L’addio del maresciallo

In ricordo del francescano secolare Orlando Rosati

Image 161L’uomo che non stava mai fermo

Il 1° febbraio scorso è morto all’ospedale di Cento Orlando Rosati, meglio conosciuto dai frati cappuccini e dai frequentatori del Santuario della Madonna della Rocca come “il maresciallo”. In realtà era un appuntato dei Carabinieri in pensione, ma i frati avevano voluto alzarlo di grado per fargli capire che apprezzavano il suo attaccamento all’Arma che aveva servito per circa un quarantennio.

Orlando era marchigiano di origine, essendo nato a Mombaroccio (PU) il 4 settembre 1929, ma da quando nel 1947 era entrato nell’Arma dei Carabinieri aveva girato mezza Italia: Roma, Bolzano, Belluno, San Vito al Tagliamento (Pordenone). Nel 1966 era approdato a Cento (FE), dove si era fermato anche dopo il termine del servizio nell’arma nel 1982. Nell’aprile del 1960 si era sposato con Vittoria Bonci e gli erano nati due figli, Catia e Domenico.

Orlando non era certo un uomo che si poteva accontentare di vivere da pensionato in pantofole, stando in casa. Ben presto si era reso disponibile come guardiano notturno o come aiutante dove c’era bisogno di lui. Uomo di notevole statura e robusta corporatura non amava star fermo, la sofferenza maggiore era per lui star chiuso in casa.

Già quando era in servizio come carabiniere era di casa al Santuario della Madonna della Rocca, essendo la caserma adiacente al santuario. Una volta in pensione però, il Santuario divenne la sua seconda casa. Si prestava per qualsiasi servizio. Ma non voleva essere solo l’uomo di servizio del convento, voleva viverne la spiritualità. Professò così la regola dell’Ordine francescano secolare. Ed è rimasto per tutta la vita fedelissimo alla sua vocazione di francescano secolare. La sua fede semplice ma sincera e tenace, unita al suo attaccamento al senso del dovere e al culto per l’onestà, ne facevano una persona affidabilissima.

La sua tempra forte già da tempo era minata da problemi di salute, che prima avevano indebolito il cuore, poi le gambe, la vista e l’udito. Il suo cruccio era allora il non poter più essere utile. Non poter più guidare la recita del rosario in Santuario, non poter essere assiduo alle funzioni, ai momenti di preghiera e formazione della fraternità Ofs.

Sua grande consolazione in questi momenti di inattività era l’ascolto delle meditazioni e del rosario tramite Radio Maria. Prima dell’ultimo ricovero in ospedale, una decina di giorni prima di morire, aveva voluto che suo figlio lo portasse in Santuario per una preghiera alla Madonna, per un saluto al guardiano e per chiedere quando sarebbero iniziati i lavori di restauro del Santuario dopo i danni del terremoto. Le stesse cose che mi chiese quando gli amministrai in ospedale gli ultimi sacramenti, che ricevette con piena consapevolezza e tanta devozione.

Giuseppe De Carlo

guardiano della Fraternità di Cento