Senza agorà, niente futuro
Radiografia di un’involuzione sociale che crea povertà
di Nerio Tura
direttore della Caritas della diocesi di Faenza
Difficoltà di partecipazione
È duro riconoscerlo, ma l’orizzonte della povertà va progressivamente allargandosi. È giusto parlare di povertà economiche, molte delle quali inevitabili conseguenze del sogno infranto di poter spendere di più di quanto si possa, nella rincorsa suicida al forsennato consumismo. Consumare, consumare, consumare! Si sta tornando coi piedi per terra.
Molte persone si accorgono di essere più povere di diritti perché percepiscono che all’insufficienza di risorse economiche si accompagna la difficoltà a partecipare alla vita pubblica. La persona che lotta per la sopravvivenza riscontra maggiore difficoltà a sentirsi parte viva e attiva della società dalla quale non è sostenuta, considerata, quasi vivesse ai margini. Disagio e umiliazione. Il povero è un escluso. I poveri possono aspettarsi di essere aiutati per bisogno o per diritto? L’attenzione alla povertà non è questione di accesso alla beneficenza pubblica, ma di superamento di ingiustizie ancora diffuse e, purtroppo, in questa situazione sociale, crescenti. Gli operatori sociali della Caritas verificano ogni giorno che la povertà è persistente violazione della dignità umana.
Molti si svegliano e si accorgono di non essere più membri della famiglia fondata e accompagnata per molti anni. Ogni legame di amore e affetto è infranto (era vero amore?). La frustrazione del fallimento, soggettiva e di relazione, sembra consigliare nuove esperienze. Saranno stabili? Di sicuro, le conseguenze della fragilità familiare generano una disuguaglianza di genere. Nelle separazioni, alle madri è spesso lasciata di fatto la crescita dei figli, malgrado l’affido congiunto. E su di esse pesa enormemente la fatica di conciliare responsabilità di cura e lavoro. La crisi economica ha aggravato questa situazione, con maggiori barriere negli accessi al lavoro, penalizzando soprattutto le donne nei processi di razionalizzazione del lavoro eccedente, nelle ristrutturazioni e nei trasferimenti delle produzioni. Ma non va dimenticato che alle mense dei poveri si trovano sempre più spesso anche mariti senza casa.
La mancanza del dialogo
Manca l’agorà, il luogo del dialogo, del confronto, della condivisione, per una presa in carico comunitaria. Ogni persona, famiglia, gruppo si chiude sempre più nel suo fortilizio da difendere. Si gioca in difesa per paura che l’incontro turbi la mente o la coscienza. Cessano le relazioni umane, da persona a persona, e ci si butta nella tecnologia digitale. Si scrive in rete, ma non si dialoga. Ragazzi che di notte navigano, twitterano o giocano alle varie lotterie. Vergognoso che siano le istituzioni, il governo a promuovere la corsa al facile, quanto illusorio guadagno, che invece porta alla dipendenza. Ludopatia e usura sono spesso le inevitabili conseguenze della corsa al gioco, fenomeno purtroppo crescente.
Anziani che crescono di numero ma sempre più soli. Pochi i disponibili ad offrire e rinvigorire vita ai loro anni. Un isolamento che unito alle scarse risorse porta al declino fisico, psichico, fino al “lasciarsi morire”. L’attività della Caritas costata spesso che molti anziani, con gravi limitazioni, non sono aiutati, né da reti informali, né da servizi a pagamento, né dalle strutture pubbliche.
Cinquantamila clochard (solo in Italia), il popolo delle stazioni, dei sottopassi, dei ponti che a volte rifiutano l’aiuto amichevole perché ti considerano comunque un ipocrita che intende purificare il proprio egoismo con un piatto di minestra. Cresceranno? Penso di sì.
C’è poi la povertà degli stranieri. La fetta più consistente di utenti Caritas è costituita proprio da loro, che affollano i centri di ascolto e i servizi di aiuto, secondo modelli legati al mercato del lavoro, all’offerta del sistema locale di welfare, alle dinamiche migratorie e ai percorsi di inserimento nelle varie comunità nazionali. La crisi continuerà a colpire duramente gli immigrati, determinando gravi situazioni di impoverimento al limite della sopravvivenza, di rottura di nuclei familiari, di conflittualità crescente, familiare, intergenerazionale.
Vi è poi il mondo della disabilità, molto complesso e articolato. La logica dell’efficientismo è oggi estremamente pericolosa, perché emargina e licenzia, con qualunque pretesto le persone meno “produttive”. Meno lavoro e meno servizi. Le difficoltà di inserimento lavorativo di persone disabili, delle cooperative sociali ne sono la dimostrazione.
Ma ciò che desta maggiore preoccupazione sono le povertà giovanili. I giovani pagano in misura più elevata la crisi. Le vulnerabilità dei giovani stanno frenando lo slancio dell’Italia verso il futuro.
Giovani sospesi
Oltre la metà dei giovani rimane ancorata al ceto sociale da cui proviene e una parte è costretta a scendere ad un gradino di benessere inferiore rispetto ai genitori. Aumento della disoccupazione, carenze di prospettiva di inserimento professionale, migrazioni forzate, difficoltà di aggregazione sociale. Due milioni di NEET (not in education, employment or training): persone in età attiva che non ricevono un’istruzione, non hanno un lavoro e non stanno cercando un’occupazione. Verso questi giovani viene usato dai media l’aggettivo “invisibili”, perché non iscritti in alcun elenco di strutture pubbliche o private. Invisibili, cioè che non si vedono, ma ciò che è più grave è che non si vogliono vedere, non interessa vederli. Trecentomila giovani che non conoscono la tecnologia digitale, non hanno mai letto un libro, mai teatro o cinema.
C’è poi un “disagio dimenticato”, la condizione giovanile nelle aree montane e più disagiate. Oltre alle cause sopra citate va considerata la forte esposizione al potere attrattivo delle aree metropolitane; coinvolgimento in contesti aggregativi potenzialmente devianti; aumento della dipendenza da consumo di alcool; diffusione crescente di povertà spirituali e culturali.
La questione giovanile appare in questa fase drammatica. Una generazione sempre meno convinta dell’importanza dell’istruzione, dell’apprendimento, della formazione sarà una generazione sempre più esposta ai fenomeni di povertà ed esclusione sociale. L’Italia sarà più povera; chi non si cura dei propri figli, non ha prospettiva, non ha futuro, perché solo i giovani possono costruirlo.