Dalla società liquida a quella solidale

L’onestà è la condizione per passare dall’individualismo al comunitario

di Fabio Gambetti
docente all’ISSR “Sant’Apollinare” di Forlì

Image 054Vincere o morire

L’onestà è, per sua natura, una virtù che si richiama al simbolismo paterno, più che a quello materno, come invece accade, ad esempio, per la bontà, la generosità o l’altruismo. L’onestà ha a che fare con la verità e la giustizia, ovvero con la facoltà dell’intelligenza, che valuta e giudica se un comportamento è o non è corretto. Non si dà un’onestà soggettiva; “essere onesti” significa agire in modo ritenuto tale da tutti, anche a discapito del proprio vantaggio. Come indica la comune radice etimologica, il frutto dell’azione onesta è l’onore, il riconoscimento sociale che il comportamento attuato è giusto, rispettoso del bene comune, della solidarietà.

Nella temperie postmoderna, sembra invece che vincere con qualunque mezzo sia il nuovo ed esclusivo criterio di valutazione dell’uomo: «Nel mondo occidentale - scrive Alexander Lowen - orientato verso il successo materiale, il fallimento è il peccato più grande».

L’utile e il vantaggio personali divengono così le virtù dominanti, perché meglio si accordano con la soggettività. Se un tempo gli eroi o i martiri erano celebri in nome delle azioni che li avevano resi noti, oggi sembra che le ragioni che hanno portato alla fama siano accessorie. Anzi, paradossalmente si ha spesso l’impressione che vi sia una sorta di malcelata e complice simpatia verso chi, con l’inganno o con la frode, “ha fatto il suo interesse”: «Le celebrità - dice Zygmunt Bauman - sono sulla bocca di tutti: sono il personaggio che non manca mai in nessuna famiglia. Come i martiri e gli eroi, esse forniscono una sorta di collante che raccoglie e unisce aggregati di persone altrimenti labili e disperse; si potrebbe anzi quasi dire che sono i principali fattori che generano oggi comunità». Comunità immaginarie, oltre che immaginate, in cui la notorietà transita in modo episodico.

La famiglia non sfugge alla liquidità della nostra società, e alla conseguente ridefinizione dei ruoli: essere onesti col coniuge, un tempo significava custodire i propri sentimenti di amore per lui, essergli a fianco nelle fatiche e nelle gioie, progettare e realizzare un percorso di vita assieme. Essere onesti con i genitori non significava solamente non ingannarli, ma anche onorarli, e un familiare disonesto era motivo d’imbarazzo per tutti. Non di rado oggi si assiste invece a una sorta di esposizione mediatica, con la conseguente notorietà, di coloro che hanno tradito o addirittura commesso reati familiari. Ogni anno in Italia si contano mediamente 170.000 separazioni e nel 70,8% dei casi si tratta di coppie con figli: «La separazione stessa viene vista come una normale scelta di vita, un modo per cambiare pagina, per togliersi un dente cariato. Un tempo era una vergogna. Oggi è vissuta solo come un banale rimedio a un passo falso» (Gian Ettore Gassani).

Image 059Lealtà al progetto comune

Le cause per cui un matrimonio può fallire sono tante, e non è questo il luogo in cui trattarne, ma si può dire che, là dove non c’è onestà, è molto più facile che vi sia crisi. Essere sinceri col proprio coniuge, affrontare un dubbio sentimentale avendo come guida la lealtà e il progetto di vita comune, anziché il solo ascolto delle proprie emozioni considerate assolute, non è questione di moralismo. Chi ama non inganna l’amato.

I bambini e gli adolescenti hanno uno spiccato e naturale senso dell’onestà. A scuola ciò si nota quotidianamente, ad esempio nelle discussioni sul voto assegnato a una verifica, sull’elogio o sul rimprovero ricevuto, o sul comportamento dei compagni di classe. Non di rado i genitori vengono coinvolti in queste diatribe, che sfociano in lamentele e critiche verso gli insegnanti, colpevoli di presunti favoritismi o simpatie. D’altro canto, la scuola fa dell’educazione all’onestà uno dei pilastri della propria azione: si apprezza l’impegno, si chiede di non copiare i compiti, di dire con sincerità i motivi di un’assenza o di un’impreparazione, e si sanzionano comportamenti disonesti. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha emanato una specifica direttiva sull’educazione alla legalità e molti sono i progetti che le scuole stanno realizzando, anche col contributo degli Enti locali. Tanto resta comunque da fare, e lo sforzo maggiore che occorre è quello per creare una “mentalità onesta”, per la quale sia normale comportarsi correttamente, anche rimettendoci, laddove la cultura dominante inneggia alla furberia.

L’importanza di un buon esempio

I documenti della Chiesa sulle virtù sociali sono talora apparsi meno importanti di altri, ma i recenti casi di corruzione ne evidenziano l’attualità. Nella 35ª Giornata della Pace, Giovanni Paolo II ha affermato che non c’è pace senza giustizia. Solo dando a ciascuno, con onestà, ciò che gli spetta, è possibile costruire una società e un mondo migliori. L’affrancamento dei poveri è innanzi tutto una questione di equità, e non di carità. Sfruttare la manodopera, inquinare l’ambiente, frodare il prossimo e lo Stato, corrompere e farsi corrompere, sottrarre risorse naturali, sono alcuni esempi di disonestà sociale.

Nel vangelo i farisei che presentano l’offerta al tempio vengono rimproverati per il loro comportamento disonesto, perché si fanno belli sottraendo i danari per il dovuto sostegno ai genitori (Mt 15,5). È un tema importante, per diffondere il quale nella Chiesa sono sorti nei secoli diversi movimenti e ordini religiosi. L’esperienza francescana, con le sue molteplici varianti, è una testimonianza viva e attuale dell’urgenza di una predicazione che dia voce anche all’etica sociale.

L’onestà appare una virtù oggi tanto più necessaria quanto meno praticata a livello individuale e sociale. L’essere comunità la presuppone come condizione imprescindibile, perché nessun gruppo può sussistere se tra i suoi componenti non vi è la sicurezza della fedeltà reciproca, del rispetto delle regole che ne scandiscono l’esistenza, siano esse affettive, economiche, spirituali, politiche, ecc. Potremmo dire che l’altro rimane per me estraneo fin tanto che non sono sicuro delle sue intenzioni e dei suoi comportamenti. L’onestà è condizione di ogni relazione umana, che consideri il prossimo come volto e non come oggetto da ingannare e usare. Ci sembra perciò che essa rientri tra le emergenze della nostra epoca, non ancora assimilata e insegnata a sufficienza, forse perché la modalità educativa migliore è quella dell’esempio.