Anche alcuni nostri giovani frati hanno partecipato all’incontro della Comunità di Taizé a Roma a fine dicembre e sono rimasti colpiti dalla bellezza del mosaico soprattutto umano.
Due dottorande stanno studiando la figura di Cesare Magati, un luminare della scienza medica, che tra Cinque e Seicento si fece frate a Bologna. “Fioretti cappuccini” ci racconta come frate Francesco vide un asino volare. Cesena non vedrà più per le sue strade padre Antonio Stacchini, saio sbiadito, barba bianca, un sorriso per tutti.

Nazzareno Zanni

Il mosaico in armonia

La diversità nella comunione è simile a un’opera d’arte

di Andrea Gasparini
frate cappuccino di Genova, studente di teologia a Scandiano

Image 126Dettagli imprecisi di una perfezione corale

In queste giornate romane di fine dicembre il sole splende e riscalda, e anche quando cala il buio il clima non è poi così freddo. Noi, studenti di teologia e postnovizi cappuccini provenienti da Scandiano e da Milano, siamo arrivati qui assieme a Matteo Ghisini, Ministro provinciale dell’Emilia-Romagna, dopo aver viaggiato tutta la giornata, per partecipare all’incontro annuale promosso dalla Comunità di Taizé.

Entrando in una delle basiliche di Roma, Santa Maria Maggiore, per partecipare alla preghiera serale, la ricca pavimentazione cosmatesca è forse una delle ultime cose che si notano. Nella penombra di questa antichissima, splendida chiesa, centinaia di persone si stanno radunando e si siedono per terra riempiendo poco a poco gli spazi vuoti. Alcuni giovani stanno accendendo dei lumini da collocare attorno alla croce e sulle balaustre. Il pavimento, ora coperto dalle persone sedute in file serrate, è formato da lastre di marmo che riquadrano disegni geometrici realizzati a mosaico. Le piccole tessere di pietra colorata tagliate a quadrato o a triangolo sono disposte con ordine apparentemente perfetto in modo da formare delle spirali, dei nodi e dei cerchi senza lasciare spazi vuoti tra di esse e senza rompere l’ordine matematico del disegno. Sedendosi a terra e guardando più da vicino, mi accorgo che le singole tessere non hanno una forma così precisa, hanno i bordi smangiati e non sono allineate con precisione millimetrica come potremmo pretendere noi contemporanei, abituati alla tecnologia computerizzata. Eppure l’effetto generale è splendido, praticamente perfetto se pensiamo che si tratta di una decorazione realizzata con pietrine di un centimetro quadro, posta all’interno di una chiesa lunga decine e decine di metri.

Mentre ammiro le decorazioni dell’edificio, il coro sta provando i canti. La ragazza che dirige dà il tempo e gli attacchi alle voci e agli strumenti musicali per comporre le polifonie di cui sono intessuti i semplici ritornelli. Una breve frase tratta dalla Sacra Scrittura o da pensieri dei santi, pochi accordi, il movimento delle voci umane e degli strumenti. A volte la tromba o il clarinetto sbagliano qualcosa; la gente si unisce al canto e senti che non tutti sono perfettamente intonati. Eppure la musica fluisce, riempie lo spazio sacro e scende nel cuore e insieme a essa è un contenuto, un messaggio, un pensiero di fede che passa e penetra. Più ancora, si avverte una presenza con la quale dialogare e alla quale affidarsi.

La preghiera prende l’avvio con l’oboe che dà l’intonazione per cantare il primo ritornello, poi prosegue con letture e canti fino a giungere al momento più intenso, quegli attimi di silenzio nei quali può fiorire un incontro più personale con il Signore, un incontro al quale ci hanno condotto la preghiera fatta insieme ad altri fratelli e l’ascolto della Parola fatta risuonare dalla Chiesa attraverso i secoli. Sabato sera in piazza san Pietro alla preghiera presieduta dal Papa c’erano cinquantamila persone; quando è arrivato il momento della preghiera silenziosa, chiudendo gli occhi potevi pensare di essere solo: si udiva lo scorrere dell’acqua delle fontane e nulla più. In realtà quello non è il silenzio di chi è solo, ma il silenzio di chi sta gustando un abbraccio.

Padre per tutti

L’esperienza di Taizé da oltre settant’anni riunisce in preghiera attorno alla croce di Gesù giovani da tutta Europa e di tutte le confessioni cristiane. Quello di quest’anno è il trentacinquesimo appuntamento che la Comunità di Taizé dà per pregare insieme, incontrarsi e ritrovarsi all’arrivo dell’anno nuovo in città importanti del continente. Un pellegrinaggio di fiducia sulla terra che vuole portare il messaggio che è possibile vivere in questo mondo sentendosi figli di un unico Dio che è Padre per tutti. A ben guardare, ciò che unisce tutte queste persone è proprio questa fiducia, quest’unica fede nel Dio di Gesù Cristo, un Dio che ha dato fiducia all’uomo e che oggi viene pregato in ogni luogo della terra in tutte le lingue.

Tendendo l’orecchio, si possono ascoltare gli accenti severi dei tedeschi, la parlantina sciolta degli spagnoli, gli intrecci consonantici delle lingue slave, il suono rotondo e delicato dell’albanese. Qualche giovane polacco biondo mi saluta con un «Sia lodato Gesù Cristo» pronunciato in timido italiano. Se stai in ascolto e osservi bene, ti accorgi che anche lì è armonia. La diversità delle lingue, che magari non sempre riescono a comprendersi vicendevolmente, ma che sempre tentano di comunicare qualcosa. I tratti dei volti, così differenti e vari, attraverso i quali puoi tentare di distinguere le nazionalità e le identità, ma nei quali puoi sempre riconoscere un tuo simile. Nella diversità, malgrado le sbavature, è armonia. Magari non tutte le tessere di pietra colorata sono ben squadrate, magari non tutte le note sono perfettamente intonate, ma l’effetto è meraviglioso, ed è proprio l’unità nella diversità, la comunione, che fa la bellezza.

Image 135Farsi pellegrini

Gli incontri di capodanno organizzati dalla Comunità di Taizé sono occasioni forti in cui ricordare che la vita è un pellegrinaggio sulla terra attraverso la fiducia in Dio e nel prossimo. Questa fiducia è possibile e lo testimonia questo stare seduti uno accanto all’altro in preghiera, pur venendo da posti così lontani, ciascuno con una storia diversa e con motivazioni non perfettamente coincidenti. Per i cristiani di tutte le confessioni è fondamentale riscoprire le fonti della fiducia in Dio, che non è un semplice sentimento, e rispondere sempre di nuovo a questa domanda: perché credere in Dio?

Dio si è fidato degli uomini: ha messo il suo Figlio nelle nostre mani, mani che non sempre sono quelle premurose e materne della Vergine di Nazareth. Gesù si è fidato degli uomini, perché dietro la loro incomprensione e la loro durezza di cuore ha sempre visto l’essere umano in tutta la sua bellezza e nelle sue potenzialità. Gesù è stato fedele agli uomini: non si è tirato indietro ed è stato con noi fino alla morte. Dio Padre è stato fedele alle sue promesse e ha rialzato Cristo dalla morte. Il cristiano sa che Dio è affidabile e ama l’uomo alla follia e che per questo vale la pena dare fiducia gratuitamente anche all’uomo e amarlo. L’uomo che si affida a Dio e pone la sua esistenza in comunione, mettendo a disposizione tutto se stesso nonostante le sue imperfezioni e stonature, può entrare in un’opera d’arte molto più grande di lui e di cui solo Dio vede il progetto finale. «Farsi pellegrini per creare legami di comunione e di amicizia - ha detto frère Alois in una sua riflessione - è necessario dappertutto: abbiamo bisogno gli uni degli altri perché siamo fondamentalmente dei poveri e, se accettiamo questo, possiamo scoprire che la condivisione e la solidarietà possono farci fiorire come persone e condurci alla gioia di vivere».