Fidarsi di aprire le porte

Lo Spirito dà la vita e scova il bene ovunque si trovi

di Marinella Casadei
docente di Lingue bibliche all’ISSR “Sant’Apollinare” di Forlì

Image 034Incontro alla nuova vita

Giovanni è insieme a Paolo colui che nel Nuovo Testamento dà più importanza e chiarifica il senso e l’azione dello Spirito nell’opera di salvezza di Gesù. I grandi temi giovannei, il Figlio che rivela pienamente il Padre, la testimonianza della verità di fronte al mondo, il rimanere degli amici di Gesù in lui, sono tutti intrinsecamente legati alla visione chiara della presenza e dell’opera dello Spirito. Non è quindi un caso che due grandi quadri giovannei di dialogo, quelli del capitolo 4 (il dialogo con la samaritana) e del capitolo 6 (il dialogo nella sinagoga di Cafarnao) abbiano entrambi, oltre alle forti insistenze sul tema della vita (l’acqua della vita lì, il pane di vita qui), anche un riferimento finale e fondamentale allo Spirito e alla sua opera, opera di testimonianza, di vivificazione e di glorificazione. In entrambe le pericopi il senso dello Spirito è nel rivelare la verità dell’amore di Dio in Gesù e nel far approdare colui che lo incontra alla vita nuova. Di questo dinamismo c’è una parte di promessa, coniugata al futuro, e una parte che già si realizza ora, sia nella verità (la rivelazione e il suo accoglimento) che nella vita (la partecipazione alla vita divina). Le parole di Gesù sono così dette “spirito e vita” (nello stesso versetto 6,63) perché in esse viene comunicato a chi ascolta e accoglie il dono dello Spirito, che conduce nella nuova vita di figli di Dio. Questa vita nuova è opposta alla carne, intesa qui non nel senso della corporeità, ma della condizione di fragilità, debolezza, pesantezza, dell’essere segnati da ciò che può limitare e rovinare il dialogo tra Dio e l’uomo. Con un linguaggio moderno, diremmo la necessità biologica che vuole farsi legge, l’istinto lasciato a se stesso, la pulsione non governata, la consuetudine e il determinismo presi come unici padroni.

Se vita è qui un concetto opposto a carne, come libertà è opposta a necessità, scelta opposta a bisogno, dono gratuito opposto a istinto e dominio, lo Spirito è colui che conduce la persona in questa nuova dimensione, che scaturisce dall’essere figli di Dio in modo radicalmente nuovo, come lo è Gesù, «via, verità e vita» (14,6): una dinamica che ha il suo cuore nella Pasqua di Gesù.

È questa la prima opera dello Spirito: ricordarci il dono della libertà nella relazione di amore con Dio e il dono della sua forza, che agisce in noi in modo intimo, modificando la stessa percezione di sé, spezzando le abitudini consolidate e i meccanismi consueti dovuti alla paura e al sospetto. In questo modo, si scopre, sempre di nuovo, che vita è ben più della semplice esperienza del vivere biologico.

Ricevete lo Spirito Santo

Questa vita è data dallo Spirito, è una vita che si può attuare solo nello Spirito, che viene comunicato e condiviso da Gesù morto e risorto (Gv 19,30: «Consegnò lo Spirito» e 20,22: «Soffiò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo»).

Il discorso di Gesù in Gv 6 è duro, difficile, non c’è ancora o non del tutto quella sintonia che deriva dall’essere nello Spirito, una difficoltà dichiarata spudoratamente e senza mezzi termini dagli stessi discepoli. Nell’ottica post-pasquale il discorso è chiaro: solo nella dinamica pasquale l’apertura alla vita vera diviene nel discepolo una condivisione della vita di Gesù. Alla domanda, quasi sconvolta, “ma chi può star dietro a queste parole?”, che i discepoli si pongono (cf. 6,60), risponde Gesù: “Le mie parole sono spirito e vita” (cf. 6,63). Gesù propone, su di sé e sulle sue parole, un rovesciamento di prospettiva che alcuni non sono disposti ad accettare: molti si tirano indietro (6,66). Alcuni, però, di fronte alla domanda accorata di Gesù, «Volete andarvene anche voi?» (6,67) rispondono: «Ma da chi possiamo andare? Tu solo hai parole di vita eterna!» (cf. 6,68). Le parole di Gesù hanno smosso qualcosa in tutti gli ascoltatori: alcuni si sono fatti impaurire, altri si sono lasciati provocare, altri si sono aperti a una dinamica nuova.

Image 038Affidarsi e rischiare

Vale anche per noi questa dinamica nuova? Anche noi possiamo, nel nostro presente, continuare a riconoscere e sperimentare lo Spirito di Gesù come Spirito della vita?

L’opera dello Spirito non è mai conclusa, è per essenza ciò che continuamente si alimenta e ricrea. Molte volte ci troviamo nella situazione di dire: «Questo discorso è difficile, non fa per me, non me la sento». Temiamo di abbandonare le nostre certezze, vediamo il superamento di un’ottica limitata come un pericolo e non come una risorsa. Costruendo la nostra identità e la rete delle nostre relazioni personali, tendiamo a cristallizzarci, a fossilizzare anche ciò che ci è più caro, purché non sia messa in pericolo la relativa stabilità del nostro assetto. Quello che rimane lo chiamiamo “vita”, ma chi concepisce la propria esistenza come sopravvivenza biologica, soddisfacimento dei bisogni, limitazione al dato di fatto, è ben lontano dall’esperienza di ciò che la vita è. Solo lo Spirito donato dal Risorto apre a questa realtà.

Aprirsi alla comprensione che lo Spirito è colui che dà la vita significa riconoscere il bene dovunque sia. Anche dove non si sarebbe pronti a scorgerlo, anche dove non fa comodo che sia. Ed è una vita dirompente, che spezza le categorie che hanno fino ad allora tenuto al sicuro. Ne abbiamo esempi, tanti, attorno a noi. Lo Spirito vede il bene anche quand’è nascosto, non espresso, non ancora realizzato: credendo in esso, lo porta all’essere.

Viviamo in un’epoca di sospetto e insegniamo ai nostri figli a diffidare; ma questo è un peccato, perché sospettando e diffidando uccideranno il bene attorno a loro. Fidarsi, affidarsi, rischiare, sono i modi in cui si fa spazio all’agire dello Spirito. Se non diamo mai questo spazio, non consentiamo allo Spirito di agire: gli tarpiamo le ali. Chiudere tutte le porte fa stare al sicuro, ma non consente al vento di entrare; e sappiamo che il vento quando entra scompiglia tutto, ma quello che si origina spesso è proprio l’imprevisto che dà una prospettiva nuova sulle cose e su di sé.