La città-pinacoteca

Tacciati di vandalismo, gli stili artistici di grafitismo e street art chiedono un loro spazio

di Massimiliano Ranellucci
giornalista

Image 216Il confine sottile

Scritte e disegni possono abbellire e rendere più vivi alcuni spazi della città e della periferia, diventando in alcuni casi vere e proprie opere d’arte, nel rispetto però di monumenti, edifici storici, palazzi pubblici e case private. È questo il messaggio che arriva da “Liber-arte sui muri del convento”, una serie di eventi organizzati a Reggio Emilia dal Polo Culturale dei Cappuccini dell’Emilia-Romagna in collaborazione con il Circolo degli Artisti e l’Officina delle Arti di Reggio Emilia.

Graffiti Writing e opere di Street Art ci accompagnano ovunque e spesso lasciano perplessi perché difficilmente comprensibili, oppure provocano indignazione quando non sono altro che imbrattamenti o atti di vandalismo, ma altrettanto spesso ci capita di fermarci ad ammirare opere belle ed emozionanti. Il confine fra arte e vandalismo, tra fascino e illegalità contiene, quindi, una vasta gamma di sfumature. Tutto ciò è molto coinvolgente per le giovani generazioni; per questo motivo il 29 settembre il convento di via Ferrari Bonini ha aperto le sue porte e nel vasto cortile interno alcuni artisti hanno disegnato su grandi tele di plastica, sviluppando con tecniche diverse il tema “Agorà”, intesa come luogo della vita comune nei suoi aspetti materiali e/o spirituali. La performance - aperta al pubblico - si è conclusa con una premiazione ex aequo da parte della giuria presieduta da padre Paolo Grasselli, responsabile del Polo Culturale. Sono stati premiati gli artisti Pietro Anceschi, Giorgio Bernucci, Alessandra Binini, Fosco Grisendi, Fabio Valentini, Officine Marcovaldo Laboratorio di creatività urbana (Luca Zanon, Angelo Formicola, Riccardo Guasco, Patrik Dolo, Andrea Saidu) di Alessandria e Andrea Valenti. Il 30 settembre le opere sono rimaste esposte al pubblico.

Il 12 ottobre, al cinema Cristallo, i temi del Writing e della Street Art sono stati affrontati alla presenza di alcune classi del Liceo Artistico “Chierici” e dell’Istituto “Secchi”. Dopo un saluto di padre Grasselli ha aperto l’incontro Fabiola Naldi, docente di Problemi Espressivi del Contemporaneo presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e di Teoria delle Arti Multimediali presso l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo.

La prof.ssa Naldi ha illustrato l’evoluzione del Writing e della Street Art, 40 anni di storia culturale e non solo artistica: «Due grandi movimenti (nasce prima il graffitismo e poi sul finire degli anni Ottanta la street art) che sono conosciuti e riconosciuti dalle ultimissime generazioni, ma che nel 90 % dei casi vengono totalmente fraintesi e paradossalmente non compresi perché, purtroppo, spesso si fa confusione. L’80 % delle scritte che vediamo sono scritte vandaliche, criticate e non riconosciute dagli stessi writer più anziani». Naldi ha citato alcuni dei più noti writers e street artists, sottolineando come dietro alcune creazioni ci siano spesso anni di studio. E il writing può essere anche un mestiere redditizio: alcune opere sono state battute all’asta per milioni di dollari, come quelle dell’artista statunitense Keith Haring - i suoi omini stilizzati e in movimento sono oggi famosi in tutto il mondo - o Jean-Michel Basquiat. Lo street artist americano Obey (Frank Shepard Fairey) è famoso in tutto il mondo, suo il manifesto “Hope” che riproduce il volto stilizzato di Barack Obama in quadricromia, diventato l’icona della sua campagna elettorale.

Image 221Teorie per grafitismo urbano

Nella seconda parte della mattinata si è svolta una conversazione sul tema “Graffitismo urbano: risorsa o danno?” con Franco Corradini (assessore alla coesione e sicurezza sociale del Comune di Reggio Emilia), Elisabetta Farioli (direttrice dei Musei Civici di Reggio Emilia), Maria Grazia Diana (preside del Liceo “G. Chierici”), Giuseppe Berti (direttore artistico Circolo degli Artisti di Reggio Emilia), Luca Zanon, Riccardo Guasco e Pietro Anceschi, tre degli artisti protagonisti della performance del 29 settembre.

L’assessore Corradini ha detto che «non possiamo vedere le case private imbrattate: l’amministrazione comunale ogni anno utilizza ingenti risorse economiche per cancellare le scritte dai muri. Ciò detto, penso che possiamo sperimentare e interloquire con questa forma d’arte. Possiamo vedere se ci sono muri e facciate sui quali mostrare alla città l’utilità di determinati interventi, come a Lione, dove da diversi decenni l’amministrazione comunale ha affidato agli artisti le facciate delle case popolari di un quartiere, facendo nascere intorno a questa idea un laboratorio artistico». La disponibilità dell’assessore è stata colta al volo dall’artista Gas, che ha preso parte alla conversazione con una maschera da porcellino sul volto, in collegamento video da Shanghai, dove si è trasferito. Gas - street artist attivo a Reggio dagli anni Novanta, suoi alcuni degli stencil più famosi della città, uno per tutti il “Perle ai porci” in via Gazzata - ha lanciato una domanda provocatoria: «Sono un danno maggiore la street art e i graffiti o la pubblicità invasiva?». Anche Pietro Anceschi ha approfittato dell’occasione per proporre a Corradini una performance nel sottopasso di via Roma, con partecipazione aperta a tutti i giovani artisti che lo desiderano.

Giuseppe Berti ha rammentato che l’ultimo intervento pubblico di Keith Haring - eseguito nel 1989, un anno prima di morire - è proprio sul muro di un convento, quello di Sant’Antonio Abate a Pisa; si tratta di un grande murale di 180 metri quadrati, “Tuttomondo”, dedicato alla pace nel mondo e dipinto in una settimana.

Image 226Collaterali alla trasgressione

Riccardo Guasco e Luca Zanon hanno sottolineato che alcuni interventi di Street Art destano scompiglio tra le persone che non hanno l’occhio abituato a determinati tipi di iniziative.

Elisabetta Farioli ha puntato il suo intervento sulla ricerca del bello: «A volte ho delle sorprese felici girando per le strade, vedendo opere che il mio occhio allenato alla storia dell’arte riconosce come qualcosa di bello, di piacevole e spontaneo. Ecco, io vorrei difendere questo tipo di esperienze. Vorrei che davanti a casa mia ci fosse una di queste opere; invece molto spesso vedo qualcosa di molto più aggressivo, spontaneo, ma privo di pensiero, che è semplicemente una manifestazione di disturbo al decoro delle nostre case e non solo dei nostri monumenti».

Maria Grazia Diana ha concluso affermando che «l’arte ha sempre una componente di trasgressione che, a volte, anticipa i tempi e mette il dito nelle cose che non vanno. Allora dico ben venga la street art se serve per portarci a riflettere sulla nostra qualità di vita, di esistenza e di ambiente; credo che i nostri ragazzi abbiano tante possibilità per poter dimostrare che hanno non solo tecnica ma anche idee nuove».

Altre notizie e immagini si possono trovare su www.museocappuccini.it