La fede pura, dopo l’uragano

La strada verso Dio, segnata dalla sua parola

di Giancarlo Biguzzi
docente di Nuovo Testamento all’Università Urbaniana e al Pontificio Istituto Biblico

Image 047Recuperare l’importanza del Libro

La strada della fede è lunga, e non ci sono scorciatoie. Chi è che non ha trovato, accanto ad un’acquasantiera, deposta da mano furtiva, una qualche foto, mossa e sfocata, che doveva dare l’idea di un’apparizione soprannaturale? Le povere persone che si dedicano a questo sport sono incorreggibilmente convinte che Dio, il cui mistero è il più soverchiante che ci sia, cerchi il contatto con noi in presa diretta, quotidiana e sensoriale. Questa è una prima scorciatoia. Una fede fatta così manca di spessore storico: già da molti decenni, a partire dal teologo svizzero Oscar Cullmann, si parla di storia della salvezza, e ancora prima si parlava -un po’ più devozionalisticamente - di storia sacra. Certo! Dio non è rimasto il celibatario dei cieli, ha sposato l’umanità in un’alleanza di amore, ha voluto manifestarsi in una lunga storia salvifica che, secondo i testi biblici, è iniziata con Abramo.

Lo ha fatto capire Gesù quando ha detto: «Prima che Abramo fosse, io sono», e, nel suo cantico, lo ha fatto capire anche sua madre, parlando anch’essa di Abramo: «come aveva detto ai nostri padri per Abramo e per la sua discendenza». Il Cristo e sua madre possono bensì venirci in aiuto anche oggi, sporadicamente e straordinariamente, con le loro apparizioni, soprattutto nei momenti di maggior travaglio del popolo cristiano: ma non con appuntamenti mensili, ripetitivi e avulsi dal (non necessariamente “contrari al”) libro che ripropone la storia della salvezza. Quel libro è tutt’altro che consolatorio come sono i miracolismi e i visionarismi, perché è specchio della millenaria e complessa vita di un popolo, e anche della sua durezza di cuore e del continuo boomerang delle sue infedeltà.

Image 051Madonna con figlio e libro

A questo proposito c’è una tipologia iconografica mariana che andrebbe rivalutata: la Madonna con il figlio e il libro. Il dipinto più famoso è quello di Sandro Botticelli, al Museo Poldi Pezzoli di Milano, nel quale il libro è aperto sul testo di Isaia 7, ma si possono citare le molte «Madonne con libro» di Raffaello, e poi quelle di Tiziano, Pontormo, Sassoferrato… Senza dire che molte sono le Annunziate intente alla lettura delle profezie messianiche, a cominciare da quella in cui Antonello da Messina ha dipinto la Vergine ma non l’angelo annunciante, dipingendo però le pagine del libro mosse dal suo allontanarsi a missione compiuta. Sono poi «Madonne del libro» quelle venerate nei santuari della Madonna del Sasso sopra Firenze e Fiesole, di Civitella di Romagna nella valle del Bidente, o di quello nei pressi di Leccia in Toscana, in Alta Val di Cornia.

Il Cristo e sua madre non sono a buon mercato come lo sarebbero se fossero senza quel libro che indica la lunga via da percorrere, quantunque la signoria di Dio disponga anche di vie straordinarie. È in quel libro che «nel suo grande amore il Dio invisibile parla agli uomini come ad amici e si trattiene con essi per invitarli alla comunione con sé» (Dei Verbum 2). Il credente dunque non può non cercare la comunione cui Dio lo invita: la fede cristiana è accogliere il flusso d’amore che è uscito dal seno del Dio-Amore (1Gv 4,8.16), che ha avuto la sua manifestazione storica nel Cristo quando si chinava sui malati e andava a tavola con chi era etichettato come impuro, che è morto mosso dall’amore del quale non c’è amore più grande, quello di dare la vita e che, infine, Dio ha chiamato a vita nuova nella risurrezione consacrando la sua innocenza, giustizia e messianità. Fede cristiana è accogliere quel flusso di amore teo-cristologico, personalmente e come popolo, e camminare in novità di vita (Rm 6,4) in vista della finale risurrezione.

Image 055La fede paraurti

Un’altra scorciatoia è quella di puntare sulle pratiche della fede come para-urti. Gli urti nella vita - si sa - non finiscono mai e ognuno fa di tutto per pararli, anche confidando nelle pratiche e contropartite religiose. Spesso in esse non si ha fiducia fino in fondo, ma l’inquietudine che si vive, e magari uno spirito scaramantico, spingono a provarci. È ben vero che la preghiera di domanda non è da deplorare. In fondo, di fronte a Dio siamo tutti poveri mendicanti, e nei vangeli risuonano pressanti domande: «Fa’ che io veda», «Signore, abbi pietà di mio figlio. È epilettico e soffre molto. Cade spesso nel fuoco e nell’acqua», «Mia figlia è morta proprio ora. Ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Tutti preghiamo così e lo stesso Gesù ha detto: «A chi bussa sarà aperto». Ma, con Dio, il vero credente non procede «alla pari», perché, come dice il Qoèlet, «Dio è in cielo e tu sei sulla terra» (5,1). Chi tratta Dio alla pari ha dentro di sé il seme dell’irreligione e dell’ateismo, perché o fa se stesso come Dio o abbassa Dio al suo livello. Il vero credente non deve mettersi nella situazione di meritarsi il rimprovero che Gesù rivolge ai Sadducei: «Voi non conoscete il mistero di Dio» (Mc 12,24). E Gesù, che ha detto «chi chiede ottiene», ha precisato il senso di quelle parole quando, nel Pater, ha inserito l’invocazione che anche lui ha rivolto al Padre suo: «Sia fatta la tua volontà». È il pagano che prega per piegare Dio alla propria volontà, mentre il cristiano entra nella preghiera con la propria volontà e ne esce con quella di Dio. Talvolta i sedicenti atei hanno il senso del mistero di «Colui del quale non è possibile pensare uno più grande», più che i credenti e i praticanti. Lo ha detto anche Benedetto XVI nell’ottobre del 2011 ad Assisi parlando degli agnostici in ricerca: «Il loro interrogarsi è un richiamo per i credenti a purificare la propria fede».

A purificare la fede ci hanno pensato, fra l’altro, prima l’illuminismo francese con l’esaltazione della dea Ragione, e poi la fine del Potere temporale dei papi che ha comportato la fine del potere clericale nel governo delle città negli Stati pontifici (ora è tempo di servizio, non di potere), e poi la secolarizzazione generalizzata. Sono stati altrettanti uragani che hanno fatto cadere foglie, frutti avvizziti e rami secchi (certo! non solo quelli) dall’albero millenario della Cristianità. La vera purificazione deve però venire dall’approfondimento verso il basso e dalla crescita verso l’alto della fede dei credenti. Ma l’annuncio non sia semplicistico, consolatorio e autoreferenziale. Il discorso su Dio deve invece essere sfumato, e anche problematico, perché resta pur sempre discorso circa il mistero assoluto.