E lavammo il corpo di Armando

L’8 settembre 2012 è stato inaugurato il capanno ricostruito sull'Isola degli Spinaroni, un'importante base partigiana, nelle valli di Porto Corsini (Ravenna) dove fu acquartierato il Distaccamento Terzo Lori della 28a Brigata Garibaldi comandata da Arrigo Boldrini, il Comandante Bulow. La denominazione Spinaroni deriva dal fatto che allora c’era una fitta boscaglia di olivelli spinosi, gli “spinaroni”. Da qui partì la battaglia che portò, il 4 dicembre 1944, alla liberazione di Ravenna. I nonni di Francesca, rifugiati con molti altri in una grande casa di valle, diedero supporto ai partigiani preparando il pane e aiutandoli come potevano. Dai dialoghi con i nonni è nato il testo scritto e recitato da Francesca.

di Francesca Mazzoni
scrittrice e attrice

Image 222«Nonna, prendi l’ombrello che fuori piove».

«Mo cosa vuoi che mi facciano due gocce d’acqua dopo che ho fatto la guerra!».

Ed io la guardo, la testa bruna scoperta sotto la pioggia, e me la immagino ragazza, la vedo e la mia nonna non è più solo la mia nonna, è una partigiana.

Pina, diciotto anni, una valanga di fratelli, tutti tabacconi, forti, animali di valle, la valle di Porto Corsini, tutti partigiani, nascosti sull’isola degli Spinaroni, Aramis, Tobruk, Peloni, Kita, Tommy.

La nonna stava in un isolotto vicino, in venti in una casa “che c’era da pestarsi” e lei, la zia Gianna, la Berta, la Clelia, la Rosa di Jaky, preparavano il pane per i partigiani nel forno a legna.

«Beh, e tua cugina Norina?».

«La Norina viveva agli Spinaroni, l’era come un oman», era come un uomo, non aveva paura di niente! Su e giù con la bicicletta a portare le armi e gli ordini di Bulow che era una fatica boia perché non si trovavano più camere d’aria e dentro i copertoni ci mettevamo la paglia. Mo la Norina non c’aveva paura di niente. Era bella, mora, gli occhi verdi e due tettone grandi che i fascisti, quando la fermavano, non capivano più niente, vedevano solo le tette e la palpavano facendo “popi popi”. E lei rideva rideva, faceva finta di fare la braghira e la facevano passare. “Toccate, toccate, bastardi, che tanto la roba ce l’ho nascosta più sotto. Ciapa in te cul!”. Norina Trombini, nome di battaglia Ortensia, Medaglia d’Argento al Valore Militare.

Image 229La mia nonna partigiana era sposata a una camicia nera. Ma sì, a una camicia nera. Mo no che non era un fascista! Figurati se la Pina si sposava con un fascista! Il nonno, Otello, essendo una guardia forestale, aveva la camicia nera e lo usavano da tramite, perché i fascisti lo credevano uno di loro, si fidavano di lui.

Purinoni ’sti fascisti… nonostante il coprifuoco, si trovavano le strade piene zeppe di propaganda partigiana. Mo come mai? Non capivano proprio come potesse succedere. Cos’era ’sta storia? Era quello con la camicia nera sposato alla partigiana.

Già, perché lui di sera poteva uscire con la sua sposina e che passeggiate romantiche con le tasche del cappotto tagliate piene di volantini che, dai e dai, un abile tocco di mano, scendevano lungo i pantaloni… così! Che passeggiate romantiche, quello con la camicia nera e la sua partigiana.

Poi la nonna si fa seria seria, lo sguardo si perde lontano mentre continua il racconto.

«Una volta arriva la batana, la barca di valle, piena di sangue. Hanno ucciso uno dei nostri, un ragazzo di vent’anni, Armando Montanari e noi donne abbiamo pensato subito alla sua mamma. Le mamme non dovrebbero vedere il sangue dei loro figli, è contro natura. La sua mamma si meritava di riaverlo pulito. Ed allora io e la Gianna ci siamo fatte coraggio, abbiamo preso la sua divisa insanguinata e l’abbiamo lavata nell’acqua salata. Lava sfrega sfrega bene che il sangue fa fatica ad andare via e quando va via ti rimane comunque negli occhi. Ma era normale, era la guerra».