Image 009Ce la faremo

di Dino Dozzi
Direttore di MC

Molti gli avvenimenti di quest’estate e molti quelli che ci attendono nel prossimo ottobre. Ne prendiamo in considerazione quattro, due per l’estate (terremoto e Family 2012) e due per ottobre (cinquantesimo dell’apertura del concilio Vaticano II e Anno della fede). Dato che MC 8 (ottobre) è costituito dal calendario “Frate Tempo 2013” interamente dedicato alle nostre Missioni, facciamo qui il punto della situazione.

Da maggio l’Emilia trema portando anche vicinissimo a casa nostra morti, paura, danni enormi di ogni tipo. Si ha voglia di riprendere subito il lavoro, ma i capannoni cadono e si indaga sulle cause (si pensava che in Emilia le cose e le case fossero fatte come si deve). Lavoro, iniziativa, organizzazione, cooperazione, coraggio sono caratteristiche della gente emiliana: ora però ha bisogno anch’essa di solidarietà. È ben laica l’Emilia, ma c’è rimasta male a vedere anche le sue chiese danneggiate, crollate, chiuse. Tutti a ripetere che bisogna far presto a riprendere il lavoro, a ricostruire, a ricominciare. Ce la faremo.

All’inizio di giugno il Family 2012, il VII Incontro mondiale delle famiglie a Milano. Il messaggio è stato forte e chiaro: la famiglia è il vero grande patrimonio dell’umanità. L’economia e la finanza traballano, il lavoro diminuisce, la sicurezza sociale vien meno; l’ammortizzatore reale per molti miliardi di persone resta la famiglia. Vecchia, contestata, ridotta o “allargata”, difficile da costruire e da lasciare, resta il grande, forse ormai unico, punto di riferimento per tutti. Il collegamento tematico della famiglia con il lavoro e la festa ha inteso rimettere insieme tre realtà essenziali, interdipendenti e complementari: il lavoro è necessario per vivere e per realizzarsi, ma non deve uccidere la famiglia e la possibilità della festa. Abbiamo bisogno di lavoro, di pane e di denaro, ma abbiamo bisogno anche di relazioni, di affetti, di festa, di famiglia. Dobbiamo recuperare l’equilibrio, passando dal vivere per lavorare al lavorare per vivere, in modo il più possibile umano e aperto a tutte le dimensioni della persona. La solidarietà, la festa e la religiosità non fanno male alla persona e alla famiglia, tutt’altro.

L’11 ottobre prossimo ricordiamo i cinquant’anni dall’apertura del concilio Vaticano II. Molti lettori non erano ancor nati e forse fanno fatica a cogliere l’enorme importanza di quell’evento. I teologi continuano a discutere sul modo di interpretare quegli anni e quei documenti: ermeneutica della rottura o della continuità? Gli storici notano la fatica nella ricezione del Vaticano II e invitano a non scoraggiarsi: per cambiare mentalità, soprattutto poi se religiosa, servono alcune generazioni. Perché di questo si tratta: da una mentalità di contrapposizione Chiesa-mondo, ad una mentalità di “Chiesa nel mondo contemporaneo” e per il mondo di oggi, con la sua sensibilità, il suo linguaggio, la sua cultura. Da una Chiesa custode attentissima di dogmi intangibili di secoli passati, ad una Chiesa maternamente preoccupata di trasmettere agli uomini e alle donne di oggi una fede che renda comprensibile e attraente l’amore di Dio per ognuno.

Sempre l’11 ottobre inizia l’Anno della fede, indetto dal papa Benedetto XVI con la lettera apostolica Porta fidei, dove non a caso ritorna più di una volta l’espressione «la bellezza della fede». Un anno che parte con il Sinodo dei Vescovi in ottobre su “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Come si vede, il problema non è la “conservazione”, ma la “trasmissione” della fede cristiana. Con tutta la complessità di tale operazione, che include certo dei contenuti, ma che tocca soprattutto il modo di trasmetterli. Serviranno maestri, ma prima di tutto testimoni di questa fede. E bisognerà conoscere i destinatari, con la loro lingua, la loro sensibilità, la loro cultura, le loro delusioni anche, derivanti da scandali passati e presenti. Bisognerà conoscere le regole del dialogo, che o è sincero o non è. Bisognerà dimenticare arroganza e clericalismo per acquisire uno stile umile e rispettoso. La lettera di san Francesco a tutti i fedeli ha molto da insegnare sia quanto a contenuti sia soprattutto quanto a stile di evangelizzazione (FF 179-206).

Con generosità e coraggio portiamo solidarietà concreta; con umiltà e fiducia testimoniamo la bellezza della fede! Insieme ce la faremo!