La follia evangelica

La novitas franciscana nel XIII secolo inaugura una nuova antropologia

di Grado Giovanni Merlo
docente di Storia del cristianesimo presso l’Università degli Studi di Milano

Image 035Pauper Christi

Nella lunghissima storia delle esperienze cristiane è assai difficile individuare novità di carattere totale e assoluto: non fosse altro perché il riferimento fondativo permane il medesimo, Gesù Cristo e il modello ideale è sempre la sequela Christi. Certo, le forme in cui vivere il vangelo mutano in relazione al cambiare dei contesti. Ne potremmo derivare che le novità sono date in principal luogo dai contesti, nei quali i singoli cristiani e le chiese sono collocati e danno la loro testimonianza di fede. Pertanto, occorre abbandonare velleità di natura astratta e scendere nel concreto delle esperienze cristiane.

Proprio sul piano concreto si staglia, spesso più di altre, la vicenda evangelica di frate Francesco d’Assisi: a sua volta da non astrarre dai rapporti con i suoi fratelli/frati e con gli uomini della Chiesa romana, oltre che con la società degli inizi del Duecento. Cerchiamo di renderne conto in modo sintetico e parziale, consapevoli che in questa sede non si potrà affrontare ogni aspetto di un tema molto complesso e articolato e ci si dovrà limitare agli aspetti di maggiore e immediata evidenza.

Muoviamo dalla conversione di Francesco, figlio di Pietro di Bernardone, secondo quanto egli stesso narra nel suo Testamento del 1226: «Il Signore così diede a me, fratello Francesco, di iniziare a fare penitenza, poiché, essendo nei peccati, troppo mi sembrava amaro vedere i lebbrosi. E lo stesso Signore mi condusse in mezzo a loro e feci misericordia con loro. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi si trasformò in dolcezza d’animo e di corpo».

Dove individuiamo in questo brano, che rimanda a un momento decisivo della vita del Poverello, la novità? Non nuovi erano una crisi di coscienza e un cambiamento di stato di vita, dei quali non manca memoria per i secoli anteriori. Non nuovi erano l’incontro con i lebbrosi e il mettersi al loro servizio, cosa che altri individui, uomini e donne, avevano realizzato e realizzavano. Nuova è piuttosto la dimensione teologica e antropologica che se ne può ricavare. Il ribaltamento dei valori, anzi dei disvalori del mondo - con sullo sfondo l’azione della Grazia, che rinvia all’Incarnazione - conduce alla scelta di farsi «povero del Cristo» (pauper Christi): in una dimensione nuova, antropologicamente nuova.

Image 039Unus novellus pazzus

A chiarimento soccorrono alcune penetranti riflessioni di un grande storico scomparso di recente, Ovidio Capitani: «La novità di Francesco (…) consiste in un mutamento di antropologia: fare i poveri e rimanere uomini, non limitarsi ad accettare o ad imitare la marginalizzazione implicita nella fuga dal mondo, nel romitaggio, nel monastero; non vedere la società, la natura, la storia come un “male necessario”; portare l’entusiasmo e (…) la dottrina dello “scandalo” di una umanità afflitta da ogni abiezione, ma sacralizzata dal Cristo in quanto umanità; far diventare comune a tutti i poveri involontari l’appellativo di pauperes Christi che già designava i poveri volontari, i monaci».

Questo brano potrebbe avere la sua estensione esplicativa nel fatto che i fratelli/frati di Francesco individuano nel mondo il loro chiostro, rovesciando il rapporto prospettato, per esempio, da un Bernardo di Chiaravalle che voleva ridurre il mondo a un chiostro. Il superamento del monachesimo tradizionale è evidente. Ne sono ulteriore testimonianza le parole che Francesco avrebbe rivolto ai suoi frati in un capitolo generale: «Fratelli miei, fratelli miei! Dio mi ha chiamato per la via della semplicità. Non voglio che mi nominiate un’altra regola, né di sant’Agostino, né di san Bernardo, né di san Benedetto. E il Signore mi disse che io fossi un novello pazzo (unus novellus pazzus) nel mondo, e Dio non volle condurci per altra via se non per questa scienza».

Lo stesso frate Francesco sostiene la propria “novità”, anche se nell’espressione «un novello pazzo» vi sono echeggiamenti di affermazioni paoline. Ma si badi: “novello” non è tout court “nuovo”; esso si connette piuttosto con il “seguire il Cristo” (Christum sequi), nel senso di rinnovare o riproporre la “follia evangelica” in tutta la sua radicalità, che coincide con “la via della semplicità”. Questa è la via che diverge drasticamente dalla “scienza e prudenza” proprie di chi pensa e si muove secondo la logica del mondo.

Anche a questo proposito la novità francescana è relativa, perché nella anteriore tradizione monastica era ben viva una riserva nei confronti dell’attività e ricerca intellettuali che non rispettassero l’umiltà e la sincerità. Ma in frate Francesco c’è qualcosa di diverso nei confronti dei monaci che erano comunque portatori di una cultura egemone e dominante. I fratelli/frati del Poverello dovevano assumere una condizione e una posizione del tutto subordinata non solo agli uomini, ma a qualsiasi creatura, rinunciando alla loro volontà per obbedire alla volontà del Padre che sta nei cieli. La nuova antropologia si connetteva in modo indissolubile con una teologia della spoliazione, della restituzione e della lode. Ed ecco un altro elemento costitutivo della novità francescana: la celebrazione della positività del creato.

Image 043La positività del creato

Il pensiero corre immediatamente al Cantico di frate Sole. La positività del creato, cioè di qualsiasi creatura considerata nella sua individualità e nella sua partecipazione a un insieme voluto da Dio, è totale. Il Cantico, secondo quanto ha osservato Carlo Paolazzi, «non è una esaltazione delle creature, ma una liturgia cosmica, un grande appello universale alla lode del Creatore». «Frate Sole», «sora Luna», «frate Vento», «sor’Acqua», «frate Focu», «sora nostra matre Terra», «sora nostra Morte corporale»: sono parole ed espressioni che affondano nel linguaggio biblico, e perciò non sono del tutto nuove. Eppure, la dimensione di riscrittura, quindi di novità, non può sfuggire, se addirittura, e su un piano non teologico né religioso, il Cantico è considerato un testo che apre alla nuova letteratura italiana.

La novità francescana sta proprio nel saper riproporre in maniera originale temi e motivi “di fede” antichi: affinché i “contemporanei” capissero (e capiscano) il vangelo attraverso la reinterpretazione esistenziale, la novità, di frate Francesco. Sembrerebbe di poter ricavare una indicazione di valore perenne. La novità assoluta è la “buona novella”: riprodurne i termini più autentici significa rinnovarne nel presente gli elementi costitutivi.