Image 009Il bene comune, soprattutto

di Dino Dozzi
Direttore di MC

È famosa la frase di Mark Hanna, repubblicano e oppositore di Theodore Roosvelt: «In politica contano due cose: una sono i soldi, l’altra non riesco a ricordarmela». Noi vorremmo tentare di ricordare qui proprio la seconda cosa. Che è il bene comune.

Il capitalismo sfrenato e senza regole, con il profitto come unico obiettivo, non è più nel capitolo delle soluzioni, ma in quello dei problemi: il tutto ingigantito dal contesto della globalizzazione. Chi comanda pare non essere più la politica ma l’economia. Pare, perché in effetti anche questa è poi una scelta politica. Alle leggi della democrazia pare si siano sostituite le leggi del mercato. Pare, perché anche questa sostituzione è frutto di marchingegni elettorali scelti da maggioranze dalla memoria corta.

Non vogliamo delegittimare né gli economisti né i politici: c’è bisogno di questi e di quelli, ma in una reale democrazia e in una vera ricerca del bene comune. Il nostro attuale governo tecnico - definito dalla CEI un «Esecutivo di buona volontà» - sta facendo del suo meglio, certamente meglio di quello precedente, anche se i “veto” incrociati, le chiusure corporative e le pressioni lobbistiche ne limitano le possibilità di azione. I partiti stanno facendo grandi manovre nel tentativo di riconquistare una fiducia sperperata soprattutto negli ultimi tempi.

La Chiesa ha incominciato a dire, finalmente con chiarezza, che evadere le tasse è peccato e che non intende coprire auto-esenzioni improprie. La chiarezza dell’analisi ecclesiale sulla società e sulla politica non è mai mancata, e questo le è stato sempre e da tutti riconosciuto. Forse mancava un po’ la chiarezza nel passaggio dalla teoria alla pratica, dal discorso generale a quello interno: pare che stia arrivando anche questa seconda chiarezza, cioè un limpido e coraggioso buon esempio che ha grande peso in quanto sposa religiosità e mentalità, fede e cultura, in nome del bene comune.

Il peso delle attività caritative e assistenziali della Chiesa in Italia è enorme, diffuso capillarmente su tutto il territorio. Si tratta di una ricchezza culturalmente e socialmente straordinaria che non deve venire offuscata da privilegi o storture imbarazzanti: la CEI ha imboccato decisamente la strada della chiarezza e della collaborazione con lo Stato. Hanno tutto da guadagnarci sia lei, sia lo Stato, sia soprattutto quel numero crescente di persone in difficoltà - e non sono solo extracomunitari - che non ce la fanno più a pagare le bollette, a mandare i bambini all’asilo, a fare il pieno di benzina. Sempre più spesso, non ce la fanno più neppure a comprarsi un paio di scarpe o a fare la spesa per il giorno dopo.

Non solo dal capitalismo selvaggio, ma anche dai discorsi sui massimi sistemi bisogna calare nella quotidianità di queste persone. Che noi, nel nostro piccolo, intendiamo appoggiare non solo difendendo il non profit, ma anche incoraggiando l’operazione chiarezza intrapresa dalla Chiesa. Il bene comune è il bene di tutti. Alcune categorie di persone sanno difendersi da sole, altre hanno bisogno di aiuto. Come francescani vogliamo farci voce di chi non ha voce.

C’è più che mai bisogno di politici onesti e coscienziosi, di economisti competenti e trasparenti, di cittadini impegnati e responsabili. In tutte e tre le categorie non farebbero certamente male anche dei cristiani coraggiosi e collaborativi, critici e aperti al dialogo, difensori con le parole e ancor più con la vita, della giustizia per tutti e dell’attenzione ai meno fortunati. È urgente una vera alleanza di tutti per il bene comune. Perché la crisi mondiale nella quale ci troviamo da alcuni anni dovrebbe insegnarci almeno una cosa: che a pensare solo a se stessi si va a fondo tutti.

Per finire, potremmo tentare una frase famosa anche noi: «Nella vita contano due cose: una è il bene comune, l’altra non importa ricordarsela».