Siamo salvi per la fede o per le opere? Protestanti e cattolici hanno lottato per qualche secolo sull’interpretazione dei testi sacri, opponendo, per esempio, le lettere di Paolo a quella di Giacomo. In questo numero MC parla della fede. E allora abbiamo chiesto ad un pastore valdese di commentarci la “lettera di paglia”, la lettera di Giacomo. In spirito ecumenico ed amichevole, Sergio Ribet ha accolto la nostra “provocazione”.

Barbara Bonfiglioli

Riconsiderando la lettera di paglia

Una lettura evangelica della lettera di Giacomo

di Sergio Ribet
pastore valdese

Image 223Il perno teologico

Mi viene chiesta da MC “una lettura evangelica della lettera di Giacomo”. A prima vista potrebbe sembrare una provocazione, se ricordiamo che la lettera di Giacomo è stata, per secoli, un fronte di scontro tra cattolici e protestanti. Ma ci sono vari motivi per comprendere che è possibile, e doverosa, una lettura evangelica di questo testo biblico. Lo stesso Martin Lutero, che chiamava “lettera di paglia” l’epistola di Giacomo, sapeva bene che un testo canonico non poteva essere messo da parte, e che ogni testo biblico contiene un messaggio. La Bibbia non è una raccolta di libri da interpretare singolarmente libro per libro, è una raccolta di testi, “testimoni”, insieme, della parola di Dio.

In secondo luogo, la parola “evangelico” non indica solo una confessione cristiana (i protestanti), ma può voler dire: come cristiani, vogliamo e dobbiamo leggere i testi biblici, secondo i vangeli, centrali per chi cerca di comprendere quello che Gesù ha detto, fatto, insegnato nella sua vita terrena. C’è un testo, di scuola paolina, che in qualche modo ci aiuta a “riconciliare” il pensiero dell’apostolo Paolo e il pensiero di Giacomo: «È per grazia che siete salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi: è il dono di Dio» (Ef 2,8). Infine, l’esegesi moderna ci dà una visione più ampia rispetto al passato, in una luce ecumenica, in un modo più “cattolico”, o più “universale”: è la stessa parola.

Quando ero giovane, era ancora prevalente la convinzione che Paolo fosse totalmente diverso da Giacomo. Che vi siano differenze è vero, ma “diverso” non vuol dire “inconciliabile”. La prima parte (I capitolo) è una serie di sentenze, collegate da parole che si ripetono; la seconda parte (2,1-3,12) è più articolata, è il “perno teologico” ed è in buona sostanza una certa interpretazione del paolinismo; la terza parte (da 3,13 alla fine) mette insieme brani più complessi ed elaborati. Dal punto di vista letterario oggi il testo ci pare disordinato. Ma l’autore ha un altro criterio: allitterazioni, rime, ritmi poetici, per stimolare il lettore. Ci sono testi simili nei libri poetici e sapienziali ed è possibile che l’autore li abbia utilizzati.

Fede e saggezza nell’ascolto

Dopo un saluto, Giacomo avverte i lettori: nella vita cristiana, vi saranno prove, o tentazioni. La fede e la saggezza possono superare queste tentazioni, chi le supererà diventerà forte, perfetto, completo. I valdesi, nel medioevo, amavano la lettera di Giacomo, sia per la vicinanza ai poveri, sia per il rifiuto del giuramento (5,12). Un secondo tema dichiara: l’uomo deve essere pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira, «perché l’ira dell’uomo non compie la giustizia di Dio». «Ma mettete in pratica la parola, e non ascoltatela soltanto».

Image 225Lingua a freno

Accenno soltanto ad alcuni punti chiave. All’inizio, una forte condanna delle preferenze ingiuste, delle discriminazioni, del favoritismo. Segue un passo sulla fede e le opere (o i fatti). C’è qui certamente un attacco ad una forma di paolinismo (se sono salvo per fede, perché non posso fare di tutto, peccati compresi?), che non è quanto dice l’apostolo Paolo. «La fede non accompagnata da opere di misericordia è senza vita» è la corretta parafrasi di 2,26. Infine un’esortazione a tener a freno la lingua, quasi una parabola. La lingua (e la parola) può fare cose splendide e cose orribili. Così avviene anche (per Giacomo) soprattutto nella Chiesa. La parola è spesso privilegio di pochi. Nella Chiesa i “maestri” e il “ministero” possono diventare diabolici. La Chiesa dovrebbe “dare la parola”. Fulvio Ferrario, nel suo commento alla lettera, ricorda l’opera pedagogica di don Lorenzo Milani e di Paulo Freire.

Image 228La macedonia che fa da ponte

Questa conclusione è una “macedonia”.

La vera sapienza (3,13-18) richiama la prima lettera di Paolo ai Corinti, e costituisce un “ponte” tra i due testi. La sapienza che viene dall’alto semina pace, quella umana è demoniaca.

Il compromesso impossibile (4,1-10): si può amare sia il mondo che Dio? Giacomo dice: no! La parola “mondo” ha valenze diverse: a volte indica il creato, altre volte una realtà demoniaca e il vangelo di Giovanni usa entrambe le valenze.

Contro le malelingue (4,11-12): si tratta del “parlar male”, analogo al “giudicare”. Il giudizio è di Dio.

Ciò che passa e ciò che resta (4,13-17): al versetto 15 troviamo la “condicio jacobea”: “se Dio vuole, faremo questo o quello”. Giacomo sottolinea un aspetto specifico: il futuro non è nelle nostre mani, ma nelle mani di Dio.

La tragedia dei ricchi (5,1-6): un annuncio profetico contro i ricchi; il loro tesoro è frutto della ingiustizia. Solo la fede può contrapporsi alla ricchezza fraudolenta.

La tenacia della fede (5,7-11): la fede, la pazienza, la perseveranza sono necessarie, se la venuta del Signore è vicina, e il giudice è alla porta.

Contro il giuramento (5,12): «Il vostro sì sia sì, e il vostro no sia no, affinché non cadiate sotto il giudizio». Interessante il confronto tra le parole di Giacomo e il testo di Mt 5,33-37, un testo più antico rispetto a quello teologicamente più elaborato dell’evangelista Matteo.

Preghiera e confessione (5,13-18): spesso, per un protestante, non è facile comprendere il significato della confessione e dell’unzione del malato. Fulvio Ferrario, nel suo commento, presenta un quadro comprensibile, anche a valdesi come lui, aperto a interpretazioni evangeliche (e cristiane).

Correzione fraterna (5,19-20): è una “mutua intercessione”, simile a quella dei valdesi medievali, un passo valorizzato da Lutero, da Calvino, da Dietrich Bonhoeffer. Ed è una correzione tra sorelle e fratelli. È difficile dire «stai sbagliando», e non mi è gradevole se un amico mi dice che sto sbagliando. Ma questo è vero amore.

Segnaliamo il volume:

FULVIO FERRARIO

La lettera di Giacomo, Guida alla lettura

Claudiana editrice, Torino 2003