C’era una volta, come ora, il Campo di Lavoro

Da luoghi vicini e lontani, arrivano i volontari per i campi missionari

 
Image 179Ai miei tempi

Il dubbio, naturalmente dovuto all’età e alle scontate perdite di memoria, è che ci fossero ancora i dinosauri al tempo del mio primo campo di lavoro missionario.


Se non c’erano più i dinosauri, di certo altre presenze feroci accoglievano spesso noi ragazzini in cerca di carta, stracci e ferri vecchi, da raccogliere per aiutare gente mai vista e talmente lontana che i più nemmeno sapevano in che zona dell’Africa fosse il Kambatta, una regione ignorata anche dagli atlanti del tempo. Di certo mai ci saremmo inventati un lavoro tanto faticoso per rubare quattro soldi, come ringhiava qualcuno che poi aggiungeva litanie originali sui frati, sulle suore, su Dio e su molte altre realtà sia terrene che spirituali. Il volantinaggio porta a porta era una sorta di prova del fuoco, per diventare adulti nella fede e nel coraggio.

Image 183Allora i frati erano appena sbarcati nell’Africa etiopica, dopo aver consegnato le missioni indiane agli indiani, capaci ormai di camminare con le proprie gambe, per andare avanti, tornare indietro o zigzagare liberamente, a seconda del punto di vista e dell’osservatore. E una missione tutta nuova ha bisogno ovviamente di tutto. Se poi la situazione trovata è caratterizzata da una notevole indigenza, senza possibilità di curare malattie, educare i bambini, attingere acqua pulita nei villaggi, è difficile non cercare aiuto dove si è sicuri che lo si potrebbe trovare… Fu così che iniziarono i campi di lavoro missionario, un’esperienza che negli anni si è andata trasformando nella forma, ma che rimane un fondamentale strumento di solidarietà a distanza, anche se, col passare del tempo, sono divenute sempre più possibili attività solidali “sul posto”. Un segno, questo, che malgrado tutti i nostri lamenti e le nostre crisi, la ricchezza è decisamente aumentata.

 

Paese che vai

Image 191Ad esempio, chi avrebbe mai pensato, negli anni Settanta, di partire con una dozzina di amici - o futuri amici - in aereo per andare ad Antiochia, in Turchia, e per dieci giornate di luglio condividere tempo e attività con persone disabili? La stessa domanda vale per i trentacinque volontari che condivideranno il servizio, l’animazione e l’aiuto a tante persone in difficoltà presenti nella missione di Sighet, nel nord della Romania, che di certo non è dietro l’angolo e che nei lontani anni Settanta sarebbe sembrata dall’altra parte del mondo, oltre che della Cortina. Se poi si aggiunge che tutti saranno ospiti di famiglie locali, si comprende quali passi da gigante abbia fatto la meravigliosa forma di solidarietà che qualcuno ad un certo punto ha chiamato “campo di lavoro”.

Turchia, Romania, Georgia, Etiopia e Repubblica Centrafricana - dove dolorosamente ancora una volta la guerra sembra dominare - sono i Paesi nei quali i cappuccini dell’Emilia-Romagna hanno missioni da sostenere e nei quali i volontari di oggi si recano per “campi” di solidarietà. A Imola, da sempre si fa il Campo di lavoro missionario - a cui da qualche anno è stato aggiunto un “e formazione” per spiegare lo sforzo educativo rivolto ai partecipanti. Essi, infatti, sono chiamati non solo a sudare per lavorare ma anche per cambiare la propria vita migliorandola. Al Campo di Imola, da oltre una quindicina di anni, si ripete un piccolo miracolo, grazie alla collaborazione con il SCI, il Servizio Civile Internazionale: una parte dei volontari chiamati a raccolta per aiutare gente dell’altro mondo viene dall’altro mondo. Persino dalla Nuova Zelanda, dal Giappone, dal Brasile, dalla Colombia, dal Sudafrica sono arrivati, negli anni a Imola, volontari di tutte le età per dedicare le ultime due settimane di agosto e la prima di settembre a lavorare per raccogliere aiuti per il Dawro Konta, un luogo nel quale la stragrande maggioranza di loro non andrà mai. Ma che importa, in fondo basta sapere che il frutto del lavoro fatto insieme viene messo nelle mani di chi nel Dawro sta dedicando la vita! Se poi si aggiunge che da decenni non è più il tempo delle presenze feroci, pronte ad azzannare i disturbatori, e che ormai la città intera sente il Campo e i volontari come una parte di sé, il lavoro diventa più facile e più leggero. Persino divertente e piacevole, al punto di aver fatto uno sforzo, negli ultimi anni, per poterlo abbandonare per un giorno, a metà del periodo, per trasformare la raccolta e il mercatino dell’usato in una grande festa nel centro storico della città, con danze, musiche, pitture, pupazzi a volontà e tante chiacchiere con la gente, divertita e incuriosita dalla strana compagnia raccolta da mezzo mondo attorno ai cappuccini. Anche quest’anno miracoli, feste, raccolte e mercatini si ripeteranno a Imola dal 19 agosto al 6 settembre, nella speranza di portare aiuti alle popolazioni del Dawro Konta costrette, negli anni passati, a sopportare forme di emigrazione di massa, in luoghi in cui non c’era niente e in cui ancora manca tutto.

Dopo le fatiche imolesi, per i più curiosi ci sarà in dicembre la possibilità di andare a vedere con i propri occhi come gli aiuti raccolti si stiano trasformando in vita, grazie al Campo di animazione missionaria in Dawro, organizzato dal 27 dicembre 2013 al 10 gennaio 2014. Sono in tanti ad avere colto già questa occasione per condividere per un po’ di tempo la vita dei missionari. E c’è anche chi ha rifatto l’esperienza, magari allungando la presenza per qualche mese, per poter portare un aiuto concreto alle tante attività delle stazioni missionarie. 

Dal primo lontano Campo è passato molto tempo e molte cose sono cambiate. Una sola non è cambiata per nulla: ora, ancora come allora, c’è bisogno che qualcuno decida di offrire un po’ del proprio tempo per gli altri.