Ricordando padre Guido Volta
Il volo dell’allodola che sapeva il latino
Trasasso di Monzuno (BO), 22 maggio 1922
† Reggio Emilia, 13 gennaio 2012
La strada verso Bologna
Ci ha lasciato il 13 gennaio scorso, alla soglia dei novant’anni, quando ormai le sue forze di resistenza erano allo stremo, dopo essere stato colpito da uno dei più temuti eventi dell’età avanzata, la frattura del femore. Lui, un uomo di una salute che mai aveva conosciuto la malattia, ne è stato piegato irrimediabilmente e così, piano piano, si è incamminato verso quell’orizzonte dove vi è Chi lo ha risanato per sempre.
Padre Guido era nato il 22 maggio
Gli insegnamenti di saggi maestri
La «vita di collegio» gli favorì «la socializzazione, la scoperta dell’altro, la conoscenza dei propri diritti e dei propri doveri», e se essa gli giustificava «la rivendicazione dei primi», imponeva «il rispetto e la pratica dei secondi». In seminario Guido maturò «la convinzione di essere chiamato al sacerdozio». L’anno di noviziato a Cesena ebbe inizio il 13 agosto 1940, e con l’abito cappuccino gli venne dato anche un nuovo nome: «Vincenzo da Monzuno», che porterà fino ai primi anni ’70. Il 15 agosto 1941 emise la professione temporanea e si portò in successione, per gli studi liceali-filosofici, a Lugo, a Ravenna e a Cesena. In quest’ultimo convento, Guido conobbe l’immane tragedia della guerra, ma anche lo sforzo generoso dei frati nello scavare, nel terreno argilloso sotto l’orto conventuale, un vasto rifugio «che divenne dormitorio, refettorio, chiesa per molti: frati, civili - uomini, donne e bambini -, accorsi numerosissimi in cerca di un luogo sicuro contro i bombardamenti». Il 15 agosto 1944 fece la professione perpetua: «il rito si svolse in due tempi, perché un allarme aereo ci costrinse ad uscire di chiesa».
Trasferitosi nel
Nei primi mesi Guido fu impegnato in un apostolato generico, ma ben presto si delineò per lui un’attività che avrebbe portato avanti per vent’anni: l’insegnamento nei seminari della Provincia a Ravenna, a Imola e a Faenza. Ecco come un alunno di latino di Guido ne ricorda l’insegnamento: «Chi non conosce il comportamento degli studenti, specialmente alla soglia dell’adolescenza, nei confronti di una lingua morta come il latino? La seppelliscono. E così pure io l’avevo relegata nell’oltretomba dei miei interessi. L’unica cosa che sapevo era che il latino non aveva articoli. Quando vennero le declinazioni, capìi subito che la strada non sarebbe stata per nulla piana, e il latino mi sembrava una cosa fuori dal mondo, per cui i risultati non conobbero apprezzabili progressi. Il capovolgimento si verificò in terza media, quando ebbi come insegnante padre Guido. Con mia sorpresa, mi ritrovai a studiare il latino da capo. E questa volta con tanta passione. D’altronde tutti gli alunni erano contagiati da un clima di entusiasmo. Alcuni di noi si scoprirono persino poeti latini, e potemmo così dare libero sfogo, con eleganti distici elegiaci, alla nostra fantasia di adolescenti». La voce di Guido, che negli ultimi anni sembrava flebile, in classe era invece ferma e forte, e aumentava di intensità a seconda della gravità degli errori fatti dagli alunni, soprattutto se si dimostravano orrori.
Gli impegnativi campi di lavoro
Nel 1963 si aprì per Guido un nuovo campo di lavoro, a cui ha dedicato ventisei anni: cappellano al Centro Protesi Inail di Vigorso (Budrio - BO), dove ha collaborato alle numerose iniziative «per rendere meno doloroso il soggiorno di coloro che, colpiti da infortunio, erano costretti a lunghe degenze». Il Centro di Vigorso gli ha reso possibile prendere contatto «con la realtà della vita vissuta di “gioie e dolori, fatiche e speranze”», e di accostarsi «a tante persone sofferenti nel corpo e anche nello spirito, e cercare di asciugarne le lacrime».
Una cosa che particolarmente lo aiutava nel suo lavoro di cappellano era la stampa di un notiziario, “La stampella”, che vide la luce nell’ottobre 1969. Fu portata avanti per diversi anni e con pagine sempre più numerose, con il contributo entusiasta degli infortunati stessi, a dimostrazione «che si può sorridere anche quando si soffre». E poi tante altre iniziative: caccia al tesoro nel parco del Centro, gare di pesca, soluzione di quiz, occasione, quest’ultima, che «aiutò tante persone, che da anni non avevano preso in mano un libro, a consultare testi ed enciclopedie», gare di briscola, gare di canto, mostre di pittura, gare di bocce, gite e pellegrinaggi.
Nel 1988 Guido, considerando ormai concluso il suo servizio, per motivazioni «la cui comprensione piena e vera è per gli altri impossibile», lasciò il Centro di Vigorso per il convento di Porretta Terme. Trovando tuttavia per lui troppo stretta la vita unicamente conventuale, l’anno seguente chiese e ottenne di poter essere nominato amministratore parrocchiale della parrocchia di Bombiana (Gaggio Montano - BO), posta sul crinale che fa da spartiacque tra i torrenti Silla e Marano, e che lo vide ancora a stretto contatto con malati e anziani. Nel 1993, tuttavia, «presa coscienza che
Nel
Un confratello, Guido, che sentiva forte il senso di appartenenza, ma altrettanto forte l’anelito di libertà e di autenticità. È vissuto libero come il volo delle allodole del suo Trasasso, e ora egli vola nel cielo luminoso di Dio.
Nazzareno Zanni