Le fast conference proposte nell’edizione del Festival Francescano da poco concluso avevano come obiettivo quello di arricchire in maniera informale il programma ufficiale del Festival, offrendo la possibilità a più persone di portare la propria esperienza e testimonianza rispetto al “cammino”, il tema affrontato sotto diversi punti di vista nei tre giorni a Rimini.

Caterina Pastorelli

FESTIVAL FRANCESCANO 01 (Ivano Puccetti)La vita in 15 minuti

Le fast conference del Festival Francescano esprimono la pluralità della sequela di Francesco


Francesco c’è

 

Ormai è chiaro a tutti: il Festival Francescano nasce per riportare il messaggio di san Francesco in piazza, tra la gente. È uno slogan che utilizziamo ormai da cinque anni e che racconta ciò che il Festival è nei tre giorni dell’evento, quando tutti i sai e i sandali che si incontrano non fanno che rimandare all’immagine del Poverello di Assisi; quando i momenti di preghiera si trasformano in lodi di Dio Altissimo; quando parlare di povertà, fraternità, sequela di Dio sembra semplice perché si ha davanti agli occhi e tra le mani, che sfogliano sicure le Fonti Francescane, un testimone che ha costruito la sua vita su questi cardini. Nei giorni del Festival davvero san Francesco è in piazza, tra la gente.

Ma questo non basta. Il sogno del Festival Francescano non si esaurisce qui. È più profondo. Più radicale. Ambizioso. Meno visibile. Sicuramente più difficile.

Il Festival Francescano nasce per riportare il messaggio di san Francesco nelle persone e nella loro quotidianità. Nasce per tracciare una strada sulla quale camminare. Una strada che attraversa il lavoro, la famiglia, il tempo libero e che definisce le scelte, le priorità e lo stile; che offre dei punti di riferimento; che mette a fuoco alcuni particolari e ne nasconde altri. Una strada lungo la quale san Francesco ci è compagno, ci guida e ci sostiene, ci pungola e ci è di esempio.

È una strada frequentata, non solo da frati e da suore com’è facile immaginare, ma anche da tanti laici, che vivono la propria vita in modo semplice, portando in cuore un sogno, mettendosi al servizio degli ultimi, nella condivisione e nella preghiera, impegnandosi per la giustizia, sperimentando la perfetta letizia.


FESTIVAL FRANCESCANO 02 (Ivano Puccetti)Il tempo di un messaggio

 

Per questo, al Festival Francescano il messaggio di san Francesco non può essere trasmesso solo attraverso le conferenze, gli spettacoli, le attività didattiche, i workshop… ma deve essere incarnato e reso vivo dalle testimonianze di chi è in cammino, di chi trae dalle proprie esperienze di vita gli spunti per raccontare qualcosa di sé e di san Francesco.

Le fast conference proposte in questa edizione del Festival Francescano avevano proprio questo obiettivo: arricchire in maniera informale il programma ufficiale del Festival, offrendo la possibilità a più persone di portare la propria esperienza e testimonianza rispetto al “cammino”, il tema affrontato sotto diversi punti di vista nei tre giorni a Rimini.

Così, sulla pedana posta proprio al centro di Piazza Tre Martiri, si sono alternate diverse voci che hanno attirato l’attenzione di chi passava di lì e incuriosito si fermava ad ascoltare, chi in piedi, chi trovando spazio sulle sedie, chi a cavalcioni della propria bicicletta. «Chi sta parlando?», si domandavano in tanti. John e Francesca, Emanuele, suor Maria Gabriella, Vinicio, Alessandro, fra Marco, Angela, Silvia e tanti altri. Persone invitate non per la loro professione - non giornalisti, biblisti, professori, attori o cantanti - ma per la loro vita e la loro passione. Quindici minuti a testa, non di più, perché non serve tanto tempo per trasmettere un messaggio che si vive e che si porta negli occhi e nel cuore.

Fra Giscard, frate originario del Congo, ha gli occhi pieni della sua Africa, un continente povero e affamato, con un doloroso e triste passato da raccontare e da ricordare, ma anche e soprattutto con un futuro da costruire. Travolge i passanti con la sua risata contagiosa, i suoi abbracci e i canti intonati al microfono e con il colore e la presenza scenica che sono propri della sua terra riesce a raccontare ciò che secondo lui manca realmente all’Africa: il rispetto, la libertà di essere e di pensare e, soprattutto, la consapevolezza dei suoi connazionali di essere complici della situazione che vivono e di poter essere i protagonisti del futuro da costruire.

Emanuele è della provincia di Modena e da diversi anni il suo cammino è in bicicletta, una compagna di esperienze fedele che gli ha permesso di vedere oltre i suoi limiti, di guardare con fiducia alla vita e di trasformare i sogni in realtà: «Pedalavo e gli orizzonti si allargavano e le montagne si trasformavano in pianure». Da sempre le sue vacanze sono pellegrinaggi, rigorosamente in bicicletta, e pedalando è arrivato a Santiago, Medjugorie, Gerusalemme e Turchia, la sua avventura più grande. Nella terra dell’Apocalisse è entrato in contatto con quel mondo musulmano di cui aveva sempre sentito parlare, scoprendo come le paure e i pregiudizi legati a ciò che non si conosce svaniscono nell’incontro con l’altro, nell’accoglienza e nella condivisione. I viaggi in bicicletta l’hanno messo di fronte a difficoltà e ostacoli e gli hanno insegnato a dire: «Ho bisogno di te», chiedendo aiuto agli altri per raggiungere i propri obiettivi e realizzare i propri sogni, scoprendo come questa semplice espressione sia in grado di dar vita a nuove relazioni tra persone e tra amici. Da questa esperienza nasce il progetto Melpyou, un portale che mette in relazione associazioni e realtà e persone che credono nella bellezza di aiutare gli altri e che praticano il volontariato come scelta di vita.

John e Francesca arrivano in piazza Tre Martiri in tandem, un mezzo di trasporto che li obbliga ad andare nella stessa direzione, che hanno scelto insieme e che condividono anche ogni giorno nella loro nuova famiglia. In piazza attirano l’attenzione, non solo per quella strana bicicletta a due posti, ma anche per la serenità e l’entusiasmo con i quali presentano il loro prossimo viaggio: la traversata della Tanzania in tandem, accompagnando Norberto che, privato dell’uso delle gambe a causa di un incidente stradale, in sella alla sua handbike, vuole dimostrare che «si può fare» e che la disabilità non è un peso, ma una diversa possibilità di vivere la vita. Un messaggio che non bisognerebbe dare per scontato mai, in nessun luogo, ma che acquista ancora più valore in quella terra dell’Africa sub-sahariana dove i bambini disabili sono considerati una disgrazia, frutto del malocchio, e che spesso, insieme alle loro madri, vengono abbandonati o allontanati dalle loro stesse comunità. Il cammino di Norberto, John e Francesca non si fa quindi portatore di un messaggio, che viene trasmesso con l’atteggiamento della testimonianza, dell’insegnamento o del proclama, ma diventa il messaggio stesso che grida, forte e chiaro, chilometro dopo chilometro, che «si può fare».

Eugenio presenta l’esperienza missionaria di tutta la sua famiglia in Venezuela, raccontando di come il cuore di queste esperienze non sia la chiave socio-assistenziale, ma lo stare accanto, il fare compagnia, il camminare allo stesso passo per permettere a tutti di intraprendere un cammino che possa portare lontano, senza arrendersi alla prima salita.

FESTIVAL FRANCESCANO 03 (Sergio Rizzi)Fra Tommaso si presenta davanti al microfono con delle bottiglie di vetro. Le mette dentro un sacchetto di iuta e con un martello le frantuma. Sono i nostri errori, i nostri peccati, le nostre cecità che possono finire col frantumare la nostra vita e il nostro rapporto con gli altri e con Dio. Ma nel sacchetto c’è anche un’ostia, c’è Qualcuno che si fa frammento per salvarci, per ricomporre e dare un senso ai nostri “cocci”.


Il piacere di seminare

 

Nei tre giorni del Festival più di venti persone si sono date il cambio su quella pedana per raccontare il proprio cammino, senza la pretesa di insegnare niente a nessuno, ma con il desiderio di lanciare dei semi, che ciascuno potrà scegliere di accogliere, piantare e custodire dentro di sé, con la curiosità di conoscerne i frutti e di coltivarli magari partecipando agli incontri delle “Parole francescane”, un percorso iniziato a ottobre a Rimini e che si concluderà a maggio 2014, per approfondire il modo di san Francesco di leggere e vivere il vangelo e per scoprire come le sue parole - fraternità, minorità, povertà, letizia, creato… - possano essere il punto di partenza per affrontare tematiche legate alla vita quotidiana, per prendere coscienza di se stessi e mettersi in cammino. Un cammino basato non sull’imitazione di san Francesco, ma sulla sua sequela: si può imitare chiunque, anche chi non si conosce, anche un modello teorico, ma si può seguire solo una persona viva, che quasi possiamo toccare, perché la si conosce così bene che non solo è tra di noi, ma è in noi.