Dialogo sui minimi sistemi

Quando diavoli e coscienza disputano sul tuo futuro

di Pietro Casadio
della Redazione di MC 

Image 086Pane e Tex Willer

Quand’ero piccolo e alto un tappo volevo salvare il mondo e diventare celebre. Avevo previsto tutto, doveva essere una pratica non eccessivamente impegnativa. Era prevista, beninteso, una qualche dose di fatica e qualche ferita qua e là che potesse lasciare vistose cicatrici; ma per il resto doveva impegnare tre o quattro anni della mia vita giovanile, tra i sedici e i venti, diciamo. Poi mi sarei messo in panciolle, gustandomi la meritata fama e le attraenti cicatrici, concedendomi un giusto riposo e un mondo finalmente salvato.

Salvato da cosa? Boh, non so, da un qualche grande nemico, immagino, dal male, dalla povertà, dall’ingiustizia, roba così. Nella mia testa salvavo vite umane, famiglie, interi popoli. La mia predilezione andava agli Indiani d’America, ovviamente (dico ovviamente perché sono cresciuto a pane e Tex Willer): ero il capo dei Navajo e portavo il popolo pellerossa, unite tutte le tribù, alla riscossa contro i bianchi e bla bla bla bla. Altri sogni erano un filo più abbordabili: diventare il presidente di una fantomatica Europa Unita, vincere il Nobel per la pace e così via. Quand’ero piccolo e alto un tappo volevo salvare il mondo e diventare celebre. Ora, alla veneranda età di ventitré anni e 1 metro e 85 di altezza, mi basterebbe una delle due cose, con una certa predilezione per la prima. E anzi, sarebbe bellissimo, credo, salvare il mondo silenziosamente, senza che nessuno lo sappia, se non tre o quattro persone al massimo. E sarebbe ancora più bello accettare il fatto che il mondo tornerà a mettersi nei guai e che qualcun altro, dopo di me, si prenderà la briga di risalvarlo. Questa è tutta la mia modestia.

C’è chi nasce con una particolare attitudine per l’umiltà, ma temo che non sia il mio caso. Per me l’umiltà è sempre stata una sana utopia da perseguire e rincorrere, ma non sono ancora riuscito a raggiungerla. Almeno in questo sono umile. Eppure so che è là, la mia meta, so che quella è la strada giusta per crescere. Come lo so? Dovete sapere che qualche tempo fa, ebbi la fortuna di origliare un dialogo tra quella che sembrava essere la mia coscienza e due diavoletti, uno tutto spocchiosetto e pettoruto, l’altro più piccolo e meschino. Fu un dialogo estremamente interessante. Ve ne riporto solo alcune battute, perché fu lungo ed estenuante, e spero di ricordarlo bene, perché in alcuni punti la mia memoria è un po’ offuscata dallo stupore che provai:

Il dialogo

Coscienza: E poi c’è la questione dell’umiltà.

Alichino: Umiltà? Ah, che brutta parola! Adatta ai viscidi vermi che strisciano, non certo a un uomo che così si voglia chiamare.

Coscienza: Umiltà è una bellissima parola. Deriva da humus, che significa terra e ciò che rende fertile la terra, ciò che permette che vi cresca sopra qualcosa. E da qui significa anche paese, contrada, indicando appartenenza.

Calcabrina: Preferisco la prima accezione: terra e basta!

Alichino: Appunto: la terra è per i vermi. E poi cos’è questa “questione” dell’umiltà? Che ce ne importa a noi dell’umiltà? Lasciamola a chi c’è nato, povero inetto!

Coscienza: Non so se si nasce umili, non è di mia competenza, ma sicuramente umili si può diventare. E questa è tutta la questione: crescendo, è bene diventare umili.

Alichino: Diventare umili? E perché mai? Il caro Pietro ha tutte le qualità per poter evitare questa disgrazia!

Coscienza: Il “caro Pietro” ha anche la facoltà di raggiungerla, questa “grazia”.

Alichino: Grazia! Diventare umili significa nascondersi dalla vita!

Calcabrina: Nascondersi sì, per evitare inutili scocciature!

Coscienza: No, no, no. Diventare umili non significa nascondersi, ma, innanzitutto, diventare terra fertile, che dà vita e fa crescere i semi che qualcuno ha seminato.

Alichino: Qualcuno chi?

Coscienza: Dio.

Alichino e Calcabrina: Non lo conosciamo!

Coscienza: E poi essere umili, significa riconoscere un’appartenenza.

Calcabrina: Appartenere a chi?

Coscienza: A Dio.

Calcabrina e Alichino: Non lo conosciamo!

Coscienza: E per tutto questo, diventare umili è una cosa bellissima. E crescere può aiutare a diventare umili. Quando sei piccolo pensi di potere tutto e tutto è tuo. Diventando grande scopri che il mondo è più grande di te e che tu sei troppo piccolo per risolvere tutti i problemi del mondo.

Image 090Calcabrina: Sono d’accordo. Il mondo è grande e brutto e noi siamo piccoli. Meglio badare ai nostri affari e non andarsi a cercare delle rogne.

Coscienza: Non ho detto questo. Bisogna essere terra fertile e portare frutti che siano per il mondo. Bisogna lottare per rendere migliore il mondo, è solo la prospettiva che cambia: non importa che sia io a salvare il mondo, importa che il mondo sia salvato!

Calcabrina: Ma il mondo non si può salvare, non sono fatti nostri e comunque non ci si può fare nulla!

Coscienza: Ma il mondo è già salvato.

Alchino: E da chi?.

Coscienza: Da Dio.

Alichino e Calcabrina: Non lo conosciamo!

Coscienza: Ma qualcosa noi lo possiamo fare, anzi lo dobbiamo fare! Bisogna innanzitutto avere cura del proprio mondo, quello in cui si vive, i volti che incontri, le persone che sfiori, le voci che senti. Bisogna mettere il proprio cuore e le proprie forze per tutto questo, ma senza pretendere di risolvere tutti i problemi. E col sorriso sulle labbra perché il problema più grosso è già stato risolto da…

Calcabrina e Alichino: Non lo conosciamo!

Coscienza: Avere a cuore il proprio mondo. Partire da lì: diventando grandi, si impara a essere piccoli.

Alichino: Dunque umiltà è fare cose piccole?

Coscienza: Umiltà è riconoscersi piccoli anche quando si fanno cose grandi.

Alichino: …

Calcabrina: …

Coscienza: E poi c’è la questione del silenzio.

Morale della favola

Ma qui mi interrompo, perché lo spazio di un articolo è quello che è, e la vostra pazienza pure. E il dialogo sul silenzio ve lo racconto nel prossimo articolo. Fatto sta che da quel giorno mi è venuta in testa l’idea che, in un qualche modo, diventare adulti significhi scoprire innanzitutto una vocazione alla piccolezza. Ma solo a patto di una cosa: che scoprirsi piccoli (e non ridursi a piccoli), serva in realtà per crescere e far crescere. La mia strada però è ancora lunga, l’umiltà corre veloce e devo rimettermi all’inseguimento. E il mondo? Non vi preoccupate: ci penso io.