A Piacenza i cappuccini sono chiamati “i frati di santa Rita”. I fioretti cappuccini presentano fra Gioacchino che con ago e filo riportò la serenità in due famiglie. Padre Gian Carlo Galli e fra Alberto Andreani ci hanno lasciati: ricordiamo questo fratello sacerdote brillante e generoso e questo missionario in Turchia per ben 73 anni con il carisma della presenza accogliente per tutti.

Nazzareno Zanni 

Una giornata particolare

La Festa di santa Rita a Piacenza

di Adriano Franchini
guardiano della Fraternità di Piacenza

Image 106 I frati della Santa

I frati cappuccini, come d’altronde avviene per frati di altri Ordini, se vivono in un convento di un piccolo paese e se sono gli unici ad abitarvi, sono semplicemente chiamati “frati”. Se invece hanno posto la loro dimora in città o nelle immediate vicinanze, dove non mancano mai altri religiosi, allora o vengono chiamati con il loro nome tradizionale di frati cappuccini o prendono il nome di frati del santo a cui è dedicata la chiesa in loro custodia o di un santo ivi venerato, per il quale la gente ha una particolare devozione. È quello che è avvenuto a Piacenza, dove i cappuccini non sono conosciuti come tali, ma come “i frati di Santa Rita”.

La loro chiesa in realtà è dedicata a San Bernardino da Siena, ma questo santo, un valente predicatore vissuto a cavallo tra il 1300 e il 1400, non esercita una particolare attrattiva sulla pietà popolare. Più che santi famosi per le loro prediche, la gente preferisce santi che fanno miracoli o che, per la loro intercessione, possano aiutare tutti a uscire da situazioni giudicate assai difficili. Come appunto santa Rita da Cascia, peraltro contemporanea di san Bernardino, chiamata “la Santa degli impossibili”. I suoi devoti reputano che dal giorno della sua morte ella sia sempre al fianco dei più bisognosi, distribuendo loro miracoli particolarmente portentosi, “impossibili” addirittura.

La prima comparsa dei cappuccini a Piacenza avvenne verso il 1548 e i religiosi furono ospitati temporaneamente nella chiesa di Santa Margherita. Solo dopo vent’anni si decise che fissassero la loro dimora sullo Stradone Farnese, dove vivevano i frati del ramo francescano degli Amadeiti, uniti poi, nel 1568, ai frati minori osservanti di Santa Maria di Campagna. Il convento con l’annessa chiesa dedicata a San Bernardino da Siena appartenuto agli Amadeiti venne destinato ai cappuccini, che vi fecero il loro ingresso solenne nel 1570. Siccome però il fabbricato eretto dai precedenti francescani non era conforme al modello previsto dalle severe costituzioni cappuccine, iniziarono subito i necessari lavori di adattamento. Da quell’anno il convento e la chiesa divennero un centro particolarmente attivo sia nella vita dei cappuccini emiliani, sia nella storia religiosa della città, per la testimonianza di povertà, per la predicazione e per l’assistenza ai poveri. Ancora però non era previsto nessun culto a santa Rita, che era una suora agostiniana, e quindi estranea alla tradizione francescana, benché tra la popolazione godesse già di notevole devozione.

Image 110Nascita di una devozione

Quando però negli anni precedenti la seconda guerra mondiale i cappuccini dell’Emilia, aperti alla sensibilità della gente, si proposero di diffondere e intensificare nelle loro chiese il culto a santa Rita da Cascia, la popolazione della regione rispose con entusiasmo. Anche nella chiesa di Piacenza, constatato che san Bernardino da Siena incontrava scarsamente i gusti popolari, alla santa agostiniana venne costruita e dedicata nel 1943 una grande cappella a destra dell’entrata principale. Poco a poco gente sempre più numerosa, di tutti i ceti sociali, cominciò a frequentare la cappella di santa Rita, portando fiori, cuori votivi e chiedendo grazie ritenute «impossibili» a qualsiasi altro santo.

Durante il secondo conflitto mondiale, un bombardamento danneggiò seriamente la cappella, aprendo una grande ferita, che scosse profondamente la sensibilità dei devoti della santa. Così, subito dopo la fine delle ostilità, la cappella venne ricostruita ancora più grande e fastosa. Il valente pittore veronese Carlo Donati (1874-1949) affrescò la nuova cappella con episodi della vita della santa, come pure l’abside della chiesa fu rinnovata con affreschi delle storie legate alla figura di san Francesco.

La devozione che lega i piacentini a santa Rita nella chiesa dei cappuccini è ormai molto sentita e radicata, e ogni anno, in occasione della sua festa (22 maggio), giungono numerosi gruppi di pellegrini da tutta la provincia. Una devozione che ha contaminato anche le città vicine dell’Emilia e della Lombardia, e che ha trasformato, nel parlare comune della gente, la chiesa di san Bernardino da Siena in santuario di santa Rita da Cascia, benché conservi ancora il titolo originario.

La festa

La festa si volge con grande solennità. Ad ogni ora vi è la celebrazione della messa, e la presenza di numerosi confessori, reclutati da altri conventi vicini, offre l’opportunità di accostarsi al sacramento della riconciliazione anche a tanti che da lungo tempo se ne erano allontanati. Con il passare degli anni, si è imposta anche la tradizione che, dal primo mattino fino a sera inoltrata, vede sfilare pazientemente davanti alla chiesa sullo Stradone Farnese, in ambedue i sensi, lunghe processioni di automobili o di qualsiasi altro mezzo di locomozione, quali motociclette di grossa cilindrata o piccoli motorini, e persino biciclette, per ricevere la benedizione di Santa Rita, e, assieme alla benedizione, anche il classico gagliardetto da appendere nell’auto o al manubrio. Per l’impressionante numero di quanti prendono parte a questa singolare processione, i sacerdoti benedicenti, che si alternano a vicenda ogni ora, a forza di ripetere per tutto il giorno il gesto di gettare l’acqua santa con l’aspersorio, alla sera si ritrovano il braccio letteralmente anchilosato e, per qualche giorno, dolente. Inoltre, dalle ore più mattiniere sino a notte tarda, i frati sono a disposizione, nella cappella della santa, per la benedizione delle rose, dei bambini e dei malati. Un via vai continuo, che non risparmia nessuno spazio disponibile del convento e della chiesa, sagrato, salone e altre aree, dove sono allestiti numerosi banchi con oggetti religiosi e con rose di tutti i colori, e anche una ricca pesca di beneficenza, con premi che attirano anche i più restii a tirare fuori di tasca qualche soldo.

Non sono certo che santa Rita, una monaca che amava il silenzio e la solitudine, si senta del tutto a suo agio in mezzo a tanto trambusto e ad altrettanto chiasso, ma la gente ha esigenze da non sottovalutare e da non disprezzare come cose superflue o superate. Sono certo che anche lei farà buon viso a tanto affollamento, a imitazione di Gesù, che era così pressato dalla folla che andava e veniva, da non avere più neanche il tempo di mangiare (Mc 6,31).