Farsi poveri per essere maestri

La povertà come necessità o come scelta verso nuovi stili di vita

di Adriano Sella
saveriano, coordinatore della Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita 

Image 101Precisazione

È necessario fare una chiarificazione: bisogna distinguere tra miseria e povertà. La miseria è una situazione di vita pessima, da non augurare a nessuno, perché si tratta della peggiore piaga, in quanto uno diventa dipendente da tutto e da tutti. La miseria logora non solamente la dignità umana, ma anche le capacità intellettive, rendendo la persona incapace, anche a livello mentale, di mettere in atto azioni e potenzialità per uscirne. Insomma, la miseria conduce ad un degrado progressivo della persona a tutti i livelli. Oggi bisogna parlare di miseria economica che colpisce ancora molto il Sud del mondo; ma anche di miseria relazionale che dilaga soprattutto nel mondo occidentale, generando gli stessi effetti degradanti dall’altra miseria.

Mentre la povertà, pur con poche risorse economiche, non intacca le capacità intellettuali come pure le varie potenzialità della persona; fa sentire la persona bisognosa degli altri, l’apre all’incontro: chi è povero cerca la relazione e si lascia aiutare dal prossimo, cercando di affrontare i problemi non da solo ma insieme con gli altri, anzi cercando alleanze per poter migliorare la vita. La ricchezza ha la tendenza contraria di far percepire che la persona è autosufficiente e quindi autonoma, fino a farla considerare indipendente da tutti. E quindi si isola, non ha bisogno di nessuno, non si rapporta con gli altri e cade nella solitudine.

In moto la creatività

I poveri per necessità sono coloro che, disponendo di poche risorse economiche, si rendono disponibili e aperti all’aiuto degli altri, anzi sentono la necessità di percorrere la strada delle relazioni per poter affrontare meglio la propria situazione. Sono come gli ‘anawin dell’Antico Testamento che, pur vivendo una situazione di povertà, si affidavano a Dio. I poveri non si disperano di fronte ai problemi della vita, ma aprono le mani per incontrare altre mani tese, con la disponibilità di imparare strade nuove, affidandosi alle mani solidali degli altri e di Dio.

Sono coloro che, provocati dalla crisi di oggi, non si disperano ma rivedono la propria vita e cercano di cambiarla, mettendosi insieme con gli altri per formare i gruppi di acquisto solidale, per esempio, in modo da fare la spesa insieme, direttamente dai produttori e riuscendo ad avere prodotti di qualità con costi minori perché si tratta della filiera corta, scegliendo prodotti etici che rispettano la natura e i diritti dei lavoratori, pagando un prezzo giusto ai produttori.

Sono coloro che, mossi dalla necessità del lavoro, hanno messo in moto la creatività, cercando o inventando nuovi lavori: la chiamano la disoccupazione creativa, magari ritornando alla campagna, riscoprendo la bellezza di coltivare la terra a contatto con la natura e con ritmi lavorativi finalmente umani. Sono coloro che lasciano a casa l’automobile, a causa del caro benzina, e utilizzano i mezzi pubblici, oppure i piedi e la bicicletta, riscoprendo la bellezza di una mobilità sostenibile che crea tre vantaggi: più salute alla persona perché camminano e vivono relazioni, più salute all’ambiente perché inquinano meno, e più salute al portafoglio perché spendono meno.

Sono coloro che bussano alla porta del vicino per chiedere un aiuto con la disponibilità a contraccambiare, generando incontri, solidarietà e amicizia con i vicini di casa. Sono coloro che, non potendo avere tante cose, si arricchiscono di relazioni, riscoprendo così che la vera ricchezza non è quella economica ma quella relazionale: creano ponti con gli altri mediante il saluto, promuovono i condomini solidali in modo che le famiglie possano incontrarsi e vivere in maniera comunitaria diversi momenti della settimana, risparmiano mediante la condivisione di tanti strumenti che costano. Sono coloro che riscoprono il riutilizzo delle cose, superando la terribile e dannosa logica dell’usa e getta. Mettono in piedi varie forme del baratto per condividere le cose, generando incontri e solidarietà mediante gli oggetti. Questi modi di vita creano due effetti positivi: danno lunga vita alle cose e generano risparmio familiare e personale (oggi sono in aumento i mercatini e negozi dell’usato e del baratto).

Image 104La libertà dei poveri

Ci sono poi i poveri per scelta, e questa ha anche una dimensione evangelica. La beatitudine evangelica non ha nessuna intenzione, secondo gli esegeti, di esaltare la situazione di quella povertà che significa miseria, sofferenza, mancanza di dignità umana e sottomissione. Anzi, la beatitudine annuncia proprio la liberazione da quella realtà dolorosa, come la terribile schiavitù in Egitto, mediante la missione di Gesù Cristo, il Liberatore, che deve essere continuata con l’opera della sua Chiesa. Il vangelo indica due strade: la sobrietà riscoprendo l’essenzialità della vita e la condivisione mediante la giustizia.

I poveri per scelta intraprendono due percorsi. Il primo è la sobrietà che non è privazione ma liberazione da tutto il superfluo. La sobrietà fa riscoprire che le cose sono solamente utili, mentre l’essenziale sta nelle relazioni umane perché sono l’ossigeno della vita. Il secondo percorso è la condivisione della ricchezza non attraverso l’assistenzialismo che è porsi sempre in una posizione di benefattori, ma percorrendo la strada della giustizia sociale che è far uso di meccanismi economico-finanziari giusti.

Inoltre, essi scelgono come paradigma di vita: più relazioni e meno cose, in modo da riempire la propria casa di tante relazioni e affetti umani, dando attenzione agli altri, familiari e non; spegnendo, per esempio, la tv durante i pasti per accendere le relazioni familiari; condividendo le proprie cose, prestandole o scambiandole, con i vicini di casa, generando un buon vicinato. Sono coloro che decidono di fare i consumatori responsabili, pagando un prezzo giusto ai produttori del Sud del mondo, scegliendo il commercio equo e solidale, come pure ai nostri produttori mediante i prodotti della filiera etica corta, attraverso i gruppi di acquisto solidale o facendo la spesa nei mercati degli stessi produttori, facendo giustizia con la terra mediante i prodotti biologici.

Sono coloro che fanno un’impresa differente, utilizzando il criterio dell’etica come fonte di produzione e non il solo profitto, mettendo insieme il valore economico con i diritti dei lavoratori e il rispetto del territorio, per una vita condivisa e felice.

I poveri, per necessità o per scelta, sono coloro che stanno percorrendo la strada dei nuovi stili di vita e stanno delineando un futuro davvero sostenibile, solidale e giusto per tutta l’umanità e per la madre terra. Per questo sono diventati i maestri di oggi di nuovi stili di vita.

Dell’Autore segnaliamo:

Miniguida dei nuovi stili di vita
Monti, Saronno 2010, pp. 96