A guardarci bene
L’arte del compromesso e il “non expedit”
di Loris Scarpelli
docente di Storia della Chiesa all’ISSR Sant’Apollinare di Forlì
I diversi volti della Chiesa
Oggi è in voga rappresentare
Nel 1700
L’esempio del “non expedit” (non conviene) di Pio IX è, da questo punto di vista, illuminante.
L’immobile fermento
Ma l’Ottocento e il Novecento erano i secoli del progressismo, dell’idea, cioè, che il progresso umano andasse necessariamente verso il bene, migliorando costantemente. Solo in questi ultimi decenni si è iniziato a mettere in discussione quest’idea, cosa che pontefici come Pio IX, Leone XII o Gregorio XVI, i papi reazionari, avevano già fatto duecento anni fa. Ma se alla gerarchia è toccato assumere una posizione di condanna, ciò non significa che
Per tutta la seconda metà dell’Ottocento, dunque, proprio quando la nazione poneva le sue nuove basi, i cattolici si astennero dalla partecipazione attiva a questi lavori fondativi. Questo fatto storico ci permette di riflettere su un punto: è possibile, dunque, per un cattolico, esimersi dall’azione politica (intesa in senso generale e non solo partitico)? La risposta che troviamo nella storia della Chiesa in Italia ci dice di no! In effetti, l’assenza dei cattolici dal Parlamento italiano creò notevolissimi danni alla Chiesa stessa. Basti ricordare come fin dal 1861 lo Stato unitario aveva iniziato a dare la caccia ai beni della Chiesa, sostanzialmente per “fare cassa”. Questo, però, non fermò il lavoro di evangelizzazione dei cattolici. Se il Magistero papale aveva escluso la strada della politica organizzata, essi si aprirono, con coraggio e spesso a costo di persecuzioni, al sociale.
La missione ricevuta da Dio
Questi sono, infatti, gli anni di don Bosco, di Giuseppe Toniolo, dell’Opera dei Congressi, dell’Azione Cattolica, del proliferare di giornali diretti da sacerdoti battaglieri, delle Casse di Risparmio, delle Associazioni bianche dei lavoratori. Se da un lato lo Stato accantonava l’insegnamento teologico e religioso, dall’altro numerosi parroci aprivano asili, scuole elementari, istituti artigiani, banche. Si fondavano case editrici e tipografie, diffondendo la “buona stampa” dedicata alle famiglie, ai bambini, alle donne. Non si può, infine, non ricordare tutta l’enorme mole di opere assistenziali svolte da ordini religiosi e da laici in favore dei bisognosi.
Dal punto di vista puramente storico il non expedit trovò la sua fine nel 1919, ad opera di Benedetto XV, quando ormai i tempi erano maturi e lo stesso divieto era già stato ampiamente superato da una decina di anni. L’episodio storico del non expedit mostra come sia parte intrinseca della Chiesa e sua caratteristica tipica una certa dualità: da un lato essa deve, per proprio statuto, indicare la verità, dall’altro essa guarda con attenzione a coloro ai quali questa verità deve essere indicata. Questo vale per i pastori, ma vale anche per i fedeli, che sanno dove ascoltare
Lo stesso pontefice che espresse il non expedit e i suoi successori che lo mantennero furono, infatti, gli stessi che benedirono e favorirono il nuovo modo dei cattolici di essere presenti nella società. Non fu quindi dai banchi di un Parlamento che i cattolici italiani dell’Ottocento e del primo Novecento testimoniarono di essere discepoli di Cristo, ma da quelli delle scuole, dai campi, dagli uffici delle banche, dalle officine, dalle case. L’intuizione della Chiesa in Italia fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento fu quindi quella di essere lievito nella pasta, con passione, sofferenza e attesa, spesso in favore di quelli che la contrastavano. Una riflessione del teologo von Balthasar mi pare illuminante: «Il cristiano dice sì a Dio e ne riceve la sua missione per gli uomini. E l’uomo nel mondo dice sì al suo compito per il mondo - nella famiglia, nello stato, nella società - e nella misura in cui è anch’egli un servo, è un membro usabile».