In missione saluta l’arrivo dell’inverno con le immagini dei Campi di lavoro missionario che hanno impegnato tanti volontari nell’estate appena trascorsa. Chi invece guarda al prossimo freddo con preoccupazione è chi ha subìto gravi danni dai sismi che hanno colpito l’Emilia in maggio e di cui parla padre Remo, raccontando l’incontro tra i frati e la gente terremotata.

Saverio Orselli

Camminando dove la terra trema

Conversazione con Remo Ferrari superiore della fraternità di San Martino in Rio

Image 157In ginocchio

20 maggio 2012, ore 4.03: la terra trema, con epicentro Finale Emilia, sfiorando la magnitudo di 5.9, più o meno la stessa registrata alle 9.00 del 29 maggio, mettendo in ginocchio un’area molto vasta, che si credeva immune dai terremoti devastanti, in cui la terra non si è fermata e continua, seppure sempre più lievemente, a tenere in apprensione le popolazioni di una mezza dozzina di province, da Modena a Reggio Emilia, Parma, Bologna, Ferrara, Mantova, Rovigo, con epicentri sparsi lungo quasi cento chilometri di territorio.

San Martino in Rio, uno dei due centri missionari dei frati cappuccini dell’Emilia-Romagna (l’altro è Imola), è lungo quei cento chilometri, verso l’estremità a sud-ovest e non ha subito i danni che le tante scosse hanno sparso nella vicina provincia di Modena.

Reagire subito

Fin dalla mattina di domenica 20 maggio padre Remo, guardiano del convento di San Martino in Rio, ha iniziato il suo impegno a favore delle popolazioni terremotate, cominciando a raccogliere prodotti alimentari e aiuti di vario genere, in particolare per la zona di San Possidonio, «dove sono arrivato un po’ per caso, e dove ho incontrato il parroco e la vicesindaco». «Siamo stati tra i primi a portare aiuti, mentre ancora si stavano attivando i centri di distribuzione, a San Possidonio, dove ha cominciato rapidamente a lavorare il Campo della Protezione Civile della Regione Lazio, seguito da quello della Toscana», mi dice padre Remo raccontando la bella attività di solidarietà nei confronti delle popolazioni terremotate, che ha visto coinvolti i cappuccini italiani. «La nostra è stata una presenza soprattutto in parrocchia ma anche nei Campi della Protezione Civile, per essere vicini alla gente in un momento così difficile. Inizialmente ero presente solo io, ma appena il nostro provinciale, padre Matteo, ha presentato alla CIMP Cap (la Conferenza Italiana dei Ministri Provinciali Cappuccini) la relazione che mi aveva chiesto di preparargli, il coinvolgimento si è rapidamente allargato a tutte le Province cappuccine. Hanno cominciato ad arrivare delle offerte, ma soprattutto hanno aderito dei frati, primo fra tutti padre Giuseppe del convento di Padova che è venuto a trascorrere le sue due settimane di vacanza a servizio delle popolazioni colpite dal terremoto. Dopo di lui, altri frati si sono resi disponibili, tanto che in una successiva relazione ai provinciali, ho chiesto che ci si organizzasse per assicurare una sorta di staffetta, così da evitare momenti di sovraffollamento e altri di assenza. Ci sono stati arrivi dalla Provincia di Milano, molto attiva nell’aiuto, poi sono venuti quattro studenti della Provincia di Bari, mentre gli studenti di Scandiano hanno fatto a loro volta due settimane di presenza a Cavezzo».

«Tutti i frati - compresi gli studenti - hanno visitato i Campi degli sfollati, distribuendo gli aiuti raccolti dalla Caritas. Un compito particolare era quello di raggiungere e portare aiuto ai Campi spontanei, sorti qua e là. In ogni paese è stato allestito un Campo della Protezione Civile, ma, allo stesso tempo sono sorti dei Campi spontanei, perché, mentre in quelli della Protezione Civile erano ospitate le persone che avevano avuto la casa distrutta, negli altri, sorti nei giardini vicini alle abitazioni, preferivano viverci i proprietari di quelle case lesionate, per star vicini alle proprie cose o ai propri campi, quasi fosse un impegno a riprendersi al più presto. Ecco, noi frati andavamo soprattutto a trovare le persone in questi Campi spontanei o accampate vicino alle proprie case per portare aiuto e una presenza. Poi siamo stati nelle parrocchie, dove abbiamo confessato tante persone e portato qualche parola di speranza, in un momento in cui ce n’era davvero molto bisogno, perché la gente era colpita dentro, avvilita e aveva bisogno di essere “riattivata”. Tutti i frati, in ogni circostanza, oltre a poter portare una parola di sostegno, avevano la possibilità di soccorrere anche materialmente le persone che avevano bisogno, grazie agli aiuti ricevuti dalle Province cappuccine, non solo con le raccolte durante le messe domenicali, ma anche in alcuni casi direttamente dalle casse della Provincia».

Image 164Coordinarsi con fantasia

«Nel frattempo, nel nostro centro a San Martino in Rio sono continuate le raccolte non solo di generi alimentari, ma anche di tutte le altre cose, perché mentre inizialmente gli aiuti in cibo erano indispensabili, presto sono arrivati i materiali frutto delle grandi raccolte e non c’è stato più bisogno dei nostri. Alla gente a quel punto però mancavano altri generi che a San Martino avevamo a disposizione nel mercatino allestito per raccogliere fondi per le missioni. La gente - soprattutto quella dei Campi spontanei, perché quelli della Protezione Civile da questo punto di vista hanno una organizzazione che prevede un protocollo e una disciplina molto rigidi - chiedeva armadi, tavoli, sedie, stufe per cucinare. Così ho chiesto ai responsabili del mercatino di fare uno sforzo particolare e mettere queste cose a disposizione di chi ne aveva bisogno».

«Anche nei modi di portare aiuto ci vuole fantasia. Così, oltre al pagare direttamente la spesa a qualche anziano, sono stati utilizzati anche metodi simpatici, legati al gioco, come l’immancabile tombola, nella quale i premi erano spendibili presso quel tal panettiere che aveva riavviato l’attività in condizioni precarie e aveva bisogno di aiuto a sua volta o in quella pizzeria che aveva riaperto in un locale di fortuna».

Il centro di San Martino in Rio è diventato così, fino ad agosto, il punto di riferimento per i frati disponibili a questo tipo di solidarietà diretta, con la possibilità di dormire nel convento, dove pian piano è passata la paura e anche la fraternità, dopo i primi tempi trascorsi in giardino, è tornata a dormire nelle camere.

Image 160Non solo risposte materiali

«Il lavoro più intenso si è protratto fino ai primi di agosto, mentre adesso si è fatto più sporadico, limitato ai miei viaggi. La cosa bella è che i frati che hanno partecipato a questa attività, mettendosi a disposizione per una o due settimane, si sono impegnati per cercare le figure di cui c’era bisogno, come un cuoco o uno psicologo o anche solo un pedicure. E la gente ha apprezzato moltissimo la nostra presenza. Gli stessi amministratori pubblici ci hanno accolti con molta disponibilità, accettando anche di dialogare con noi, quando ci presentavamo per portare le richieste di questo o quel Campo spontaneo».

«In un momento di grande tristezza, quando hai perso tutto, c’è bisogno di qualcuno che sappia dirti parole di speranza, che sappia riattivare e far rifiorire proprio quella speranza sbriciolata tra le macerie dei simboli del paese. Abbiamo cercato di spiegare che, se anche il campanile o la chiesa o il palazzo comunale sono crollati, rimangono gli uomini che possono restituire valore e forma a ciò che è crollato. Purtroppo, quando vedi distrutto il lavoro di una vita non è facile riprendersi e ricominciare, neppure per un parroco, e le chiese colpite sono state davvero tante. La nostra presenza, con una parola di speranza per tutti, è stata importante e l’impegno di trovare risposte non solo materiali ai bisogni del momento - come cercare catechisti o animatori o altre figure che sapessero riempire un vuoto - è stato molto apprezzato dalla gente, che ci ha sentito davvero “frati del popolo”».