In bilico tra estimatori e detrattori, l’insegnamento della religione (cattolica, naturalmente) introdotta, così come la conosciamo, dall’accordo che, trent’anni fa, ha modificato i Patti Lateranensi tra Stato italiano e Chiesa cattolica, gode ancora, seppure tra alterne vicende, di un certo appeal. È “vera” evangelizzazione? Cosa significa insegnare religione nella scuola d’oggi? Cosa s’insegna? La conversazione con Ilaria Savorini, sposata con figlie, una laurea in filosofia, insegnante di religione della prima ora della diocesi di Imola, offre alcuni spunti per riflettere, garbatamente ma profondamente, sullo stato dell’arte.

Lucia Lafratta

 

Il grande campo da seminare


Intervista a Ilaria Savorini, insegnante di religione

 

Rubrica Via Emilia e Vangelo 01 (Marco Beltrametti)Con il lontanissimo ricordo di una breve supplenza come insegnante di religione, che, fortunatamente per i potenziali alunni, fu sufficiente a farmi capire che non poteva essere il mio mestiere, ti chiedo subito: perché insegnare religione?

Perché insegnare è il mestiere che mi piace fare, la passione educativa che ho respirato in casa mia, a cominciare da mia nonna maestrina a Solarolo 100 anni orsono fino ai miei genitori. Che altro avrei potuto desiderare di più? Spesso ho pensato che, se fossi stata insegnante di filosofia, avrei forse avuto modo di                                Foto di Marco Beltrametti

incidere di più sulla formazione delle coscienze, rispetto alla sola “ora di religione” che rischia di passare inosservata fra una urgenza e l’altra. La bella relazione che ancora conservo con le mie ex-alunne, che mi incontrano dopo vent’anni e si ricordano di qualche aspetto o mi presentano la famiglia, dandomi la certezza che l’importante è appunto la relazione che si instaura a scuola, è la chiave per capire perché insegnare religione è il mestiere più bello che io potessi fare: incrociare i destini di migliaia di giovani ed essere insieme a loro per un tratto di vita!
Stare con i giovani ti tiene giovane: chi non vorrebbe la loro energia, la loro irrefrenabile voglia di vivere e di essere felici? A me poi fanno ridere le loro uscite, quando credono che nessuno li ascolti; i loro commenti spietati, ma veritieri, dalla quinta fila, no, non mi fanno arrabbiare, perché il più delle volte hanno ragione! Pretendono molto i giovani, ma sanno anche dare.
L’ora di religione, che molti politici davano per spacciata già dal 1984, l’anno del Concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica, resiste; non dico che goda di ottima salute, perché non è vero, ma resiste nonostante le tante difficoltà e fatiche.

Le principali?

Il clima di scarso interesse in generale per tutto ciò che si riferisce allo spirito, piuttosto che al fisico o al corpo. Inoltre gli attacchi alla Chiesa, almeno fino all’astro nascente Bergoglio, che ha fatto sì che questi ultimi mesi, da quando è stato eletto, siano stati uno zucchero, dopo gli anni terribili dello Ior, della pedofilia, dei vari scandali in Vaticano. Per le mie ragazze è molto difficile non mettere tutto nello stesso “file”. Sembra un paradosso nell’era dei file e delle cartelle, ma per loro è tutto uguale: Dio, Gesù, il Papa, i preti, il vicino di casa che va in chiesa, la nonna che torna dal rosario, Lutero di cui han sentito qualcosa in letteratura tedesca o Nietzche nell’ora di filosofia, sempre cose riguardanti “religione”, da chiedere a “quella di religione”: con la differenza che, con la prof. di Religione, non sempre han voglia di ascoltare per intero la risposta!


Quanti alunni “cristiani” son presenti in classe?

Pochi, anzi pochissimi, ma veramente convinti e dunque meritevoli del rispetto della testimonianza: tornano dai ritiri di Avvento e Quaresima, tornano dall’esperienza al Sermig, raccontano delle GMG, delle veglie, i compagni li ascoltano e li stimano. Devo dire comunque che, a parte una minoranza che ancora c’è, che è costretta dal genitore, ma non ha alcun interesse ad ascoltare, dunque interviene solo per mettere a dura prova l’autocontrollo della prof., la maggioranza si impegna volentieri a conoscere il messaggio di Gesù, a conoscere i testi di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e ora di Francesco, a interrogarsi sul senso della vita e a chiedersi “cosa voglio per me?”, che poi è come chiedere a Gesù “Maestro cosa devo fare?” e sono giovani che non frequentano le sale parrocchiali, anzi, a volte le ricordano con fatica e dolore.

 

Nella tua lunga carriera di insegnante, hai visto calare il numero dei ragazzi che scelgono l’ora di religione?

Penso di sì, col tempo la società si è lentamente ma inesorabilmente scristianizzata: una volta andavano tutti in chiesa, ma perché non c’erano alternative, ora sono liberi e scelgono. Quando fu rivisto il Concordato ero una giovane insegnante laica di religione - siamo state fra le prime a sostituire i sacerdoti (e anche a questo proposito mi chiedo perché diamo spazio alle donne solo quando non abbiamo più preti!?) - tutti profetizzavano la fine dell’ora di religione e invece i ragazzi la scelgono ancora. Molto dipende dalla situazione familiare o dalle dinamiche psicologiche che alla loro età giocano un ruolo determinante: «Tu non fai religione?», «allora anche io!».
Anni fa i genitori insistevano, ora, se i figli non vogliono fare religione, sembra normale e questo è solo un esempio del relativismo di cui tanto si parla…

Si parla molto di integrazione tra persone di diverse culture e religioni, e la scuola è sicuramente uno dei luoghi privilegiati in cui “esercitarsi”…

L’integrazione non è cosa semplice. A me non capita di aver in classe islamici, ho qualche ortodosso. Credo che i primi a diffidare un po’ della scuola siano proprio loro: gli stranieri non sanno che a scuola non si insegna a pregare, ma si fa cultura. Forse noi potremmo correre qualche rischio in più e proporre un’offerta formativa più ricca… Magari un giorno si arriverà a una minor “aconfessionalità”, ma questo è un altro capitolo.

Avviene lo stesso in tutte le materie: non si fanno sconti al pachistano se non ha mai fatto latino, non interessa se la giovane ucraina ha cambiato completamente livello sociale e magari al suo paese i genitori erano professionisti affermati, quel che conta è che la “nuova arrivata” non sa nulla di Torquato Tasso! La scuola è in grande difficoltà ad andare incontro al nuovo: abbiamo tecnologie nuove, ma con 30 alunni per classe è molto difficile mettere lo studente al centro come persona. Qui davvero c’è un grande margine di miglioramento!

Rubrica Via Emilia e Vangelo 02 (Emanuele Rosso)


Mi è capitato di leggere, benché velocemente, i programmi dell’insegnamento della religione per le scuole medie e per alcune tipologie di scuole superiori: tremano le vene ai polsi, sembra che l’insegnante di religione sia colui che conduce i ragazzi alla maturità, alla pienezza di vita… Un compito che spaventa.

Il linguaggio dei “programmi ministeriali” o indicazioni per le competenze è quasi improponibile se preso alla lettera, ci son dentro aspetti storici, biblici, teologici, filosofici, antropologici, etici, giuridici, insomma di tutto. Forse si può sintetizzare così: da ogni domanda di un adolescente, se voglio, trovo l’occasione per fargli incontrare Gesù, il Suo stile, il Suo linguaggio, la Sua parola, la Sua vita; il bello è proprio questa grande libertà, che l’insegnante di religione ha rispetto a chi invece sente l’urgenza di un programma da inseguire! Io posso far prevalere la persona umana, il suo bisogno singolo esistenziale, a differenza dei miei colleghi che li devono preparare all’esame di maturità e non possono mai fermarsi a dare una risposta.

Nella scuola ci sono anche gli insegnanti. Con loro come vanno le cose?

Se hai tempo e stai in sala insegnanti a leggere fra un’ora e l’altra, trovi tutta l’umanità che ti chiede di ascoltarla, perché in ogni casa davvero c’è un gran bisogno di serenità, di pace, di confronto con altri che son già passati dallo stesso momento: qui davvero c’è un campo dove si tessono relazioni umane intense, profonde, durature. E anche con i colleghi capita la medesima esperienza, cioè si aspettano da te, la prof. di religione, che tu sia”diversa”, che tu abbia tempo, che a te interessi quello di cui vogliono parlarti: un grande campo per la nuova evangelizzazione!