Affrontiamo questo mese il meta-cinema, quel tipo di film che, all’interno del proprio soggetto, raccontano il fare a loro volta un film o uno spettacolo teatrale, creando un raffinato gioco di ruoli e una serie complessa di meccanismi narrativi, in grado di offrire letture della realtà assai articolate e brillanti. Lo facciamo ponendo la lente di ingrandimento sui film “Effetto Notte” di Francois Truffaut e “Cesare deve morire” dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani.

Alessandro Casadio

 

Image 242Effetto notte

un film di Francois Truffaut (1973
distribuito da Warner Home Video

Il regista Francois Truffaut è uno di quelli profondamente innamorati del cinema e crea uno dei migliori film di meta-cinema di sempre, realizzando questa pellicola che racconta l’avventura della realizzazione di un film. In esso entra una ricca serie di citazioni della storia del cinema, come tributo di un devoto, che manifesta la sua dichiarazione d’amore per la settima arte e i suoi protagonisti. Effetto notte è quasi un breve trattato di tecnica cinematografica, in una commistione tra desiderio e realtà, che vede il regista, ancora bambino, comparire nel sogno per rubare i manifesti dall’ingresso di un cinematografo. Egli ci offre il cinema come metafora della vita, incastrando alla perfezione la storia del film con quella del film nel film, e grazie a questo riesce a trasmettere la volatilità e la soggettività del media. Basta ascoltare, per farsene un’idea, i racconti della trama di Vi presento Pamela (titolo del film che i personaggi stanno girando), ciascuno diverso dall’altro, secondo il punto d’osservazione. Truffaut riserva per sé il ruolo del regista, sfruttando la voce fuori campo come stesse scrivendo un saggio, ma il film non diventa mai un esercizio di stile, non vuole esserlo. Quello che cerca è raccontare l’emozione che produce, fin dalla sua origine della fabbricazione, con delicatezza e stile, analizzando ogni singolo personaggio, nelle sue debolezze, con estremo affetto, che gli perdona capricci, manchevolezze e ossessioni, evitando il rischio del compiacimento e rendendosi fruibile anche a chi non è svezzato al linguaggio cinematografico. Con leggerezza estrema vengono considerate variabili della vita la drammaticità della morte, l’amore coi suoi tradimenti e le sue passioni, il senso di inutilità dato dalla vecchiaia, gli infiniti casini determinati dalla fatica di esprimersi e di capirsi dei personaggi. Quasi, per noi credenti, come un occhio di Dio che apprezza amorevolmente l’arrabattarsi del genere umano, divertendosi come un matto della sua multiforme goffaggine.