Qui si dice e qui si nega

Su varie affermazioni di Saverio Bonazzi (MC 3, p. 64) non sono d’accordo. La situazione è precipitata negli ultimi vent’anni, ma è anche vero che il disastro è stato preparato dal dopoguerra in poi: il debito pubblico non è un’opinione né una favola, e non è nato negli ultimi decenni. Sulle pensioni, ad esempio, paghiamo, e a caro prezzo, le pensioni baby dei pubblici dipendenti che, fino alla prima riforma Dini, e cioè fino al 31/12/1992, potevano andare in pensione con 19 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi (se donne coniugate con prole) o con 24 anni 6 mesi e 1 giorno. Col risultato che donne di 40 anni andavano in pensione e, dato l’innalzamento dell’età media, ci sono floride signore di 60 anni pensionate da 20 e con una aspettativa di vita di altri 25 anni. Certo, passare allo stato attuale in cui io, dipendente pubblica, con le norme di oggi andrò in pensione a 67 anni e qualche mese è piuttosto dura (e con una pensione di molto inferiore a quella di cui godono le baby pensionate), ma non so se ci siano reali alternative. E soprattutto non sono molto ottimista in proposito e temo che, purtroppo, chiunque sia al governo non si darà da fare per modificare la situazione, perché, forse, farà comodo che il lavoro sporco sia stato fatto dal governo tecnico, e nessuno trova i soldi sotto i cavoli.

Poi sarebbe bene cominciare seriamente a porsi il problema dell’evasione fiscale, visto che il nostro nucleo familiare, due lavoratori dipendenti pubblici e un figlio studente, risulta molto, molto più ricco, e paga di conseguenza tutto ciò che c’è da pagare, di una lunga serie di commercianti, artigiani e liberi professionisti con moglie e figli a carico, auto di lusso, tre mesi di vacanze estive più vacanze invernali ecc. ecc.

Lucia Lafratta - Imola

Leggo con molto interesse la vostra bella rivista da tempo. Spesso i vostri articoli trattano la biografia di uno dei vostri confratelli, molti dei quali ho conosciuto frequentando la parrocchia di San Giuseppe Sposo a Bologna, quando vi abitavo prima di trasferirmi a Ravenna. Ma non ho mai letto alcun ricordo del frate cieco che, già missionario in Kambatta-Hadya, visse a lungo nell’infermeria del convento di Bologna continuando occuparsi delle comunità missionarie in Etiopia con struggente nostalgia, nel rimpianto di averle dovute abbandonare per motivi di salute. Padre Giancarlo Davide Guidi fu sacerdote di grande fede, rigore morale, intransigenza dottrinale, ma anche ricco di comprensione e umanissima pietà e ha lasciato in chi ha avuto modo di frequentarlo il ricordo di un esempio luminoso. Perché non scrivere di lui?

Angela Giorgioni - Ravenna

Questa pagina è a disposizione per un confronto di opinioni sull’attualità anche politica, sociale ed economica. Con piacere pubblichiamo dunque il parere di Lucia, diverso da quello di Saverio Bonazzi, a proposito di pensioni. La pagina resta a disposizioni per altri interventi.
Ad Angela, di Bologna e poi di Ravenna, ricordo che la necrologia di padre Giancarlo Davide Guidi è stata pubblicata in occasione della sua scomparsa e la può trovare in MC 7 del 2007 alle pp. 52-53. Può darsi che in futuro Nazzareno Zanni, curatore della rubrica “In convento”, trovi qualche “fioretto” anche di abba Davide da pubblicare.

padre Dino Dozzi