Sabato 15 settembre scorso, nella loro chiesa di Santa Maria del Fiore a Forlì, i cappuccini davano l’addio alla comunità parrocchiale e alle autorità religiose e civili della città. Al termine della celebrazione, e idealmente della loro presenza in questo luogo, il parroco fra Vittorio Ottaviani con un toccante discorso esprimeva a nome suo e dei confratelli il senso profondo dell’evento che si stava realizzando. Ai lettori di MC presentiamo alcuni passaggi del suo discorso.

Paolo Grasselli 

Tra i colori del tramonto

L’abbraccio-saluto dei cappuccini alla comunità di Forlì

di Vittorio Ottaviani
frate cappuccino, ex parroco di Santa Maria del Fiore a Forlì

Image 190Striature di luce

Vediamo di mettere questo congedo sotto il segno dei colori del tramonto. Che si tratti di tramonto è evidente. Ma ogni tramonto, anche se a volte mortificato da nubi, presenta striature di luce e di colori. È «l’ora che volge il disìo» e la memoria spazia lontano fino a raggiungere gli inizi della presenza dei frati cappuccini a Forlì. È una lunga giornata lavorativa, della durata di 500 anni, che per noi frati si conclude. Non è difficile immaginare quel che deve essere accaduto all’inizio, in quel giorno imprecisato del 1539, quando i primi frati cappuccini giunsero a Forlì; anche allora i frati, i fedeli, il vescovo e un altare. Ma si tratta del mattino, all’albeggiare della giornata e dell’avventura dell’Ordine dei cappuccini, con ricchezza di speranza, entusiasmo degli inizi e sogni ancora intatti.

Noi ora, al contrario, ci troviamo a vivere il tramonto, con spirito diverso, dove trovano spazio nostalgie, ricordi soffusi di malinconia o di gioia, assieme al rischio di non coltivare più sogni o progettazioni di vita che si rinnova. Pure è risaputo che, guardando al passato, spesso vicende e volti, ripensati e raccontati, subiscono un processo di trasformazione, da risultare non fedeli a quello che deve essere stato il loro vissuto storico. Questo non mi ha impedito di raccogliere in un opuscoletto, sia pure in modo superficiale, giornalistico e limitativo, alcune notizie e vicende che hanno riguardato la vita dei frati a Forlì ed il loro interagire con la realtà cittadina. Pubblicazione che è a vostra disposizione.

Diamo ora tempo a qualche riflessione per meglio interpretare l’evento, oltre ai ringraziamenti. Come si è giunti a tutto ciò? La risposta istintiva è ben presente nelle migliaia di firme raccolte, nei manifesti appesi, nelle proposte di strumenti di persuasione sui superiori o autorità; o più semplicemente nella sofferenza ed incredulità di numerosissime persone che ci conoscono o hanno frequentato il convento, pieni di bei ricordi. Tutto ciò, sia ben chiaro, noi frati comprendiamo perfettamente e ci ha fatto un enorme piacere, per cui ringraziamo di cuore, anche se non abbiamo potuto favorire l’iniziativa in modo attivo, per timore di andare contro la volontà di Dio.

D’altra parte se le cose stessero solo come da protesta, giusta sarebbe la ribellione contro superiori e frati che non hanno compreso la realtà di Forlì, irriconoscenti e senza sensibilità e lungimiranza; e questo momento di congedo, dovrebbe essere vissuto sotto il segno della rabbia e della frustrazione da parte di tutti; in primis noi frati di Forlì, traditi nel nostro sogno di fedeltà a Dio e a tutti voi. Ma oltre all’istinto, spesso irrazionale, c’è il cuore, la fede, il sogno, oltre alla fiducia nei frati, superiori e non, per cui ora lo stato d’animo mio e credo anche dei confratelli, pur nel tumulto dei sentimenti, è sostanziato di pace e di serenità; come di uccelli che stanno sì per lasciare il nido rassicurante, ma per raggiungere più ampi spazi di cielo e di mistero.

Image 194Guardiamo al passato

Secoli e secoli di presenza di frati a Forlì, ognuno con il proprio volto, storia, limiti, ma anche con ricchezza di fede, opere e spiritualità; tutto ciò non poteva passare sotto silenzio, senza lasciare una scia luminosa. Quanti frati sono morti, specie nel Seicento per assistere gli ammalati di peste! Quante opere e attività, apostoliche e non, hanno caratterizzato la loro presenza nei secoli, con un coinvolgimento unico, di solidarietà, da meritare l’appellativo di “frati del popolo”! Una duplice appartenenza è stata, a ben considerare, la vera ricchezza di tutti: da una parte i miei confratelli di sempre, che sentivano di appartenere alla città di Forlì e quindi ad ogni persona, condividendo bisogni, dolori e gioie, nonché vicende storiche, spesso tormentate, ma pur sempre con grande forza di ricupero; dall’altra parte i forlivesi che hanno visto nei frati delle presenze rassicuranti, compagni di viaggio, amici a cui ci si poteva rivolgere e aprire l’animo, certi di trarne beneficio per il corpo e serenità allo spirito.

Ma si sa pure che i frati, come ogni persona, oltre ad appartenere al popolo, che è sempre una ricchezza, appartengono anche al tempo, che va interpretato e condiziona, portando a scelte e visioni diverse; a sofferenze e speranze che si alternano.

Image 197Veniamo all’oggi.

Certamente sarebbe stato auspicabile che il passato, con la sua abbondanza di vocazioni fosse continuato. Ci sarebbe stata risparmiata la fatica di ripensare le nostre presenze e attività, con scelte spesso dolorose, se non laceranti, contrastate eppure urgenti; senza dimenticare la sensazione di un passato ormai perso, e la fatica di dover interpretare un presente caotico, il nostro tempo, in vista di credibili risposte.

“Mala tempora currunt” verrebbe da dire, con gli antichi; ma che non diciamo, convinti che la storia non la costruiscono solo gli uomini, con i loro limiti, povertà, pazzie o saggezza; ma che all’interno di essa vi è l’azione di Dio che porta avanti i suoi progetti per un maggior benessere dell’uomo e quindi anche di noi e di voi qui presenti. Se dovessimo ripiegarci solo sul rimpianto delle cose che furono, vorrebbe dire complicità con il passato e paura di fronte al nuovo che avanza. Non vogliamo sia così! Ma come?

Permettetemi di trovare la risposta a tale domanda, non in freddi ragionamenti, calcoli, statistiche, pur legittimi; ma all’interno di stati d’animo, vibrazioni, sospetti, tracce di difficile comprensione forse, ma che meglio permettono di cogliere un pezzetto di mistero o il passaggio di Dio, che pare abbia le proprie corsie preferenziali!

Andiamo a quel pomeriggio di un anno fa, con i confratelli raccolti in Capitolo. Ordine del giorno: chiusura di due conventi: Forlì e Porretta Terme. Si apre la discussione e ricordo d’aver messo grande passione, vincendo una certa timidezza congenita, nel presentare all’assemblea tutte le nobili e altrettanto valide motivazioni, in favore della permanenza dei frati a Forlì, sperando di poter indurre così l’Assemblea stessa ad un ripensamento. Segue votazione con conteggio dei sì e dei no ed il risultato è stato una sentenza netta e inappellabile. Muto mi sono seduto, preso quasi da vertigini e con un profondo senso di incredulità e smarrimento, come di un mondo che stesse per crollare. Volti, attività, bambini, giovani e adulti, strutture, rapporti consolidati nel tempo, i poveri, progetti e altro ancora, tutto sotto il pesante interrogativo: ed ora che ne sarà?

Una navigazione, quella della parrocchia e della fraternità, che si pensava potesse procedere, almeno per qualche anno ancora, in modo tranquillo e senza scossoni e che d’improvviso viene sconvolta, e questo sia ben detto, nonostante la sofferenza dei frati nel decretare la chiusura e dei superiori nell’attuarla. Ricordo che mi ci è voluto un certo tempo, per incominciare ad avere serenità di giudizio, per elaborare in una visione di fede l’accaduto ed acquietare la mente in subbuglio. Ora posso dire di esserci riuscito, non prima però d’aver messo sotto la lente della riflessione insegnamenti ricevuti, esempi di tanti altri frati, santi o meno, pagine di vangelo, fantasia, concretezza di lettura dei tempi, trovando pure valida rassicurazione nel senso alto dell’obbedienza attiva, espressione di pienezza di vita.

In questo momento trovo quanto mai vero ciò che si legge nella Bibbia, (Sal 65): «Dio tu ci hai messo alla prova; ci hai fatti passare al crogiolo, come l’argento… ci hai fatti passare per il fuoco e l’acqua, ma poi ci hai dato sollievo». Un sollievo che deriva dal forte convincimento che lo Spirito di Dio, anima della Chiesa, dell’Ordine e della vita spirituale dei singoli e delle comunità, è quanto mai attivo ed è riuscito ad avere la meglio su sensibilità e ragionamenti fin troppo umani, al fine di spingere tutti a rinnovarsi per rinnovare e ad uscire dal rassicurante nido dei propri convincimenti e desideri, a favore di un futuro, fatto come ben sappiamo di incognite e opportunità, paure e speranze, di nuovo che avanza e fragilità, ma pur sempre ricco di Dio.

Se le cose stanno così, come vogliamo credere, ben vengano le chiusure, anche se legate a sofferenza e qualcosa ti muore dentro. Il passato appartiene alla storia; ma il futuro alla fantasia di Dio e a tutti quelli che con atteggiamento di fiducia riescano ad entrare nei suoi sogni. A conclusione direi che possiamo vivere anche questo momento particolare e difficile con una certa serenità d’animo; rientra pur esso nei “segni dei tempi”, che sono la “segnaletica” di Dio.
 

Image 198A te comunità parrocchiale

Ora veniamo a te, comunità parrocchiale, con cui da sempre ci siamo relazionati e appartenuti. Quanti volti, amicizie, complicità! A dire comunità, si fa riferimento non solo alla vostra presenza in chiesa per la preghiera o la messa, ma anche a tutte le persone che annualmente abbiamo incontrato in occasione delle benedizioni delle case o in altre circostanze. Dire comunità significa riferimento alla vostra simpatia e generosità; alla disponibilità di tanti a svolgere molteplici servizi, da quelli più umili, come pulire pavimenti, sistemare fiori, riparare porte o muri, organizzare feste; ma anche quelli più specifici, come curare il servizio del canto per animare la liturgia o la catechesi per preparare i bambini ai sacramenti.

E poi tutte le persone che hanno fatto parte, o fanno parte del Consiglio Pastorale Parrocchiale e con cui abbiamo condiviso sofferenze per risultati non ottenuti, ma anche gioie; difficoltà di programmazione, assieme alla consapevolezza di dover essere voce della comunità; con dialogo a volte vivace, ma non da togliere lo spirito alla comunione e collaborazione. Penso alle persone che noi frati abbiamo aiutato nella sofferenza, a vivere cristianamente il passaggio a Dio, ai cuori riconciliati per mezzo della confessione. In questa circostanza particolare, come ho potuto constatare specialmente in questi ultimi tempi, la parola “comunità” per tanti ha voluto dire commozione, smarrimento, preoccupazione per il futuro, voglia di abbraccio profondo e duraturo, a volte lacrime e altro ancora. Dio lo sa!

È tutta una ricchezza enorme di umanità, fede, generosità, simpatia, amicizia, amore a cui ora, il solo dire grazie, sarebbe riduttivo e povero; preferisco paragonare tutto questo ad un gradevolissimo e pregiatissimo profumo, che io, padre Aurelio e noi frati abbiamo il dovere di custodire gelosamente nel cuore, facendo attenzione che esso non si disperda; ma attraverso la piacevolezza del ricordo, la freschezza della preghiera, la simpatia intatta, sia di lunga durata.

Abbiamo iniziato con la parola altare e con la medesima parola terminiamo. Sicuramente non potrò mai dimenticare, tutte le volte che celebrerò, la bellezza dei vostri volti, delle vostre presenze, del darsi la pace, di domenica, da parte dei bimbi, con quel piccolo e significativo gesto del segno della croce sulla fronte del vicino, che essi vivono sì come un gioco, ma che noi sappiamo essere pieno di Dio. Ed anche se ci si troverà, in seguito, a celebrare in luoghi diversi, di fronte ad altre assemblee, queste non vi sostituiranno nel nostro cuore, troppo forti i legami maturati in tanti anni, al limite si sommeranno.

Altare significa croce e risurrezione. La croce in questo particolare momento ci richiama allo smarrimento del Venerdì Santo; ma resta pur vero che con fede, speranza e voglia di futuro, vi è la possibilità di essere raggiunti anche dalla luce della Risurrezione.

I colori del tramonto, a cui ho accennato all’inizio, sono un sicuro richiamo a quelli dell’aurora e della vita che riprende e si rinnova! A tutti il mio e nostro abbraccio.