Il tema dell’amore interroga tutte le persone, religiose e non: nella sua universalità appare appoggio valido su cui costruire conoscenza e stima reciproche. Gianpaolo Anderlini ci indica tre vie che cristiani, ebrei e musulmani cercano di seguire, perché, nel segno della misericordia e della compassione, si possa aprire una strada verso il cielo per tutti gli uomini.

Barbara Bonfiglioli

Come in cielo, così in terra

Le vie infinite dell’amore di Dio

di Gianpaolo Anderlini
docente di Materie letterarie al Liceo Scientifico A. F. Formiggini di Sassuolo e studioso di ebraismo

Image 198Il dono del Figlio

La centralità dell’amore nell’esperienza di fede del cristiano è indicata con chiarezza nelle prime parole dell’Enciclica Deus caritas est di papa Benedetto XVI: «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui». Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono il centro della fede cristiana, l’immagine cristiana di Dio e la conseguente immagine dell’uomo e del suo cammino. Inoltre Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell’esistenza cristiana: «Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto».

In cosa consiste l’amore di Dio? Secondo le parole del Vangelo di Giovanni l’amore di Dio consiste nel dono del suo Figlio: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna». L’amore, pertanto, è il volto incarnato con il quale Dio si rivela all’uomo per consolarlo e per redimerlo; è il passo che Egli continuamente compie verso l’uomo, dalla creazione al tempo finale della sua venuta nella gloria, per sostenerlo come un padre, per prenderlo tra le sue braccia con la tenerezza di una madre e per accompagnarlo restando al suo fianco e mostrargli il cammino da seguire.

L’uomo è chiamato ad amare Dio non in nome di una fede disincarnata che tende a volgere lo sguardo esclusivamente al cielo, ma come corrispondenza all’amore che Dio ci ha dimostrato amandoci per primo e consegnandoci alla dimensione concreta del Suo volto che si rivela nel volto del fratello che ci sta accanto: «Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede». Anche nel Vangelo di Matteo troviamo, in modo inequivocabile, che l’amore che l’uomo è tenuto a rivolgere a Dio, non può essere disgiunto dall’amore del prossimo: «Un dottore della legge lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?”. Gli rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso”».

Image 202Legato a noi

Gesù richiama il doppio comandamento dell’amore così come contenuto nella Bibbia ebraica: il precetto di Dt 6,5, che, in un passo fondante per la fede ebraica, ci pone al cospetto del Creatore e ci chiama ad amare Dio in modo completo e totale, e il precetto di Lv 19,18, che, come “pieno compimento della legge”, ci pone al cospetto del prossimo e ci insegna ad amarlo per costruire la comunità nel segno della dignità e del rispetto nel nome di Dio. Ma Gesù ci invita ad andare oltre e ad amare non solo il nostro fratello nella fede, ma ogni uomo, anche il nemico e il persecutore: «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti».

Su cosa si fondano queste parole di Gesù?

Sull’imitatio Dei, che, nella prospettiva ebraica, è la base sulla quale costruire, lungo le strade del mondo, il cammino dell’uomo in cerca di Dio: «Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo». L’atteggiamento di Dio che l’uomo è chiamato ad imitare e fare suo è quello del Creatore che si prende cura delle sue creature e del Redentore che viene a riscattare, a consolare e a liberare il popolo che si è scelto, nel nome dell’amore, come è detto: «Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti […], perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri».

Ma Dio non è solo il Creatore e il Redentore, è anche l’innamorato che non cessa di amare Israele e lo sposo che rimane fedele, in tutto e per tutto, alla sposa come è detto: «Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora affetto e ancora: Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata».

Il collante tra uomo e Dio

Nella prospettiva cristiana, invece, la dimensione dell’amore che il credente è chiamato a incarnare può attuarsi solo lungo la via dell’imitatio Christi, nella sequela che ci porta a camminare sulle orme di Gesù, come è detto nel Vangelo di Giovanni: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. [...] Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi».

La via dell’amore di Dio, in senso soggettivo (l’amore di Dio verso di noi) ed oggettivo (il nostro amore verso Dio), non si chiude nei cammini, insieme convergenti e divergenti, delineati dalla tradizione ebraica e dalla fede cristiana. Anche la via dell’Islam ha molto da insegnarci sia per quanto riguarda l’amore di Dio, il Clemente e il Misericordioso, sia per quanto riguarda il modello perfetto da seguire, il profeta Muhammad. La linea tracciata è quella dell’imitatio Prophetae, ossia la Sunna, come è scritto: «Voi avete nel Messaggero di Dio un modello eccellente per chiunque speri in Dio e nell’Ultimo giorno e molto menzioni Dio» (Corano 33, 21), e ancora: «Obbedite a Dio e al suo Messaggero» (Corano 3,32). Muhammad, il miglior esempio da seguire nella via che porta a Dio, è stato inviato come segno della misericordia che Dio riversa continuamente sul mondo: «Non ti abbiamo inviato se non come segno di misericordia (rahma) per tutto il creato» (Corano 21, 107). In cosa consiste questa misericordia? Nell’accoglienza e nel perdono. Narra, infatti, un hadith che Adamo, cacciato dal Giardino, implorò a lungo il perdono del suo Creatore; riuscì ad ottenerlo solo quando lo chiese in nome di Muhammad. «“Come sapevi che ti avrei perdonato in suo nome?” gli chiese Dio. “L’ho saputo - rispose Adamo - quando ho letto sul tuo trono la scritta ‘Non c’è dio all’infuori di Allàh e Muhammad è l’inviato di Allàh’”».

L’amore, nel segno della misericordia e della compassione, è il collante che tiene unito Dio all’uomo e l’uomo a Dio, e che in terra mostra agli uomini, credenti di ogni fede e non credenti, la via del cielo, come è detto: «Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi».

Dell’Autore segnaliamo:

Ebraismo

EMI, Bologna 2012, pp. 158