzione del Nuovo Testamento nella lingua locale, che non è facile. In questo lavoro c’è stata una grande apertura da parte di tutti e davvero molta collaborazione. La storia dell’Etiopia è un esempio di convivenze di questo tipo; speriamo che il futuro non veda svilupparsi come in altri Paesi il fanatismo, ma va dato atto dell’impegno del Governo per tenere la situazione sotto controllo.

 

Rubrica in Missione 04  Diagnosi 04 Antonio (Ivano Puccetti)Antonio Triani

L’esplosione della violenza

In Centrafrica gli ortodossi sono pochi, forse ce n’è qualcuno nella Capitale, ma non può essere significativo per un discorso ecumenico, mentre sono presenti molte Chiese protestanti - evangelici, battisti, ecc. - in alcuni casi arrivate sul territorio prima dei cattolici. In passato ci sono stati alcuni contrasti, ma ora vi è coesistenza pacifica, anche se forse non ci sono molti momenti comuni, almeno nella periferia dove mi trovo. Penso a feste celebrate in comune… anche se qualche volta ci si ritrova. Ogni tanto capita che ci sia qualche protestante che chiede di entrare nella Chiesa cattolica e viceversa, anche se un po’ più raramente; questo accade soprattutto in occasione dei matrimoni, quando l’appartenenza religiosa di uno dei due coniugi spinge l’altro a seguirlo. Per quanto riguarda il rapporto con i musulmani, è necessario distinguere tra quello che accadeva in passato e quel che accade ora. In passato non avevamo difficoltà, anzi, avevamo anche amici musulmani - nel Paese risultano essere una minoranza attorno al 10% rispetto ai cristiani che sono circa il 40% della popolazione - con i quali la coesistenza era pacifica e c’era collaborazione. Purtroppo a partire dal marzo scorso, quando ha preso il potere l’attuale presidente, Michel Djotodia, c’è stato un cambiamento deciso anche nei rapporti tra cristiani e musulmani, non solo per il fatto che questa è la sua religione. Per prendere il potere e destituire François Bozizé, Djotodia è stato aiutato dai ribelli della Seleka, 20.000 uomini provenienti dal Sudan e dal Ciad e per lo più mercenari, in stragrande maggioranza musulmani, i quali, una volta raggiunto lo scopo di portare al potere il loro capo, hanno iniziato a compiere razzie, fuori da ogni controllo. Quella che non era iniziata come una guerra di religione, con la conquista quasi fulminea del potere, sta diventando uno scontro tra religioni, anche perché questi ribelli preferiscono colpire i cristiani, piuttosto che i musulmani locali che pure talora hanno subito violenze e furti. D’altra parte i cristiani - forse anche aiutati dalle forze che sostenevano l’ex presidente - hanno reagito, uccidendo dei ribelli della Seleka e scatenando una serie di reazioni a catena, con villaggi saccheggiati e dati alle fiamme e molti morti, aumentando la tensione tra musulmani e cristiani, sempre più forte nonostante le rassicurazioni di Djotodia di voler essere al di sopra delle parti e non sostenere la propria fede contro quella cristiana. Speriamo nell’intervento internazionale, anche se in questo momento è molto difficile fare previsioni.

La drammatica situazione Centrafricana è in continua evoluzione e dall’intervento di padre Antonio molti sono stati i cambiamenti che condizionano il dialogo tra le religioni, con crescenti violenze tra musulmani e cristiani, fino a coinvolgere l’ONU. All’inizio di gennaio, a seguito anche delle pressioni internazionali, si sono dimessi il presidente Djotodia e il primo ministro. A guidare il tentativo di pacificazione del Paese è stata scelta una donna, Catherine Samba-Panza, ex manager e avvocato, sindaco della capitale Bangui in tempi tumultuosi. Molte le speranze legate a questo incarico a Presidente ad interim, mentre si parla di un milione di sfollati, che rappresenta un quinto della popolazione, oltre che di migliaia di morti causati dalle violenze tra i miliziani soprattutto islamici della Seleka e i gruppi armati, sommariamente definiti cristiani, detti “anti-Balaka”, che hanno ricordato altri genocidi avvenuti in passato in Africa. All’indomani dell’incarico padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano, diceva a Radio Vaticana sull’impegno della Presidente ad interim: «Sarà molto, molto dura. Bisogna vedere che forza avrà e soprattutto cosa riuscirà a fare. Sta, infatti, saltando un po’ tutto nel Paese. A Bokaranga, (dove è stata attaccata anche la missione dei cappuccini) invece, hanno preso la città, ci sono stati morti e case e quartieri bruciati. A Bouar ci sono minacce e a Bozum, che si trova a 90 chilometri, sanguinose violenze. Tutto il Paese sta prendendo fuoco… Bisogna vedere se il nuovo presidente avrà capacità, coraggio e sufficiente appoggio per poter fare qualcosa». Messaggero Cappuccino non può che condividere questa speranza. ndr.

 

Rubrica in Missione 05  Diagnosi 05 (Archivio Provinciale)Filippo Aliani

Percepiti come eretici

Il dialogo ecumenico in Romania, dove sono stato missionario fino al 2012, così come in Georgia dove sono ora - luoghi in cui la maggioranza è ortodossa - purtroppo è quasi nullo. In Romania poi, dove sono presenti le comunità greco-cattoliche, il vescovo locale ortodosso aveva vietata la partecipazione a ogni possibile incontro di tipo ecumenico e, a parte alcune amicizie personali, non era possibile fare niente. C’era molta più possibilità con i protestanti, in particolare con una una comunità battista. In Georgia, se possibile, la situazione è anche peggiore. La maggioranza assoluta è ortodossa, mentre la Chiesa cattolica rappresenta l’1% e l’Islam non è molto diffuso. La chiesa ortodossa, molto legata al potere amministrativo, cerca di bloccare per quanto possibile le minoranze, compresa la Chiesa cattolica che in qualche modo è ritenuta “eretica”. Questo crea problemi ai cattolici, ad esempio, nei matrimoni misti molto frequenti vista l’esigua minoranza: se un cattolico si sposa nella Chiesa ortodossa, deve essere ribattezzato in quanto non è riconosciuto il nostro sacramento; se al contrario è l’ortodosso che decide di sposarsi nella Chiesa cattolica, rischia di mettersi contro tutta la famiglia, proprio a causa dell’ostilità con cui si pone la Chiesa ortodossa locale verso i cattolici. Questa situazione ha portato alla nascita di un comitato che riunisce le minoranze, nel tentativo di difendere i propri diritti in una situazione abbastanza pesante. Nella zona in cui siamo arrivati a Pasqua del 2013, sono presenti la Chiesa armeno- cattolica e la Chiesa armeno-apostolica, con cui c’è un dialogo abbastanza buono e sereno e la situazione è positiva. Credo comunque che, se anche non si riesce a dialogare o se si riesce a dialogare poco, la presenza cattolica risulta essere uno stimolo notevole per la Chiesa ortodossa, perché limitandosi questa ai sacramenti e mancando di catechesi, di una vita extra sacramentale e di attività caritative, risulta una provocazione positiva il fatto che, ovunque sia andata la Chiesa cattolica, siano arrivate queste cose. Così le nostre catechesi, le offerte culturali, le attività caritative vengono osservate e imitate, inizialmente per evitare che i fedeli vengano attratti da questa nuova realtà, che in qualche modo costringe ad aprirsi alle novità. Sono situazioni limitate, ma importanti perché anche gli ortodossi dovranno confrontarsi con il secolarismo che si sta sempre più diffondendo anche in quelle zone. O si motivano le persone a credere, facendole crescere anche culturalmente, oppure ci si deve preparare ad affrontare crisi profonde: così la nostra presenza risulta positiva e importante, anche se certamente non possiamo parlare di dialogo vero e proprio.