Fioretti cappuccini

Come frate Berardo si tolse un peso dalla coscienza

Image 133Malandrino fu il giornale

Un quotidiano bolognese, nell’ormai lontano 2001, per aiutare i lettori a familiarizzarsi con le banconote della nuova moneta in procinto di essere introdotta in Europa, l’euro, ne pubblicava ogni giorno dei facsimili di grandezza maggiore, ma perfettamente uguali agli originali nel colore e nelle immagini. In considerazione del formato, non vi era necessità alcuna di annotarvi che si trattava solo di esemplari privi di valore. Ma tant’è, la tentazione per tirare scherzi birboni agli amici, soprattutto se anziani, era troppo forte. Anche tra i frati. Perché anche tra i frati si trova sempre chi si diletta a ridere alle spalle altrui.

Fu così che un fraticello burlone ebbe l’idea di coinvolgere nello scherzo un confratello più vicino agli ottanta che ai settanta. La vittima designata era frate Berardo, un frate piccolo e tondetto, che da mattina a sera amava farsi trovare sempre in giro come in perlustrazione, non riconoscendo nessuno di quanti incontrava, ma che riusciva ogni volta a dare l’impressione di conoscere tutti. Costui già da tempo aveva lasciato la memoria per strada e mai metteva in dubbio la buona fede dei confratelli. Nonostante fosse vicino all’ottantina, non era per nulla convinto di essere al mondo da così lungo tempo, ma di avere solo superato di poco i trenta o i quarant’anni. Tuttavia, a parte questo dettaglio e a dispetto delle tante primavere sulle spalle, aveva conservato sufficiente lucidità per porsi ogni tanto dei problemi di coscienza. Anche se poi se li archiviava in fretta.

Fu così che quel malandrino di fraticello cominciò a rifilare a frate Berardo, cui era amico, quelle banconote false, fresche di stampa come se fossero appena uscite dalla tipografia della Zecca di Stato. E frate Berardo, che avrebbe preferito delle banane, di cui era particolarmente ghiotto, col passare del tempo si abituò a riconoscerle e accettava quel prezioso denaro, ringraziando di tanta generosità. La cosa andò avanti per alquanto tempo, e il gruzzolo che frate Berardo andava accumulando cresceva di giorno in giorno sempre più, per un valore nominale di alcune migliaia di euro. A frate Bernardo non passava nemmeno lontanamente nel cervello il dubbio che quelle banconote fossero solo carta straccia, e le conservava gelosamente in un cassetto della sua scrivania.

Image 141Farina in crusca

Ma poi accadde quello che il frate buontempone non aveva previsto. Mentre si divertiva bonariamente alle spalle di quel confratello senza memoria, frate Berardo lo sorprese con una mossa inaspettata. Non è inverosimile immaginare che fosse sfiorato dallo scrupolo di venir meno al voto di povertà, e non a torto: trattenere per sé tanto denaro non era una cosa che poteva lasciarlo tranquillo. Non che questo pensiero lo perseguitasse tutto il giorno, ma ogni volta che apriva il cassetto della scrivania, e vedeva quel tesoro, si trovava di fronte a un enigma. Guardava e riguardava quel prezioso materiale cartaceo e si chiedeva di dove venisse o che cosa ne potesse fare. Più ci pensava e più si convinceva che lui, di quel denaro, non sapeva che farsene. D’altronde i suoi genitori non ne dovevano avere bisogno, in quanto gli sembrava che fossero già al camposanto. Era quindi urgente disfarsi di quello scottante malloppo. Così decise di consegnarlo al Superiore, sgravandosi di un peso che lo infastidiva ogni giorno sempre più.

Una mattina avvolse accuratamente il denaro in un foglio di giornale e lo ripose in una tasca dell’abito. Poi, dopo essersi accuratamente informato dove fosse la stanza del Superiore, si diresse verso la scala che lo avrebbe portato all’ultimo piano, perché gli avevano assicurato che si trovava lassù. Salendo un gradino dopo l’altro ansimava, non si sa se per il peso della somma o se per gli anni o forse perché temesse di dimenticare il motivo per cui stava salendo. Dopo tante fermate ai pianerottoli per riprendere fiato, finalmente arrivò in cima. Bussò alla prima porta che trovò. Era proprio quella del Superiore, che era del tutto ignaro dello scherzo birbone del frate amico. «Benvenuto, Berardo, come mai sei salito fin quassù?». «Mi hanno detto che qui c’è il Superiore. È lei?», esordì Berardo. «Eh sì, frate Berardo, sono proprio io», rispose il Superiore. Lì per lì frate Berardo non sapeva come cominciare, anche perché dover spiegare la provenienza di tanto denaro non gli era di aiuto la memoria. Si limitò quindi a una giustificazione generica: «Una persona è venuta da me e mi ha dato un’offerta. Io quella persona non la conoscevo, ma lei certamente doveva conoscere me», disse tutto d’un fiato. Trasse dalla tasca il prezioso pacchetto di banconote, aggiungendo: «Ecco, questi sono i soldi. Li prenda lei! Ne faccia quello che vuole». Depose il denaro sulla scrivania del Superiore e subito si sentì leggero come una farfalla.

Bastò uno sguardo, perché il Superiore si rendesse conto che si trattava solo di carta da buttare. «Berardo, li tenga lei questi soldi. Le potranno sempre servire», gli disse con un malcelato sorriso. «Io non ne ho bisogno. Li tenga lei!», replicò prontamente frate Berardo. «No, Berardo, di questi soldi non so che farmene», ribatté il Superiore. Ma Berardo non intendeva ragioni di sorta ed era ben deciso di liberarsi di quello scomodo denaro. «Allora li dia ai poveri», concluse, senza aspettarsi più alcuna replica. Ma il Superiore ribatté, per quanto sottovoce: «I poveri di questi soldi non sanno che farsene».

Il dialogo andava avanti senza che trovasse la conclusione. Alla fine il Superiore si arrese: «Ma, Berardo, non vede che questi soldi sono falsi?». Pensate che Berardo accusasse il colpo? Niente affatto! Ebbe subito pronta la risposta, passando dal lei al tu e puntando il dito: «Falso sei tu!». E se ne andò, lasciando il malloppo sulla scrivania del Superiore. Se la vedesse lui, il Superiore, con quei soldi della malora!

Qualche lingua maliziosa ebbe a commentare: «Berardo è la bocca della verità. Ci prende e non lo sa».