PERIFERICHE Un gelido invernoUn gelido inverno


un film di Debra Granik

distribuito da Cecchi Gori Home Video (2010)

 

Fuori da ogni romanticismo, il film affronta la tematica della sopravvivenza in una situazione di estrema indigenza, resa ancor più difficile, per la protagonista della pellicola, dalla totale assenza di guide: i genitori, il padre scomparso e rincorso dalla legge e da ex complici e la madre rinchiusa nella sua malattia mentale. In una zona montuosa degli Stati Uniti, l’adolescente Ree regge sulle proprie spalle l’intera gestione della famiglia. Ree è l’unica che possa occuparsi dei due fratelli più piccoli, accudendoli e, letteralmente, procacciandogli il cibo. Un giorno, lo sceriffo della zona bussa alla porta per annunciarle che il padre è uscito di prigione garantendo la loro proprietà come cauzione e che se non risponderà al mandato di comparizione, la casa verrà confiscata dalla polizia. Ree si mette così sulle tracce del padre all’interno di un universo di reietti, di disperazione e di loschi trafficanti che cercano di non far emergere la verità. Una storia ai margini, lontana da quell’America radical-chic dipinta dal circuito hollywoodiano, che racconta un contesto miserabile e infausto, utilizzando un linguaggio cupo. È nella fosca atmosfera di un vero e proprio thriller che Un gelido inverno trova il suo stato ideale. Il film si presenta come un’esplorazione fra le nebbie e la desolazione delle zone montuose del Missouri, ma, di porta in porta, di volto in volto e di minaccia in minaccia, la ricerca del padre da parte della giovane Ree diviene un incubo denso di misteri, di spettri e di risvolti inquietanti. La giovane affronta con maturità il ruolo di un’adolescente cresciuta troppo presto per sottostare agli schemi del romanzo di formazione. L’elemento di maggior pregio dell’opera di Debra Granik è quello di mostrare una possibile realtà dolorosa e drammatica, lavorando intelligentemente sull’immaginario delle aree più lontane e periferiche alle città fatte di luci e grattacieli. Un immaginario in cui confluiscono tanto zotici drogati e pericolosi quanto struggenti ballate di musica country, tanto gli oscuri fondali delle zone paludose quanto la crudele ironia di un sacchetto di plastica contenente resti umani che recita «Have a nice day!».