A guardarci bene

L’arte del compromesso e il “non expedit”

di Loris Scarpelli
docente di Storia della Chiesa all’ISSR Sant’Apollinare di Forlì

Image 088I diversi volti della Chiesa

Oggi è in voga rappresentare la Chiesa come integralista, conservatrice e si tende ad applicare questo modo di vedere anche alle epoche passate. In effetti, nel XIX secolo, essa condannò l’invenzione del treno; impedì ai sacerdoti l’uso della bicicletta; ribadì il divieto alla partecipazione agli spettacoli teatrali; vietò il ballo del tango (divieto poi revocato). I cambiamenti sociali erano visti con sospetto, quando non apertamente condannati. In un libretto del primo decennio del XX secolo, un sacerdote biasimava «le donne che fumano in pubblico e accavallano le gambe! Dove andremo a finire?». Questi fatti, se vogliamo secondari, vanno visti assieme ad altre prese di posizione ben più significative.

Nel 1700 la Chiesa condannò l’Enciclopedia di Diderot, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino espressa dalla Rivoluzione francese, la legislazione napoleonica. In seguito, per quel che riguarda l’Italia, le gerarchie furono, in molti casi, contrarie al movimento di unificazione nazionale. Si arrivò a scomunicare i Savoia e ad impedire ai cattolici la partecipazione diretta alla vita politica della nuova nazione. Perché, dunque, la Chiesa ha mostrato queste chiusure? Occorre sgombrare il campo da alcune confusioni. La Chiesa non è composta esclusivamente dalla gerarchia. Il papa e i vescovi compiono nella Chiesa un ministero. Questo è talmente importante che li mette in assoluta evidenza e dà a loro un grande rilievo. Resta però un ministero, ovvero un servizio, reso a favore di tutti i cristiani che, assieme alla gerarchia, formano la Chiesa.

L’esempio del “non expedit” (non conviene) di Pio IX è, da questo punto di vista, illuminante. La Chiesa dell’Ottocento si vedeva attaccata da ogni parte. Questa affermazione non è una esagerazione. Nel 1798 Napoleone aveva rapito il papa, allora Pio VI, trasferendolo in Francia. Quando questi morì, si diede l’avviso che era morto l’ultimo papa. Le posizioni contrarie al ruolo della Chiesa nella società del tempo si moltiplicavano, così come le riflessioni sulla non storicità di Gesù o sulla non esistenza di Dio. Nuovi valori, nuovi stili di vita iniziavano ad imporsi. Di fronte a tutto ciò i pastori non potevano far finta di nulla. Perché? Perché la Chiesa è madre e maestra. La Chiesa è madre amorevole e maestra di vita e come tale deve richiamare i propri figli al bene, per amore loro, anche quando essi sbagliano convinti di fare bene.

Image 090L’immobile fermento

Ma l’Ottocento e il Novecento erano i secoli del progressismo, dell’idea, cioè, che il progresso umano andasse necessariamente verso il bene, migliorando costantemente. Solo in questi ultimi decenni si è iniziato a mettere in discussione quest’idea, cosa che pontefici come Pio IX, Leone XII o Gregorio XVI, i papi reazionari, avevano già fatto duecento anni fa. Ma se alla gerarchia è toccato assumere una posizione di condanna, ciò non significa che la Chiesa, intesa nel suo complesso di comunità vive, inserite nel tessuto della società, sia rimasta immobile. E torniamo al non expedit. Questa espressione indicava la risposta che la Santa Sede e il Papa avevano fornito alla domanda di alcuni vescovi e laici italiani sulla opportunità per un cattolico di far parte, come politici e amministratori, dello Stato che aveva “scippato” il potere temporale della Chiesa. La risposta fu: «non conviene». Quindi: «Né eletti, né elettori» si disse.

Per tutta la seconda metà dell’Ottocento, dunque, proprio quando la nazione poneva le sue nuove basi, i cattolici si astennero dalla partecipazione attiva a questi lavori fondativi. Questo fatto storico ci permette di riflettere su un punto: è possibile, dunque, per un cattolico, esimersi dall’azione politica (intesa in senso generale e non solo partitico)? La risposta che troviamo nella storia della Chiesa in Italia ci dice di no! In effetti, l’assenza dei cattolici dal Parlamento italiano creò notevolissimi danni alla Chiesa stessa. Basti ricordare come fin dal 1861 lo Stato unitario aveva iniziato a dare la caccia ai beni della Chiesa, sostanzialmente per “fare cassa”. Questo, però, non fermò il lavoro di evangelizzazione dei cattolici. Se il Magistero papale aveva escluso la strada della politica organizzata, essi si aprirono, con coraggio e spesso a costo di persecuzioni, al sociale.

Image 094La missione ricevuta da Dio

Questi sono, infatti, gli anni di don Bosco, di Giuseppe Toniolo, dell’Opera dei Congressi, dell’Azione Cattolica, del proliferare di giornali diretti da sacerdoti battaglieri, delle Casse di Risparmio, delle Associazioni bianche dei lavoratori. Se da un lato lo Stato accantonava l’insegnamento teologico e religioso, dall’altro numerosi parroci aprivano asili, scuole elementari, istituti artigiani, banche. Si fondavano case editrici e tipografie, diffondendo la “buona stampa” dedicata alle famiglie, ai bambini, alle donne. Non si può, infine, non ricordare tutta l’enorme mole di opere assistenziali svolte da ordini religiosi e da laici in favore dei bisognosi.

Dal punto di vista puramente storico il non expedit trovò la sua fine nel 1919, ad opera di Benedetto XV, quando ormai i tempi erano maturi e lo stesso divieto era già stato ampiamente superato da una decina di anni. L’episodio storico del non expedit mostra come sia parte intrinseca della Chiesa e sua caratteristica tipica una certa dualità: da un lato essa deve, per proprio statuto, indicare la verità, dall’altro essa guarda con attenzione a coloro ai quali questa verità deve essere indicata. Questo vale per i pastori, ma vale anche per i fedeli, che sanno dove ascoltare la Verità, ma sanno pure che la devono declinare (non adattare) secondo le concrete situazioni di vita. Il principio dell’Incarnazione è il criterio e la guida sicura per ogni pastore, che deve conoscere le proprie pecore e per ogni discepolo, che riconosce la voce del proprio pastore.

Lo stesso pontefice che espresse il non expedit e i suoi successori che lo mantennero furono, infatti, gli stessi che benedirono e favorirono il nuovo modo dei cattolici di essere presenti nella società. Non fu quindi dai banchi di un Parlamento che i cattolici italiani dell’Ottocento e del primo Novecento testimoniarono di essere discepoli di Cristo, ma da quelli delle scuole, dai campi, dagli uffici delle banche, dalle officine, dalle case. L’intuizione della Chiesa in Italia fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento fu quindi quella di essere lievito nella pasta, con passione, sofferenza e attesa, spesso in favore di quelli che la contrastavano. Una riflessione del teologo von Balthasar mi pare illuminante: «Il cristiano dice sì a Dio e ne riceve la sua missione per gli uomini. E l’uomo nel mondo dice sì al suo compito per il mondo - nella famiglia, nello stato, nella società - e nella misura in cui è anch’egli un servo, è un membro usabile».