Visitare l’uomo, curare la società

di Dino Dozzi
Direttore di MC

Image 007«Non è vero che a noi interessa far politica, noi vogliamo dire Gesù». Questo ha affermato il card. Bagnasco, Presidente della CEI, all’apertura dell’ultimo Consiglio Permanente, a fine gennaio, in piena campagna elettorale. Ed ha aggiunto “anche se stasera o domani nell’opinione pubblica echeggeranno solo alcune delle nostre parole, e non precisamente queste, forse perché ritenute ovvie, di maniera, persino scontate”. Ha fatto bene a dire entrambe le cose, la prima mostrando di avere le idee chiare, la seconda mostrando di avere gli occhi aperti.

Ma ha fatto bene anche dopo, quando ha parlato dei problemi concreti dell’umanità, della Chiesa e della povera gente: la crisi economica che ancora ci affligge; i cristiani perseguitati in molte parti del mondo; la crisi alimentare, più grave di quella finanziaria; la condizione di indigenza che si va allargando in modo preoccupante. Ha fatto bene a dire che è il sistema che va messo in discussione; che il meccanismo consumi-spesa-debito pubblico non funziona più; che ci vuole davvero più attenzione al lavoro, perché esso entra di diritto nella definizione dell’uomo: senza lavoro ci si sente inutili e di peso.

Ha fatto bene a ricordare che, sotto il peso della congiuntura, sono stati chiesti grossi sacrifici non sempre proporzionalmente distribuiti e che il popolo italiano ha retto, si è mostrato solido, capace di tenere botta per merito della famiglia, sulla quale poggia la sicurezza di tanti, che altrimenti non saprebbero dove sbattere la testa (ovviamente non l’ha detto con queste parole, ma questo è il senso); famiglia che svolge un ruolo fondamentale di punto di riferimento, di sicurezza economica e sociale, di coesione delle diverse generazioni; famiglia che merita dunque di essere maggiormente sostenuta dalla politica. Ha fatto bene, infine, a richiamare l’attenzione alla “piccola vita”, alla “vita fragile” dei poveri, dei vecchi, dei malati.

Infinite e complicatissime analisi sono state dedicate ai massimi sistemi economici e finanziari, certo importanti per comprendere la quotidianità di quanto sta accadendo a tutti: non c’è pagina di quotidiano e non c’è minuto di radio e tv che non ci parli di spread e di bond. Ma troppo poco si parla delle lacrime della povera gente, del lavoro che non c’è più per il padre di famiglia e di quello che non c’è mai stato per il figlio di ormai quarant’anni, che non può neppure mettere su famiglia. I “tagli alla spesa” dicono che sono necessari, ma tagliano quel po’ di sicurezza che era rimasta se ti ammalavi o se dovevi portare all’ospedale il bambino o la nonna.

Dire che la questione sociale è diventata questione antropologica può sembrare roba da encicliche o da discorsi di vescovi: ma se viene tradotto dicendo che la teologia da una parte e la politica dall’altra non debbono mai perdere di vista la povera gente comune cioè il novanta per cento della gente, perché altrimenti diventano letteratura evanescente, allora la cosa si fa più comprensibile e dice quello che tanti pensano.

Siamo nell’anno della fede e della nuova evangelizzazione. La Chiesa sta cercando modi nuovi per dire la sua fede e per evangelizzare. A noi sembra che sia una pista da percorrere con coraggio quella di ritornare tra la povera gente come fece Gesù, come fece Francesco, per annunciare il vangelo del lavoro, della famiglia, del welfare, della solidarietà, del bene comune. Ci auguriamo anzi che anche “far politica”, come il “dire Gesù”, non voglia dire altro che questo. Vorremmo quindi che, per il bene di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, potessero tornare a stimarsi a vicenda e a sentirsi complementari Stato e Chiesa, politica e religione, ragione e fede. Rinunciando definitivamente a strumentalizzazioni vicendevoli, recuperando un bel significato di laicità e di libertà.

Al capezzale di quei malati gravi che sono l’uomo e la società di oggi, c’è bisogno di molti specialisti, che non stiano a litigare tra loro, ma che collaborino sinceramente. La salvezza, il benessere, la realizzazione dell’uomo non sono forse i fini dichiarati sia nel vangelo che nella Costituzione? La prossima volta il card. Bagnasco potrebbe arrivare a dire che, per il bene dell’uomo, almeno i semplici cristiani - se non proprio anche i vescovi - possono sia “far politica” che “dire Gesù”. Perché far politica in un certo modo è anche dire Gesù.