Salonia 01La pace tra me e me


Ascoltando in profondità, si colgono le convergenze che ci fanno felici


di Giovanni Salonia

frate cappuccino psicologo e psicoterapeuta

 

I modi di muover guerra

Guerra e pace sono i due contesti che determinano gli stili di vita nella condizione umana. Le regole relazionali si modificano in modo decisivo a seconda che viviamo in tempo di guerra o in tempo di pace. Una delle cause - forse la prioritaria - dello smarrimento antropologico della postmodernità è proprio il cambiamento nell’occidente geografico e culturale del contesto da “tempo di guerra” a “tempo di pace”. La storia umana è un racconto variegato di guerre: da sempre e con tante variabili.

Il 6 agosto 1945 è scoppiato quello che i sociologi chiamano il MAD (Mutual Assured Destruction), la consapevolezza che ogni guerra totale sarebbe stata una guerra finale. Ed ecco le varie invenzioni: guerra fredda, guerra a distanza, guerra altrove, guerra economica. Tutte variabili dell’antica invincibile ossessione di uccidere l’altro. Pur tuttavia, la mancanza di guerra totale, ha modificato radicalmente il mondo della soggettività e delle relazioni. Alcune esemplificazioni: in tempo di pace le porte della città sono aperte, proliferano i diari, si accentua l’orizzontalità dei rapporti, il corpo rivela significati ludici e comunicativi inesplorati, tutti i confini da rigidi diventano liquidi, le minoranze fanno sentire la loro voce, il pensiero unico va nello sfondo per dare spazio al pensiero duale o molteplice, dall’universo si passa al pluriverso…

Sociologi di grande valore (Bauman, Beck, Giddens, Melucci ed altri) descrivono in dettaglio questi cambiamenti ma si soffermano poco o sottovalutano la linea di demarcazione che li determina: è l’essere tempo di pace o tempo di guerra a determinare questi cambiamenti. Quando finiscono i conflitti fuori la città, iniziano i conflitti dentro la città. Kavafis si chiede proprio come si fa a vivere in pace senza barbari, senza nemici. Interessanti (di grande attualità!) le considerazioni a proposito che scrive un autore medievale sulla storia dei francescani dopo Francesco. Le parole sono messe in bocca alla Povertà: «Ma ahimè! Di lì a poco fu fatta la pace, e fu una pace più dannosa di ogni guerra… con la pace la mia amarezza si è aggravata…Ho pace dai nemici ma non da quelli di casa, dagli estranei ma non dai figli» (Sacrum Commercium, 34: FF 1992).

 

Salonia 02Quando i nemici vengono meno

Quando viene a mancare il nemico-fuori-la città (che però la unisce), emerge il nemico-dentro-la-città. L’ultimo approdo di questo percorso è accorgersi del dentro-di-sé.

A questo punto, parlare di “guerra e di pace” dentro di sé significa parlare di un cammino evolutivo che vede l’uomo diventare consapevole dei conflitti dentro di sé: quante guerre, quante rivoluzioni, quanti conflitti hanno come concausa determinante (premessa di fallimento di ogni cambiamento) il vedere fuori il nemico che è dentro. Recita un proverbio asiatico: se lo specchio ti rimanda la tua faccia sporca, è fatica inutile pulire lo specchio: è necessario pulire la faccia. Nessuna rivoluzione ha senso ed efficacia se non parte da un cuore riconciliato. Quante volte - scriveva il Ministro generale dei cappuccini Flavio Roberto Carraro - invece di cercare le cause delle scontentezze dentro di noi accusiamo o colpevolizziamo i fratelli! La storia ci insegna che spesso i rivoluzionari diventano peggiori dei capi che hanno combattuto.

Primo passo, quindi, diventare consapevoli dei conflitti e delle contraddizioni dentro di noi. Secondo passo: individuare il luogo dei conflitti. Da dove nasce questa lotta per cui - come dice san Paolo - vedo il bene e faccio il male? Si nasce uomini ma si diventa umani. Senza decisione non c’è crescita. Ma non c’è decisione se non come superamento di un conflitto. Conflitto tra due strade che dilaniano nella loro uguale forza attrattiva, conflitto tra accettare e rifiutare i doni e le sofferenze della vita, conflitto tra assumere o rinnegare la propria storia. E alla base - come ci insegna Paul Ricœur - il conflitto tra se stesso come un altro me stesso e l’altro dentro di me.

Terzo passo: ascoltare in profondità i due contendenti che si (e ci) dilaniano dentro. Il desiderio primo ed ultimo di ogni cuore è la felicità: la lotta dentro di noi è una lotta per la strada che porta alla felicità. Ed è proprio ascoltando fino in fondo le ragioni dell’uno e dell’altro che ci si accorge che i nemici dentro di noi cavalcano la stessa intenzionalità. Al terzo livello, viene generata la pace non come “pace dei sensi” ma come “senso della pace”, apertura dentro il conflitto della strada della pienezza che non può essere segnata da uno dei due contendenti ma dall’ascolto di ambedue i contendenti.

 

La strategia del cannolo 

La psicoterapia della Gestalt offre uno strumento ermeneutico e operativo di questo percorso. Una persona sa di essere diabetica e si trova di fronte ad un gustosisssimo cannolo (siciliano!). Inizia la lotta: lo mangio o no? Se ascolta soltanto cosa sente e non la sua autobiografia, lo mangia e danneggia il suo corpo. Se ascolta solo “la sua biografia” (l’essere diabetico) diventerà fobico e arrabbiato nei confronti dei negozi di dolci. Se ascolta “cosa sente” e chi è colui “che sente questo” troverà un adattamento creativo: una soluzione che terrà conto del diabete ma anche della voglia del dolce. Perchè accada la soluzione creativa - che non lascia strascichi di rabbia o risentimento - è necessario un cammino di ascolto di sé che gli faccia accettare quello che è successo nel suo corpo: la malattia accettata e assimilata permette - nella fattispecie - la soluzione creativa.

È una strada che supera l’antica scissione tra piacere e dovere, affetti e ragione: ascoltando in profondità se stessi, si ritrovano il piacere del dovere e il dovere del piacere, si scopre che dentro gli affetti esiste un principio di autoregolazione relazionale per cui il bene è bene non perché è comandato ma perché è intimamente bene (le “ragioni del cuore” ascoltato approdano alla ragione della mente!).

Come per tutti i conflitti, la soluzione accade come dono quando i due contendenti (dentro e fuori di noi) non si combattono, non si urlano addosso le proprie ragioni, ma si ascoltano… Segno di un vero ascolto è prendere consapevolezza dei frammenti di oscurità del proprio punto di vista e dei frammenti di luce del punto di vista dell’altro.

Non guerra dentro di sé. Non pace precoce e artefatta. Ma un conflitto caldo che genera il nuovo che è crescita e pienezza.