Opera in tutti senza clamore

Uscire dalle presunte certezze e lasciarci trovare dallo Spirito già rivelato

di Aimone Gelardi
sacerdote dehoniano, moralista

Image 081Rivelazioni ed omissis

Leggi Gioele dove dice «effonderò il mio Spirito su ogni uomo…» con quel che segue, e pensi che quel brav’uomo poteva essere più prudente. Come si fa a scrivere una cosa così senza aggiungere un paio di note, rimandare al Dizionario dei miracoli e dello straordinario cristiano, citare Benedetto XIV, Lambertini, o “Famiglia Cristiana” che si trova anche dal dentista?

Perché? Come perché? Per aiutare a capire che questa cosa dello Spirito effuso su ogni persona, su questi figli e figlie che diverranno profeti, anziani che faranno sogni e giovani che avranno visioni… non va presa alla leggera. D’accordo è vissuto prima che quel papa scrivesse il De Servorum Dei Beatificatione, quel Dizionario non c’era e neanche Famiglia Cristiana a dare qualche dritta su visioni, rivelazioni e fatti straordinari. Ma allora - ripeto - occorreva prudenza, che è anche una virtù morale, se no, come meravigliarsi se qualcuno sale su un fittone e dice d’avere visto, sentito, di dovere riferire… e, se gli chiedi cosa dice, ti risponde citando Gioele. Insomma un conto è dire fanfaluche come a Speaker’s Corner di Hyde Park a Londra, un conto impancarsi a profeti e veggenti, annunciare sciagure o solo l’imminenza della fine del mondo.

Esagerato? Ma se ci hanno rovinato l’autunno con la storia dei Maya e la fine del mondo per il 22 dicembre, che poi non è finito un bel niente… Gioele, senza volerlo i suoi danni li ha fatti, proprio per le note omesse. Avrà ricevuto ordini dal Direttore editoriale: «Niente note: questo è un articolo, pardon, un libro profetico e, se uno non ci crede, peggio per lui».

A Gioele ha creduto anche un paio di mamelucchi lungo i secoli e si sono messi a “profetizzare”: il mondo sta per finire, arriva questo e quell’altro, cade questo e quest’altro, siamo al penultimo papa, arriva Pietro II. Per non dire delle guerre: con quelle non c’è profeta che si sbagli, ce n’è sempre qualcuna qua o là. Altri non vedono, sentono voci e riferiscono: lagne e cose tremende.

La gente, che spesso fa un sacco di fichi col vangelo e «…mah, sarà vero» e «chissà che voleva dire…», quando sente queste cose come minimo si tocca. Se non fa questa cosa scaramantica ma poco elegante, compra la croce di Gerusalemme, quella celtica, il braccialetto di Nazareth, il cornetto napoletano, il quadrifoglio irlandese, l’aglio della Ciociaria, beve l’acqua santa presa in parrocchia o quella di Lourdes che gli ha portato un pellegrino di ritorno, perché «non si sa mai».

Image 087Immagini, sogni e visioni

Si dirà: New Age… Ueh, cristiani pavidi e creduloni, Gioele era uno perbene. Se avesse immaginato come intendono la faccenda dello «Spirito effuso su tutti» certi nostri contemporanei, un paio di note le avrebbe aggiunte.

Come si fa a prendere la frase di uno che si chiama a quel modo e che, per quanto “minore”, è sempre un profeta, per servirsene a sostegno di certe castronate. Yo’el, Gioele, significa “YHWH è Dio” o, secondo altre interpretazioni, rimanda al verbo giurare: cose serie, mica fanfaluche.

Lui ha fatto un discorso importante, chiedete al Direttore di MC che queste cose le ha studiate a Roma, mica a Forlimpopoli, ed è in grado di risolvere i vostri dubbi. Con quel discorso, ha ripreso un augurio di Mosè che, quando ci furono gelosie tra i suoi collaboratori, commentò «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore…!» (Nm 11,29), e ha preparato il discorso di Pietro per la prima Pentecoste (At 3,17ss).

L’ha spiegato un cardinale: per descrivere lo spirito profetico Gioele si serve di immagini, sogni e visioni, che però si possono equivocare. Parlava di conoscenza mistica, secondo la fede. Noi sogni e visioni li intendiamo materialmente. Ma un sogno è espressione di uno stato d’animo, risultato di cattiva digestione, frutto, se volete, di una comunicazione extrasensoriale. Una visione profetica è altro: il veggente penetra con sguardo spirituale i misteri di Dio e della vita, non si limita a osservare le cose dall’esterno, non pensa di possedere Dio e non mette la cresta.

La Chiesa, che distingue tra Rivelazione pubblica e privata, quando ne parla si riferisce all’atto con cui Dio comunica all’uomo, direttamente o attraverso intermediari, i suoi insegnamenti e voleri. Ciò che serve alla salvezza l’ha già detto: «volendo aprire la via della soprannaturale salvezza, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori… Dopo avere Dio, a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei Profeti, alla fine… ha parlato a noi per mezzo del Figlio… L’economia cristiana, dunque, in quanto è alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra rivelazione…» (Dei Verbum I, nn. 3-4).

Le rivelazioni private sono possibili, reali, rare, subordinate alla Rivelazione pubblica, utili ma estranee al deposito della Rivelazione. La Chiesa le valuta con prudenza. Discerne il contenuto (cosa dicono, se la materia è in accordo o meno con la fede e i buoni costumi, con il suo insegnamento, se riguarda cose impossibili); considera l’elemento umano (chi è il veggente: equilibrio psichico e intellettuale, moralità, virtù); accerta gli effetti che producono (quelle vere danno serenità e pace, rafforzano nella virtù, accrescono l’umiltà, fanno poco chiasso…).

Il limite delle rivelazioni private

Rare, le rivelazioni private chiedono cautela. Vanno giudicate alla luce della Rivelazione pubblica: se conformi, possono ritenersi vere; se difformi, devono considerarsi false. La Rivelazione pubblica non dipende dalle private, che non le aggiungono nulla e che la Chiesa non impone.

Possono servire alla fede e alla pietà, aiutare a un’intelligenza più chiara delle verità rivelate. Di solito i teologi riservano alle rivelazioni private solo una fede umana. È bene non essere creduloni e affamati di straordinario, come ricorda san Giovanni della Croce: «chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità».

Anche oggi possono esserci profeti, ma non fanno rumore e non vanno in tv. Parlano di Dio con parole ed esempi che la nostra dissipazione non aiuta a sentire. Sono profetiche alcune cose che accadono, voci di pastori e di anziani, sollecitazioni di giovani, stupori di bambini, se solo volessimo capire. L’epoca post-cristiana è insieme a rischio di credulità e distrazione verso i profeti… minori: dura di cuore con la Verità, si lascia abbindolare da imbonitori e venditori di ciance.

Senza inseguire ciò che è inconsueto, sorprendente, apocalittico, occorre lasciarsi inquietare da voci scomode che insegnano che Dio non è mai totalmente posseduto, che la fede è stoltezza agli occhi del mondo e costringono a ripensare i nostri traguardi, a lasciare le nostre certezze e noi stessi per farci trovare da Dio.