Il dialogo sincero è fondato sul rispetto reciproco e sulla capacità di comprendere l’altro. Non è efficace se si nascondono le differenze e si costruisce più facilmente sulla consapevolezza di avere qualcosa in comune. Nel 2007 è cominciato un cammino coraggioso che coinvolge islamici e cristiani su una “parola comune”: Dio è amore. Questo percorso ci convince perché ci lega come esseri umani. Appare a volte difficile, forse per la mancanza di coraggio di tenere le porte aperte.

Barbara Bonfiglioli

 Una parola comune tra noi e voi

La lettera dei saggi musulmani a papa Benedetto XVI

di Davide Righi
docente di Teologia fondamentale alla FTER di Bologna

Image 154Dialogo tra le genti del libro

La lettera aperta dei saggi musulmani a Sua Santità Papa Benedetto XVI che inizialmente - il 13 ottobre 2007 - fu pubblicata con una lista di 38 sottoscrittori, alla fine del 2009 ne aveva racimolati ben 299 ed ora, a metà del 2012, ne conta 309. Va ricordato che tale lettera non nacque motu proprio, ma come una risposta articolata al papa Benedetto XVI. Era stato lui che, nel suo discorso tenuto a Regensburg il 12 settembre 2006, aveva riportato le parole dell’imperatore bizantino del XIV secolo sintetizzando la propria riflessione con le parole dell’imperatore «Non agire secondo ragione, non agire con il logos, è contrario alla natura di Dio» e affermando che è «a questo grande logos, a questa vastità della ragione, che invitiamo nel dialogo delle culture i nostri interlocutori».

Successivamente a quella esternazione di Benedetto XVI avevamo assistito all’ondata di rivolte popolari suscitate nel mondo musulmano dall’ignoranza del discorso integrale del Papa e dalle distorsioni che i telegiornali e i giornali ne avevano fatto quasi che il Papa avesse denigrato Maometto, il profeta dell’Islam.

La lettera che si intitola A common word (Una Parola Comune tra Noi e Voi) si indirizza non solo a papa Benedetto XVI, ma anche ai patriarchi ortodossi e cattolici di tutto il mondo nonché alle personalità cristiane di spicco nelle Chiese protestanti e alle guide delle Chiese cristiane di tutto il mondo che non hanno mancato di rispondere.

Il suo contenuto trae lo spunto dal versetto coranico della Sura della famiglia di Imran, dove si dice: «Di’: O Genti del Libro! Venite a una parola comune tra noi e voi: che non

adoriamo altri che Dio, e non associamo a Lui cosa alcuna, e che nessuno

di noi scelga altri signori accanto a Dio. E se essi non accettano dite loro:

Testimoniate che siamo coloro che si sono dati completamente a Lui» (Corano 3:64).

È questo «Venite a una parola comune tra noi e voi» che ha guidato la redazione della lettera, in obbedienza a quanto il Corano prescrive, cioè il comando di rivolgere questo invito «Genti del Libro».

Tale lettera si struttura in tre parti: nella prima si tratta dell’amore di Dio (nel Corano e nella Bibbia, prima Antico Testamento poi Nuovo Testamento); nella seconda dell’amore per il prossimo e nella terza si perviene a questa parola comune. Non mi voglio soffermare direttamente sul contenuto del testo, ma voglio offrire una riflessione critica.

Come opera di saggi musulmani, è inusuale e nuova alla grande tradizione islamica, soprattutto sunnita. Il fatto stesso che nella prima parte si voglia riflettere sull’amore di Dio è raro per la tradizione islamica stessa che vede sì nel Corano espressioni che si possono ricondurre all’espressione cristiana “amare Dio” (come ad esempio «Dio li ama ed essi lo amano», Corano 5:54), ma la grande tradizione ha preferito ragionare sui nomi di Dio («il Clemente», «il Misericorde», «il Provvidente», ecc.) e ricavare da essi le sue verità desumibili razionalmente (gli attributi, cioè: la clemenza, la misericordia, la provvidenza) e non addentrarsi nel tentativo di comprendere o definire “chi è Dio”. La tradizione islamica ha prediletto il volontarismo, assumendo la rivelazione non quale un messaggio di amore di Dio agli uomini, ma quale comunicazione di una legge che deve essere fatta vigere nella comunità dei credenti.

Image 161Consapevolezza delle differenze

Certamente la lettera non ignora le differenze delle due tradizioni, ma ritiene questi due comandamenti ritrovabili in certo qual modo (ma su questo modo, ci sarebbero diverse cose da dire come ho accennato sopra) nei testi sacri della tradizione islamica e delle religioni cristiana ed ebraica.

Il testo è già certamente un passo avanti, che ha portato a passi successivi (quale, ad esempio, la dichiarazione congiunta fatta il 6 novembre 2008 al termine del Forum cristiano-islamico promosso dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso) nei quali i rappresentanti della parte cristiana hanno tenuto a precisare tutto ciò che la lettera dei saggi musulmani tende a mettere in secondo piano. Appariva evidente la volontà della rappresentanza cristiana di precisare in modo più conforme alla fede cristiana quei due comandamenti dell’amore.

Personalmente, avendo letto il testo della lettera con alcuni musulmani due anni dopo la sua pubblicazione, ritengo che il testo avrebbe potuto essere una base di dialogo, ma necessitava di chiarificazioni da parte cristiana che esplicitasse meglio la propria fede e la propria “mens” in conformità alla tradizione cattolica di cui io ero rappresentante di fronte a rappresentanti della tradizione islamica sunnita, e, soprattutto, che tale dialogo non potesse fermarsi alle questioni di principio ma dovesse poi estendersi a come queste questioni di principio vengono proposte e vissute concretamente.

Se è centrale l’amore di Dio e l’amore del prossimo anche nell’islam, e se la lettera dei saggi musulmani dice che «in altre parole musulmani, cristiani ed ebrei dovrebbero essere liberi di seguire ognuno quello che Dio comandò loro», come si concilia questo con la libertà religiosa spesso negata o fortemente limitata nelle società islamiche non solo ai cristiani?

Quindi il dialogo sincero che non si concentra solo su quello che non offende la controparte, ma che non nasconde le differenze, è preferibile e sempre auspicabile, e lo si deve fare cercando una «parola comune tra noi e voi», ma non perché lo dice il Corano o la Bibbia, bensì perché è conforme alla sana ragionevolezza umana e al buon senso.

Il testo in italiano della lettera è scaricabile al sito www.acommonword.com nella sezione download.