Speranza anticrisi di recuperare umanità

di Dino Dozzi
Direttore di MC

Image 007Si esce con la bocca amara e con un vago senso di angoscia dalla visione di Reality, il film di Matteo Garrone. A Luciano, il sogno illusorio di partecipare al “Grande Fratello”, diventando così ricco e famoso, toglie il lavoro, il contatto con la realtà, gli affetti, la capacità relazionale. Più ancora che le cose, gli toglie umanità. La cosa sgomenta e pone interrogativi preoccupanti.

Giornali e tv traboccano di ricette vecchie e nuove di partiti vecchi e nuovi con facce vecchie e nuove per uscire quanto prima dalla grande crisi in cui ci troviamo tutti da ormai cinque anni: crisi prima finanziaria, poi economica, politica, sociale, culturale, spirituale, umana. L’impressione è di disorientamento globale, e mi pare che continuiamo a volare basso. Le terapie economiche applicate una dopo l’altra danno l’impressione di toppe su un vestito vecchio che sta andando a brandelli. Anche le promesse elettorali, furbescamente collocate nella forbice tra la severa richiesta di sacrifici che debbono continuare e l’incosciente dichiarazione che proprio non ce n’è più bisogno in quanto stiamo finalmente per ritornare il paese di bengodi, non contribuiscono certo a rasserenare gli animi. Perché i soldi sono sempre di meno, il lavoro o non c’è più o è a rischio, le pensioni e l’assistenza sanitaria sono in discussione, la preoccupazione per il domani toglie il sonno. Perché parlarne qui? Perché la grande crisi può diventare la grande occasione.

Negli anni passati ci siamo giocati non solo uno sviluppo economico lineare, ascendente e per tutti ma - ciò che è ancor peggio - la libertà, che abbiamo confuso con la quantità di possibilità a disposizione. L’espansione economica e tecnica ha sedotto l’istinto di potenza nascosto dentro ciascuno, facendogli dimenticare il senso del limite: più puoi permetterti, più vali. La debolezza non deve esistere, la vecchiaia è cosa di cui vergognarsi, se l’altro non ti è utile è da cestinare. Ma un aspetto provvidenziale la crisi l’ha avuta: ci ha fatto scoprire tutti (o quasi) più indebitati, più invecchiati, più inadeguati, più diseguali, più disorientati.

Da questa delusione può scaturire la grande occasione per passare dalla sbornia alla sobrietà, per tornare in se stessi. Dalla caduta degli idoli - il vitello d’oro resta il simbolo adeguato - può nascere l’esigenza forte della domanda di senso, da non ridurre più a pura sensazione. Dalla libertà adolescenziale dell’accumulo di ogni tipo di esperienza ritenuta piacevole, si può forse approdare ad una libertà un po’ più matura che sceglie di autolimitarsi in rapporto alle cose per ritrovare la qualità di nuove relazioni con le persone. La coerenza e l’onestà, squalificate e sbeffeggiate dai troppi “furbi” in circolazione, da virtù dei deboli e degli ingenui possono ritornare ad essere qualità essenziali dell’uomo nel privato e nel pubblico: la crisi globale può costituire l’occasione provvidenziale per tale recupero.

C’è chi soffre davvero nell’attuale crisi, e non vogliamo proprio giocare qui a far i filosofi o i teologi tra le lacrime della povera gente. Ma anche ai poveri, che non hanno neppure il tempo e il modo di fermarsi a riflettere su cause e prospettive, è utile forse far sapere che il problema non è solo economico ma più globalmente e profondamente antropologico, e che la soluzione non deriverà solo dal recuperare lavoro e soldi, ma dal recuperare il che cosa farne del lavoro e dei soldi. Dobbiamo riscoprire che cosa vale davvero nella vita, se la quantità di cose che abbiamo o non abbiamo, oppure la qualità della vita che facciamo. La grande crisi che ha coinvolto ogni settore può davvero diventare la grande occasione per ricostruire un uomo andato in pezzi. Non si tratta di buttare né il denaro né la tecnica né la politica né la cultura: si tratta di restituire tutto questo a persone e a popoli che se ne sappiano servire nella libertà responsabile, nella responsabilità verso se stessi e verso gli altri, nella solidarietà con chi è meno fortunato.

L’ascesi, da pratica tradizionalmente monacale e religiosa, è uscita per le strade ed è entrata oggi in tante famiglie, costrette a fare “rinunce” che, pur non scelte volontariamente, possono avere un valore autenticamente umanizzante, e quindi anche religioso, da non trascurare. Il periodo difficile che stiamo attraversando può acquistare il senso di una provvidenziale purificazione, e la ripresa - che tutti ci auguriamo non troppo lontana - speriamo non sia solo economica, ma pienamente umana. Questa è la reality con la quale dobbiamo riprendere contatto, non lasciandoci rubare cervello e cuore da promesse illusionistiche del “Grande Fratello” di turno. La grande crisi può e deve diventare la grande occasione per recuperare libertà, dignità e umanità. Solo così non saranno stati inutili i sacrifici di questi ultimi anni. Si può fare.