Ricordando padre Gian Carlo Galli

Aperto, generoso, infaticabile, con il dono di sdrammatizzare e di incoraggiare

Image 124 Ospitaletto, 20 giugno 1942

† Reggio Emilia, 2 maggio 2013

Minato da una malattia implacabile, Gian Carlo era cosciente che il cammino nel tempo per lui stava ormai per concludersi, consapevole, come sta scritto sulla torre di un orologio tra le sue montagne, che «nessun tempo sicuro appartiene a te, o viandante». Così il 2 maggio 2013 ha lasciato smorzarsi dietro a sé il battere inesorabile delle ore terrene, per entrare nell’infinito di Dio.

Gli anni dell’infanzia e la vocazione

Era nato il 20 giugno 1942 a Ospitaletto, un antico borgo adagiato su un piccolo altipiano che degrada dolcemente verso la pianura emiliana e aveva vissuto, nel racconto dei protagonisti, gli orrori della guerra, quando, verso la metà dell’agosto 1944, si verificarono sanguinosi scontri tra i partigiani e l’esercito tedesco, con impiccagioni e fucilazioni. Nonostante la sua vivacità, era un bambino alquanto gracile, inappetente, tanto da mangiar solo pane condito con olio, che il papà, pur nelle difficoltà di quei tempi magri, cercava sempre di procurargli. Anche quando diventerà frate, non mancherà di concludere la cena con quei sapori semplici e intensi, come se, più che pane e olio, stesse riassaporando i suoi ricordi e la tenera presenza dei suoi genitori.

Nipote di due nostri frati, dopo un’esperienza “mal riuscita” all’Osservanza dei frati minori a Bologna, nel gennaio 1957 fece il suo ingresso nel nostro seminario di San Martino in Rio, dove concluse gli studi ginnasiali. Trascorso l’anno di noviziato a Fidenza, emise la prima professione il 2 agosto 1961, portandosi per gli studi filosofici prima a Piacenza e, in seguito, a Lugo, nella Romagna più profonda. Professo perpetuo l’8 dicembre 1964, nel 1965 intraprese gli studi teologici a Reggio Emilia, per passare poi, nel 1967, a Bologna. Fu ordinato presbitero il 23 agosto 1969 nel suo paese natale, Ospitaletto, dall’arcivescovo di Modena-Nonantola.

Coltivatore diretto di vocazioni e zirudellaio

Nominato subito segretario provinciale dell’Opera Vocazioni, girava in ogni dove, scovando vocazioni più o meno palesi, e così i nostri seminari, pur nella crisi generale, non erano mai vuoti. Lui stesso divenne assistente dei seminaristi di Scandiano e l’anno successivo direttore, per coltivare le vocazioni da lui reclutate. Inviato nel 1973 a Modena come guardiano, nel capitolo del 1979 fu eletto definitore. Nel settembre 1980 a Gian Carlo venne affidato il severo ufficio di maestro nel noviziato interprovinciale di Vignola. Qui il suo temperamento esuberante fu messo a dura prova, dovendolo coniugare con un contegno di austerità, affatto a lui congeniale. I suoi modi alquanto liberi superarono anche questo scoglio, infondendo nei novizi sicurezza nella loro scelta, che si dimostrò gioiosa come il volteggiare delle rondini nel cielo. Fin da questi anni, dalla bisaccia del suo temperamento, trasse l’abitudine di comporre delle zirudelle, una sorta di stornelli in rima, con le quali, in occasione di importanti riunioni di frati, era solito fare una giocosa ironia sui partecipanti. I frati ridevano divertiti, perché ce n’era per tutti, nessuno escluso, ben sapendo che quelle zirudelle riuscivano a sdrammatizzare le tensioni che inevitabilmente si creano in situazioni di confronto dialettico.

Infaticabile nonostante la malattia

Nel 1987 fu inviato a Puianello come rettore del Santuario della Beata Vergine della Salute, da dove poteva godere di un magnifico panorama che spaziava fino alle Alpi. Nella cura di quel Santuario diede nuovo impulso alle marce penitenziali, che si svolgevano il giorno 13 di ogni mese, da maggio a ottobre, con la partecipazione di numerosi pellegrini. Quando poi in Provincia si decise di istituire due tempi di quindici giorni, uno in primavera e l’altro in autunno, dedicati alla missione, egli si rese subito disponibile per la predicazione nelle missioni popolari. La sua voce aveva un timbro velato e il suo parlare conservava l’eco armoniosa della semplicità delle sue montagne, tanto da farsi comprendere da chiunque.

Nel 1990 i superiori decisero di inviarlo nell’ospedale di Parma come superiore e parroco, allo scopo di profumare di letizia francescana anche quell’ambiente di sofferenza. Là è rimasto fino al 1996, quando fu trasferito a Salsomaggiore, in diocesi di Fidenza, nel nostro convento-parrocchia ivi allora esistente, sempre come parroco. Nel corso di quell’anno fu colpito dal linfoma di Hodgkin, che, curato, regredì fino a scomparire del tutto. In conseguenza delle cure aveva perduto capelli, barba e baffi, e quando si riformeranno, la barba con i baffi non ebbe più cittadinanza sul suo volto. Da quel momento in poi, superata ormai l’effervescenza dell’età giovanile, ebbe fino in fondo la consapevolezza della fragilità della vita umana, soprattutto della propria, tanto da affermare tra il serio e il faceto: «La valigetta pronto-ricovero è sempre pronta», aggiungendo però: «Ma per l’aldilà non è così pronta». Restò a Salsomaggiore fino all’ottobre 1999, quando, consegnata quella parrocchia alla diocesi, Gian Carlo fu nominato parroco a Fidenza.

Eletto di nuovo membro del Definitorio provinciale nel Capitolo del 2002, diede il suo apporto soprattutto con la capacità di sdrammatizzare le situazioni più spinose, godendo delle confidenze dei confratelli, che vedevano in lui un uomo fidato e comprensivo. Il suo ministero di parroco si concluse nel 2008, tre anni dopo la fusione delle Province di Bologna e di Parma nella nuova Provincia dell’Emilia-Romagna. Destinato guardiano nel convento di Cesena, collocato su un colle che si affaccia come un balcone sulla città, in quel luogo di preghiera e di silenzio è vissuto tra la glauca lucentezza degli ulivi e il verde cupo dei cipressi, nell’accoglienza di quanti vi salivano per pregare insieme ai frati.

L’ultimo calvario

Dopo essersi portato a Scandiano nel 2011 quale vice maestro degli studenti teologi, nel 2012 fu colpito da una grave forma di leucemia, che lo debilitò severamente. Gian Carlo affrontò questa nuova prova con coraggio e fiducia, e, ricordando la prima malattia, così confidava: «Allora mi arrabbiavo molto con Dio e in modo particolare con il crocifisso che neanche volevo vedere. Ora però non è così. Affronto la malattia con più tranquillità, anche se devo riconoscere che Lui finora si è mosso poco. Ma se si muove…». Forse era convinto che potesse avvenire un miracolo pure questa volta, ma i medici sapevano che il male avrebbe fatto il suo ineluttabile corso. Dopo una parentesi di relativo benessere, agli inizi del 2013 si intuì che la battaglia della vita stava per lui ormai volgendo al termine. Ricoverato in ospedale a Reggio Emilia, al calare delle prime ombre di una sera di inizio maggio, è venuta anche per Gian Carlo la sera della vita.

fra Nazzareno Zanni


Image 130Caricatura di Gian Carlo Galli, eseguita da un novizio (Fabio Nones) nel 1982, con questa dedica sul retro:

Al nostro bello,

affascinante,

indefinibile,

fantasioso,

di-vino cantore,

naturalmente ironico,

bestialmente orante,

predicatore acceso e spento,

spericolato pilota,

nonché pastore di pecore e caproni,

esimio nostro

P. Gian Carlo Galli

Il tuo pollame

(seguono i nomi di cinque novizi)