La forza d’inerzia della reciprocità

Intervista alla famiglia Tresca che sulle difficoltà fonda la relazione sociale

a cura di Barbara Bonfiglioli e Alessandro Casadio
della Redazione di MC

Ci siamo autoinvitati a pranzo da Alberto e Sonia per capire come vivono il loro accompagnarsi reciproco in una famiglia di cinque persone di cui due affette da deficit importanti. 

Image 089Chi siete e come è nata la vostra famiglia?

Alberto: Io sono il papà, mi chiamo Alberto e lavoro. Ho conosciuto Sonia nel ’95 durante una vacanza a Creta con alcuni amici. Ci imbattemmo in questo gruppo di reggiane. Io fui scelto per andare in avanscoperta: il gancio pensato era dichiarare alle signorine che noi poveri ometti eravamo rimasti senza il sale per cucinare la pasta. Trascorremmo insieme tutto il resto della vacanza. Tornati a casa, io e Sonia abbiamo continuato a frequentarci e, un anno dopo, ci siamo sposati.

Sonia: Io sono la mamma, Sonia. Facevo la segretaria d’azienda. Con la nascita del primo figlio Simone ho chiesto di fare il part-time; con l’arrivo del secondo, Andrea, nel 2000, ho interrotto la mia attività lavorativa per essere mamma full time. Nel 2005 arriva il nostro terzo figlio, Samuele. Simone è nato con una paresi celebrale che lo rende poco autonomo e gli dà difficoltà di comunicazione. Andrea sta frequentando la 2° media, è un adolescente molto responsabile, disponibile e legato ai fratelli. Samuele è alle elementari ed è nato con la stessa lesione del fratello maggiore.


Voi vi trovate a fare da mediatori-accompagnatori tra Samuele e Simone e il mondo: come vi sentite in questo ruolo?

Alberto: Richiede sicuramente un impegno giornaliero costante, ma non ne avvertiamo il peso: quello che riceviamo indietro da loro è sicuramente maggiore. Ogni loro gesto, seppur semplice, ci gratifica e ci comunica che la nostra presenza è per loro importante (Simone conferma alzando la mano in alto).


Vi pesa la paura di non essere adeguati?

Alberto: Non ci siamo mai sentiti non adeguati. Abbiamo imparato a vivere il presente senza porci troppe domande per il futuro. Abbiamo un po’ di paura quando ci chiediamo cosa succederà ai nostri figli quando noi avremo una certa età o quando noi saremo morti.

Sonia: Sono io che vivo la quotidianità con Simone e Samuele (Samuele ridacchia in questo momento), la conosco e ci sto dentro con normalità e tranquillità: guardo l’oggi nella sua concretezza.

Image 095Vi è mai venuta la paura come genitori di non riuscire ad accompagnare i ragazzi rispettando la loro personalità? Mai avuto la paura di fare troppo, sostituendovi a loro?

Sonia: Mi capita spesso, ma, attorno a Simone e Samuele, ci sono altre figure che li aiutano e che aiutano anche me facendomi notare questi miei atteggiamenti. Ad esempio, le fisioterapiste che mi ricordano spesso di lasciar fare a loro. Proprio ora poi con Simone che ha cominciato a frequentare la prima superiore, avverto ansia: vorrei conoscere subito e bene l’ambiente in cui si sta inserendo. Ma appunto queste figure che abbiamo accanto mi ricordano di stare tranquilla, perché ci sono tanti ragazzi con deficit che sono nella scuola e che si trovano bene.

Vi è facile, visto il tipo di relazione che avete con Samuele e Simone, riuscire a non trasportare su Andrea le attenzioni che avete con gli altri due figli?

Alberto: Andrea ha recepito molto senza argomentare. È lui che ci facilita parecchio il compito, è in grado di richiedere lo spazio di cui ha bisogno. E lo fa serenamente.

In che cosa Simone e Samuele vi accompagnano?

Alberto: Nel renderci sereni. Nella loro semplicità ci hanno aiutato a vivere sereni! Se vedessimo in loro un comportamento di rigidità o sofferenza, non riusciremmo a essere tranquilli. (Simone agita la sua bandana)

Quanto ha pesato in voi la colpa che vi hanno messo addosso e come vi siete aiutati fra di voi?

Sonia: A me è pesata, mi chiedevo come mai era successo, poi, parlandone fra noi e soprattutto vedendo i nostri figli sereni, adesso rispondo semplicemente che va bene così e non mi interessa il come.

C’è una vignetta in cui tra i personaggi si assiste a questo dialogo. Afferma il primo personaggio: «Lo stato non lascia soli i disabili». E aggiunge il secondo personaggio: «Già, insieme a loro abbandona anche le loro famiglie». Avete avuto aiuti “istituzionali”?

Sonia: Ci hanno aiutato tanto e ci aiutano tuttora. Li abbiamo aiutati anche noi tanto, perché molte cose le abbiamo imparate assieme. A scuola, abbiamo trovato un bel percorso che ha accompagnato Simone prima e Samuele ora. In alcuni ambiti constati ancora tristemente che tu sei un caso e non una persona.

Abbiamo parlato di una vita che si semplifica se ben organizzata, ma, quando capita l’inconveniente, avete qualche trucco?

Alberto: Nessun trucco dal cilindro. Cerchiamo di tenere la calma ed affrontare il problema.

Sonia: Consapevoli che tutto passa. Cerchiamo di rimanere l’una per l’altro il punto di forza per chi in un dato momento è più in difficoltà.

Voi andate in vacanza con gli Amici Insieme, un’associazione di Imola. Come li avete conosciuti voi, che vivete a Reggio Emilia? Parlateci della vostra esperienza con loro.

Sonia:Tramite una famiglia imolese che abbiamo conosciuto un’estate al mare. Si avvicinarono a Simone, sono persone speciali e fantastiche che ci sono sempre state vicine. È nato un amore. Grazie a questa associazione facciamo delle vacanze serene. Ti sembra di entrare in un’altra dimensione dove non esiste la parola cattiveria. Per Andrea, le vacanze sono le vacanze con gli Amici Insieme a Cesenatico. Lo spirito che si nota in quell’ambiente è particolare e non lo si trova in altre associazioni. È un passare assieme il tuo tempo con un’altra persona, è un accompagnarsi reciproco che fa star bene, ma proprio bene, tutti e due. Da fuori senza viverlo, non so quanto sia comprensibile, e forse non si può capirlo nemmeno da un semplice racconto. Tutti gli anni poi c’è qualcuno di nuovo, che non conosci, oppure qualcuno che già conosci con cui approfondisci la conoscenza. Al termine delle due settimane puntualmente ci si commuove quando ci si saluta, perché ti è rimasto qualcosa dentro il cuore.

Che significato date alla parola accompagnare?

Alberto: Accompagnare per me è uno scambio, di sensazioni e di valori, tra quello che può essere il tuo vissuto e quello dell’altro.

Sonia: Accompagnare per me è prendersi per mano e camminare in tutti i sensi sia materiale che spirituale.

Andrea: Accompagnare è aiutare una persona diversamente abile rispetto a noi, anche solo spingendo la carrozzina.

Per Samuele accompagnare è stringere una mano forte forte e sorriderti.

Per Simone accompagnare è stato la realizzazione durante le scuole medie di un libro, da dare con un cd ai suoi compagni e professori delle superiori, col quale li accompagnerà a conoscerlo gradualmente nei suoi pregi e difetti.

Segnaliamo un’iniziativa alla quale Alberto, Sonia e la loro famiglia tengono molto: il campo estivo con il Gruppo Amici Insieme che si svolge normalmente le prime due settimane di agosto e che ogni anno è in cerca di nuovi amici, ognuno con le proprie abilità. Se siete interessati potete contattare l’Associazione al numero 0542.22500 (solo il sabato dalle 10.30 alle 12.00) oppure via facebook: www.facebook.com/amicinsieme