Religioso-laico, maschile-femminile, affettivo-razionale: debbono continuare a restare contrapposti? È la domanda affrontata nel seminario Frammenti d’identità fra diritti e utopie, organizzato dal gruppo di Coordinamento del Festival Francescano, con il patrocinio del Movimento Francescano Italiano, che si è tenuto il 30 maggio presso la sede di Rimini della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. Il seminario ha introdotto il Festival Francescano che si è svolto a Rimini dal 28 al 30 settembre. Il 15 settembre all’Antoniano di Bologna è nato il Movimento Francescano dell’Emilia-Romagna, una realtà di coordinamento regionale molto promettente.
Chiara Gatti
Il senso di sé incontrato nell’altro
Frammenti d’identità tra diritti e utopie, Rimini 30 maggio 2012
di Giuseppina Speltini
docente di Psicologia sociale nella Facoltà di Scienze della Formazione all’Università degli Studi di Bologna
Avvicinamento a Dio
Il seminario, aperto a tutta la cittadinanza, aveva come interlocutori privilegiati studentesse e studenti del corso di laurea “Educatore sociale di Scienze della Formazione”. I docenti del seminario sono stati Anna Pia Viola, docente di Filosofia presso
La prof.ssa Viola ci ha condotti in una riflessione affascinante sul tema del rapporto della donna con Dio attraverso la testimonianza di alcune figure femminili esemplari come Simone Weil, Adrienne von Speyr, Edith Stein (ora santa Teresa Benedetta della Croce), Etty Hillesum, di cui la relatrice ha delineato con grande sensibilità i diversi itinerari di pensiero accomunati da un progressivo avvicinamento a Dio. Non riassumerò l’intervento bello e articolato; svolgerò invece alcune notazioni a margine.
Un primo elemento che ha colpito i nostri studenti è che ci si trovasse di fronte ad una teologa e filosofa - due attribuzioni in genere declinate al maschile - che parlava con chiarezza ed eleganza di un argomento che dal titolo era molto connotato in termini religiosi, connotazione abbastanza inusuale in corsi di studio a netta impronta laica e in cui, se si parla di religione, ne vengono messi in luce aspetti storici e sociologici. Dunque, una filosofa e teologa che parla del rapporto con il divino di alcune donne esemplari, appartenenti a contesti religiosi non cattolici, quali l’ebraismo e il protestantesimo, e delle quali è stato messo in luce con grande apertura teoretica un percorso di pensiero che può essere leggibile anche solo come ricerca di senso, come un itinerario di scoperte valoriali progressive, in cui accanto all’uomo e ai suoi drammi interni esiste una societas di altri esseri umani con cui non è facile rapportarsi, un’umanità spesso sofferente ma anche scomoda che diviene sempre più accolta quanto più ci si apre alla carità.
Molti aspetti messi in luce dalla disamina dell’iter spirituale di queste quattro donne speciali hanno a che fare con la professione di educatore sociale cui i nostri studenti si stanno preparando. Prima di tutto l’idea di una continua ricerca e riflessione dentro di sé, non come mero esercizio formale, ma come onesta valutazione di chi si è, attraverso l’analisi delle proprie contraddizioni e inautenticità, perché per aiutare veramente l’altro è indispensabile l’autoconsapevolezza che permette di conoscere le proprie potenzialità e le proprie difficoltà. Il lavoro su di sé e la ricerca di senso nella vita sono le basi per non perdere l’idea di un cammino che può essere declinato in molti modi, non solo religiosi, ma anche filosofici, politici, culturali.
Nelle nostre lezioni sulle difficoltà e i rischi nelle professioni di aiuto, mettiamo sempre in rilievo la centralità del lavoro su di sé, l’importanza di coltivare interessi e passioni, che possono essere esportate nel proprio lavoro, vivificandolo. In questa logica di feconda insoddisfazione su ciò che si è e si fa, che spinga a guardare oltre, credo che si possa incontrare Dio, come avviene nelle quattro grandi donne evocate, ma anche semplicemente se stessi e l’altro, come persona da aiutare e che aiuta, e già questo mi pare una conquista umana e valoriale.
Femminile generativo
Padre Giovanni Salonia ha centrato la sua lezione sul femminile generativo, che non si sostanzia necessariamente nella maternità biologica, ma che è piuttosto una proprietà “materna” portatrice di pluralità, di crescita. E in effetti le due donne di cui il relatore ha parlato come esempi paradigmatici di capacità generativa sono state Antigone e Chiara di Assisi, entrambe non madri biologiche ma donne che hanno centrato il loro impegno di vita sull’ordo amoris, che è fecondo, accogliente, plurale, profondamente diverso dalla logica del potere, che appartiene piuttosto al pensiero unico ed è di stampo maschile. Salonia ha “riabilitato” l’utero, il quale attraverso le speculazioni freudiane sembrava una fragilità piuttosto che una forza avente in sé il segno dell’accoglienza della diversità, della cultura della vita, opposta alla cultura sterile e di morte, maschile, che ha segnato gran parte della storia dell’umanità.
Come nella lezione di Anna Pia Viola, le considerazioni svolte da Giovanni Salonia hanno portato suggestioni e idee che molto si accordano alla formazione degli educatori. Mi piace insistere sul concetto di pensiero duale, che accoglie la differenza e la contraddizione, che fa capo alla logica degli affetti e delle relazioni piuttosto che alla logica razionale, che, come ci ha ricordato il relatore, non dura a lungo, non è circolare. Queste considerazioni sono quanto mai centrali in un mondo sociale in grande movimento, con potenti flussi migratori che pongono tutti noi a contatto con altri universi culturali, rispetto ai quali Salonia dice che non è più sufficiente provare una generica empatia, ma è necessario provare interesse, come slancio verso l’altro da me e l’oltre da me, e fraternità, concetto che supera quello di solidarietà e che è usato anche da economisti illuminati a proposito della grande crisi economica mondiale che pesa prevalentemente sui più poveri.
Molte sono state le risonanze e le consonanze che i due relatori del seminario del 30 maggio scorso hanno evocato con competenza didattica e con passione. Il silenzio con cui i nostri studenti hanno seguito il seminario è già un segno importante di curiosità, di desiderio di capire. In questo ascolto di lezioni che portano il segno, ma non il peso, di una chiara matrice religiosa, ho visto personalmente come la separatezza culturale sia solo il frutto di pregiudizi e come ciò rischi di privarci della ricchezza del confronto, dello scambio dialettico e anche di quella “passione per le obiezioni” che Salonia ha indicato come uno dei punti sensibili e cruciali dell’educazione. Viola e Salonia hanno portato alla riflessione di tutti noi concetti su cui siamo perfettamente allineati, punti di riferimento valoriale che indicano un percorso possibile, percorribile, non a binario unico. Un percorso per tutti, ma in specifico indispensabile per chi ha scelto una professione dell’aiuto.