Finestra aperta sul bello di fuori

Lo Spirito Santo, garante della comunicazione, valorizza i doni di tutti

di Roberto Beretta
giornalista e scrittore

Image 107Crisi di rigetto

«La Chiesa non è una democrazia». Un tempo questa spiegazione, data allorché qualcuno notasse la scarsa possibilità del “popolo” di interloquire con la gerarchia, acquietava anche me. Poi ho capito che, se la Chiesa effettivamente non è fondata su un meccanismo democratico, non è detto che per questo debba darsi sistemi più difettosi, bensì migliori - semmai - di quella che Winston Churchill definì «la peggiore forma di governo, eccetto tutte le altre sperimentate finora».

Dunque non mi accontento più quando mi dicono - ad esempio - che bisogna obbedire per ascesi e per umiltà; che sopportare e tacere è un ottimo esercizio di virtù evangeliche; che, siccome ha la missione di guidare il gregge dei fedeli, il prete ha ragione finanche nel determinare il colore delle pareti della sacrestia; che l’infallibilità si stende per contagio dalle encicliche papali all’ultimo bollettino parrocchiale. E via dicendo.

Pacifico, no? No. Perché, quando queste cose mi azzardo a dirle ad alta voce, o peggio a scriverle, sembra che parli Lutero redivivo. E allora allargo il discorso andando a bomba, dall’alto (o dal fondo, non so) di venticinque anni da giornalista nel mondo cattolico: spiace dirlo, ma l’opinione pubblica nella Chiesa italiana… semplicemente non c’è! Esistono, sì, una quantità di pettegolezzi da corridoio, di critiche sul sagrato, di lamentele, di maldicenze magari; ma una chiara, schietta, aperta espressione di quanto si pensa è purtroppo assente negli schemi mentali e pastorali della maggior parte delle nostre comunità.

Qualche volta penso anzi che la Chiesa si definisce “corpo mistico” anche per questo: come tutti i corpi, tende ad aggredire e ad espellere tutto ciò che le risulta estraneo, non solo virus e batteri ma pure nuovi organi migliori degli originali, con un meccanismo repulsivo di rigetto che purtroppo però le impedisce spesso di crescere, se non di sopravvivere; al contrario di quanto dicevano le mamme di una volta ai bambini con l’influenza, che la febbre “fa diventare alti” e gli anticorpi rendono più resistenti alle successive epidemie.

L’ufficio reclami in chiesa non c’è. Il dissenso non è previsto. Il diverso parere, quando riesce a intrufolarsi nelle pieghe di qualche assemblea parrocchiale o sinodo diocesano, viene presto circoscritto in un cordone sanitario di parole “neutre”.

E non è nemmeno colpa esclusiva dei preti, che noi laici poniamo spesso su una cattedra di infallibilità anche per evitarci la responsabilità di fare la nostra parte; siamo infatti eredi di un sistema clericale che ha reso persino automatico l’unanimismo, ancorché spesso di facciata, instillando nelle coscienze l’abitudine alla sottomissione come meritoria pratica di mortificazione e un certo senso di colpa per ogni ricerca di autonomia e responsabilità (che non sia quella relativa ai peccati commessi).

Image 109Pecore e non pecoroni

La metafora teologica del gregge è stata presa alla lettera: pecore siete, da pecore comportatevi. E il pastore (automaticamente identificato con la gerarchia) non si contesta mai. Ricordate? Si è persino polemizzato - strumentalizzando vergognosamente il «se non diventerete come bambini» evangelico - con chi auspicava l’esistenza di cristiani “adulti”... E chi allora, se non adulti maturi e consapevoli, sono coloro dai quali ci aspetteremmo una crescita dell’opinione pubblica nella Chiesa?

Ma non voglio essere solo distruttivo, né incitare ad alcuna rivolta; anzi in realtà il mio è un lamento dolente da parte di un addetto ai lavori che vede il suo mestiere di comunicatore - in teoria altissimo: la Chiesa lo chiama addirittura “vocazione” o “missione” - umiliato da una cinica censura («Che ci vuoi fare, è sempre stato così…») e dalla sotterranea ipocrisia di predicare ideali sotto pena di dovere morale - dire la verità senza omissioni, difendere i deboli anche se i potenti sono nostri amici, denunciare le ingiustizie pure in casa propria - e poi addomesticarli quando conviene.

Image 115Via d’uscita

Come se ne esce, dunque? Provo a indicare alcune personalissime proposte per incentivare l’opinione pubblica nella comunità cattolica. Uno: usare i mezzi di comunicazione digitale, che sembrano in sé “deboli” rispetto alla potenza di fuoco di una tv o di un giornale, ma infine funzionano come il classico metodo del passaparola. Discutere sui blog, diffondere opinioni e informazioni alternative attraverso un sito Internet permette una libertà che i media maggiori (compresi quelli cattolici) purtroppo non hanno più. Due: spezzare tutte le barriere, superare ogni confine. Non esiste un “pensiero unico cattolico”, nella maggior parte dei casi ciò che viene spacciato come tale è soltanto un’approssimazione - più o meno riuscita, a seconda dei tentativi - su cui l’ultima parola la deve dire comunque la coscienza di ciascuno. Tre: non leggere solo “buona stampa”, non ascoltare appena Radio Maria, guardare film intelligenti anche se di autori non cristiani, frequentare persone di diversa esperienza umana, insomma aprire le finestre a ciò che di buono e di bello c’è là fuori, persino se apparentemente è “contro” di noi. Il pluralismo è un arricchimento, prima e più che un pericolo; se lo sentiamo come tale (a parte momenti di debolezza psicologica che possono capitare a tutti) forse dovremmo chiederci quanta maturità - e non puro istinto di autodifesa - c’è nelle nostre scelte.

Ancora: acquisire per quanto possibile informazioni dirette e non fidarsi di un’unica fonte, quando si parla di questioni ecclesiali. Perseguire un aggiornamento religioso che permetta di superare il consueto senso di inferiorità del laico di fronte al prete. Ricordare che la pedagogia cattolica, nelle cose del mondo, fa rarissimo uso del manicheo aut aut (o è bianco, o è nero), ma per il solito ammette moltissime sfumature e gradazioni ed eccezioni e situazioni. Essere consapevoli che - al contrario di quanto si pensi e dogmi a parte - la Chiesa ha cambiato parere innumerevoli volte nella storia, e spesso lo ha fatto sulla spinta di stimoli che venivano non solo “dalla base” ma addirittura dall’esterno…

Potrei andare avanti a lungo, però mi accorgo che le mie raccomandazioni - alla fine - sono poco più che norme di buon senso; umanità e cristianesimo vanno a braccetto, come dev’essere e come il metodo dell’incarnazione ci ha insegnato. «La Chiesa non è una democrazia», si esordiva qui sopra; infatti è di più, è un posto dove non vince la massa bensì la voce del singolo acquista il giusto peso e trova il suo spazio. O dovrebbe trovarlo. «Ciascuno sentiva parlare la propria lingua», recita infatti il brano della Pentecoste: la vera opinione pubblica della comunità cristiana è nata lì, lo Spirito Santo come garante della comunicazione.