Porto di mare per conoscere il mondo

Breve storia dell’EMI Editrice Missionaria Italiana 

di Francesco Grasselli
già direttore della EMI

Image 169Eravamo in pochi

Quello era il mio territorio di missione. Tra le camere da letto dei Padri missionari, al secondo piano, una stanza disadorna era stata trasformata nel mio ufficio. Fuori, alle pendici del Colle della Guardia, sul quale si alza leggero il santuario di San Luca, la quieta campagna bolognese, appena fuori dal frastuono della città.

Da lì guardavo il mondo. Arrivavano libri da ogni dove, ma libri ancora da fare, libri nella mente dei loro autori, libri che cercavano una veste per presentarsi con decenza ai lettori: il tavolo e le sedie erano sempre colmi di manoscritti e di bozze.

Eravamo in pochi nella prima sede dell’EMI: al pianterreno, nella stanza che ora è diventata una cappella, c’era Ottavio, padre e factotum della nuova creatura; a due passi, in un ampio salone, Roberta, alla contabilità, e Giovanna - che Dio l’abbia in gloria per la sua materna dolcezza - alle vendite.

Correva l’anno… Ma gli anni corrono sempre troppo e siamo a quarant’anni da allora. E allora, come adesso, l’impresa era stupenda e impossibile: scoprire e far scoprire che il mondo è uno, la casa di tutti; capire e far capire che siamo tutti fratelli e sorelle, ma tanto diversi che non ci riconosciamo, se un Padre, Dio, e una Madre, la Chiesa, non se ne fanno testimoni; dire a noi stessi e gridare sui tetti che la fede - ogni fede - è ben strana dottrina se divide gli uomini, separa passato e futuro, mette inimicizia fra la natura e la storia.

Quella casa a metà collina sembrava una nave, in realtà era un porto di mare. Quante persone incontravamo! Cito le più note: Raoul Follereau, madre Teresa, l’abbé Pierre, Helder Camara. Era la prima fase dell’EMI, quella dei grandi messaggi e dei credenti credibili. Si cominciava a capire che eravamo noi, l’Occidente, ai margini del mondo e che i poveri coprivano quasi l’intera faccia della terra. I libri di Piero Gheddo o di Giorgio Torelli portavano alla ribalta la fame del mondo e l’epopea nascosta dei missionari; i quali venivano - trent’anni in Sudan, venti in Bolivia, cinquanta in Kenya, venticinque in India… - tutti con i loro manoscritti (ma proprio scritti a mano e in un italiano incerto per la lunga lontananza dalla madrelingua) a parlarci non più di tigri e di leoni ma di oppressi e oppressori, di lotte quotidiane per la vita e di battaglie storiche per l’indipendenza… Arrivava però anche, ospite inatteso, alto e dinoccolato, il professore di Oxford a cercare i testi etnologici di padre Santandrea o di padre Giorgetti; e arrivavano i linguisti italiani, pretenziosi quanto incerti, a proporre le prime grammatiche di kiswahili o di cinese.

Crisi adolescenziale

Intanto l’EMI cresceva e aveva crisi di adolescenza. padre Ottavio Raimondo, seguendo la sua primaria vocazione, era partito per il Messico e sulla fragile barca salivano i “reduci dalle nazioni”: padre Luca dal Giappone, padre Catellani dagli Stati Uniti, padre Vittorio da Hong Kong, padre Acerbi dall’India, padre Tietto dal Tanzania… Un avvicendarsi di sensibilità e visioni che portò l’EMI alla seconda fase: quella dell’interculturalità, dell’aria nuova che le culture “altre” potevano far entrare nelle stanze chiuse della vecchia Europa. Cominciammo con le poesie e le favole. Padre Luca, padre Danieli e padre Riccò ci portarono “sulle spiagge dei mondi” e con “il flauto magico” ci fecero scoprire armonie d’altri luoghi. Le Favole dal mondo irruppero nelle scuole italiane per dire a maestri e alunni che la sapienza dei popoli può viaggiare su ali leggere. Padre Zanotelli protestava, come se l’EMI fosse diventata frivola mentre la misura dell’ingiustizia si faceva sempre più piena; ma padre Silvano Galli e don Vittorio Maconi invitavano a scavare sempre più e sempre meglio nell’inesausta miniera delle tradizioni orali.

Dall’America Latina arrivò padre Tassi e le vocazioni dell’EMI si ricomposero. I Quaderni ASAL, Battesimo di sangue di fra Betto, Nunca más, La povertà ricchezza dei popoli di Albert Tévoédjré e tante altre voci dal Sud e dal Nord del mondo mettevano insieme la necessità di una rivolta e l’impegno alla reciprocità dei doni.

Image 174Terza fase

Intanto l’EMI non era più nella gloriosa sede di via del Meloncello 3/3. Vagava di sede in sede, sempre a Bologna, cercando l’ubi consistam. Non faceva più capo solo ai quattro più antichi Istituti missionari di origine italiana: la cooperativa si era allargata a tutti i quattordici o quindici Istituti missionari presenti in Italia, e aveva l’ambizione di rappresentare l’intero mondo missionario italiano. Da questo più ampio seno nasceva Ad Gentes, rivista di teologia e antropologia della missione, luogo di incontro e di passione di teologi e missionari; nasceva MISNA (Missionary Service New Agency), che si sarebbe più tardi staccata dall’Editrice come Eva dalla costola di Adamo.

Eravamo, ormai, alla terza fase. Ne erano focus i “nuovi stili di vita”. Gli ispiratori, almeno per l’EMI, furono - primi anni ’90 - don Giulio Battistella e padre Meo Elia. Io ci misi del mio quando convinsi don Giulio a dare all’EMI il primo libro, proprio con quel titolo, uscito in Italia, che egli stava per cedere a una piccola editrice laica e “rivoluzionaria” di Vicenza. Lo convinsi dicendogli che così quel libro sarebbe diventato un capostipite. E chi può negargli questo onore davanti ai tanti valorosi libri di Francuccio Gesualdi (Centro Nuovo Modello di Sviluppo), a Futuro sostenibile del Wuppertal Institute, ai testi di Serge Latouche, di Christoph Baker, di Gianfranco Bologna e a quelli dell’intera collana Giustizia, Ambiente, Pace?

Il destino dell’EMI è “precedere il futuro”, destino che è capito solo “dopo”, come quello dei profeti, che hanno sempre un po’ da soffrire, ma non possono mai arrendersi, neanche quando vorrebbero, perché Dio non lo concede.

Da tanti anni, dal 2004, sono ormai fuori dall’EMI. Padre Ottavio è a Bari, Roberta in pensione, Giovanna in cielo. Io non vivo di ricordi, ma so che i ricordi possono far bene all’eternità.