Lo scenario politico mondiale mostra dei protagonisti molto “estremi” nel loro modo di essere e di apparire, rispetto agli attori di qualche decennio fa. E le loro scelte effettive sembrano altrettanto “radicali”, oltre che fortemente “divisive”, tanto che si comincia a parlare di svolta epocale anche in politica. La Chiesa italiana cosa fa di fronte a questo radicale cambio di stile e di equilibrio politico?
di Gilberto Borghi
Per chi se non per noi?
La politica è l’arte di risolvere insieme i problemi
Sembrano essere quattro gli atteggiamenti di fondo della pastorale sul versante della dimensione politica.
Il primo è dato da quegli operatori pastorali e da quelle comunità che sembrano non avere alcun interesse e attenzione alla politica. Come se questa dimensione del vivere umano fosse da tenere fuori dalle attività pastorali. Numericamente è difficile darne una consistenza, ma l’impressione è che non siano poche queste situazioni, che si giustificano con motivazioni molto diverse tra loro.
Per nessuno o per pochi
Si va da chi ipotizza che la politica sia qualcosa di “sporco”, di troppo mondano e poco spirituale, come se il fedele fosse chiamato a vivere fuori dal mondo reale, a chi immagina che occuparsi di politica significhi per forza schierarsi per una parte contro un’altra, snaturando così la dimensione ecumenica della pastorale, che deve essere per tutti i fedeli. Tutt’al più, quando particolari eventi o decisioni politiche tendono a colpire valori o sentimenti di chi crede, ci si limita a parlarne nelle omelie, negli incontri formativi e nelle comunicazioni reali o virtuali, finendo solo per stigmatizzare la questione, ma senza offrire linea di intervento possibili. Non rendendosi conto del tutto che, così facendo, si finisce per screditare la politica come dimensione importante e necessaria del vivere umano. In realtà, Cristo si incarna in ogni dimensione e ambito umano, nessuno escluso.
Un secondo atteggiamento pastorale, forse meno diffuso del primo, è dato da quegli operatori pastorali che hanno presente la dimensione politica e ne avvertono l’importanza, ma la pensano come ultimo luogo di realizzazione della vita di fede, riservata solo a chi senta una specifica vocazione in questo ambito. Spesso questi operatori pastorali non fanno mistero della loro personale convinzione politica e possono anche dichiararla, ma senza mai lasciar trapelare il tentativo di affermarla con forza per convincere altri. Provano a leggere gli eventi politici alla luce della loro fede, senza mai che ciò diventi terreno di scontro con chi, all’interno o all’esterno della Chiesa, abbia interpretazioni diverse.
Di solito, a fronte di una tornata elettorale o di un referendum, finiscono per fare appelli convinti ed espliciti a partecipare al voto, senza tentare di dare indicazioni sulle scelte elettorali da fare. In fondo sono convinti che la medesima fede cristiana possa effettivamente generare posizioni politiche diverse e che nessuna di queste possa essere giudicata come manchevole, perché, convinti che nessuna possa mai realizzare appieno l’etica evangelica. L’idea di fondo è che la Chiesa come comunità debba restare fuori dalla politica, ma che i singoli cristiani debbano occuparsene. Certamente è un atteggiamento pastoralmente più sano del primo, ma forse incompleto, proprio perché non valuta abbastanza la dimensione comunitaria della politica e che la Chiesa può essere una comunità che fa sentire la propria voce anche in questa dimensione, partecipando alla costruzione di quel terreno culturale pre-partitico che sarebbe la radice sana dello schierarsi. Terreno che oggi è a quasi totale appannaggio del mercato, dell’emozionalità immediata e che chiede, quindi, una nuova “evangelizzazione”.
Formazione specifica
Un terzo atteggiamento, che sembra essere un po’ in ripresa negli ultimi anni, dopo aver attraversato momenti di flessione, sembra dato da quegli operatori pastorali e da quelle comunità in cui si è convinti che la politica non possa essere lasciata alla sola iniziativa del singolo fedele e alla sua coscienza individuale, ma che debba essere sostenuta ed “evangelizzata” con specifiche attività pastorali dedicate, che si concretizzano quasi sempre in due diverse proposte.
La prima è quella di promuovere attività di formazione sociale e politica specifiche per i cattolici. Anche solo da un rapido giro sul web ci si accorge che non sono poche, e che si ritrovano quasi tutte nella “Settimana sociale dei Cattolici Italiani”, ormai al cinquantesimo anno. Menziono solo le due più rilevanti, la Scuola di Formazione all'Impegno Sociale e Politico, organizzata dalla Conferenza Episcopale Italiana, e quella dell’Istituto Luigi Sturzo. In generale queste iniziative pastorali sono molto variegate tra loro nella durata, nelle modalità didattiche, ma soprattutto nell’offerta formativa, tra chi si incentra più sulla formazione alle competenze specifiche, chi si sofferma soprattutto sulla dimensione etica e chi privilegia un’attenzione alla dimensione sociale. Tutte però accomunate dal desiderio (non sempre realizzato) di non parteggiare per nessuno schieramento politico attuale.La seconda è quella di proporre momenti e percorsi di spiritualità per operatori sociali e politici. Difficile darne una consistenza realistica, ma le iniziative sembrano però distribuite a macchia di leopardo: in diocesi o comunità in cui c’è una buona sensibilità a questi temi le proposte sono più concentrate e numerose, diventando a volte anche percorsi stabili, come nella Diocesi di Milano, in cui negli ultimi 7 anni si sono tenuti più di trenta incontri di questo genere. In altre zone, dove la sensibilità è minore, le proposte sono più sporadiche e saltuarie.
Indubbiamente questo atteggiamento sembra essere quello pastoralmente più coerente e sensato. Per quello che ho potuto vedere, c’è però un dato che andrebbe corretto. Nella stragrande maggioranza dei casi i programmi e i percorsi delle scuole, i titoli e i relatori, i temi degli incontri di spiritualità fanno trasparire come sia scarsa la presa di consapevolezza del cambio epocale che ha investito anche la politica, continuando a fare riferimento a categorie concettuali e a dinamiche politiche che oggi non sono più in grado di dare una “interpretazione” saggia della realtà. Parole come bene comune, sussidiarietà, solidarietà, democrazia, appartenenze, consenso oggi hanno assunto significati molto diversi da quelli ideali che potevano avere nel secondo dopoguerra, fino agli anni Ottanta del Novecento. Col rischio di formare e alimentare spiritualmente politici che non sono attrezzati sufficientemente per stare sulla scena in modo significativo.
Il recupero dello scudo
C’è poi un quarto atteggiamento, di quelle comunità - spesso sono movimenti con una identità molto definita – che ipotizzano la necessità di (ri)costruire formazioni politiche di stampo cattolico, che in alcuni casi sono già nate. Ad esempio Comunità Democratica, Tempi Nuovi, Pro vita, Base Italia, Generazione Famiglia. Di orientamento politico variegato, hanno però in comune un dato: lo specifico del cristiano in politica si sostanzia nel sostenere determinati valori, chi più di stampo sociale, chi più etico legato alla vita, chi più economico.
Molti di questi, in realtà, vivono dentro a partiti già esistenti nel quadro politico attuale, come movimenti e correnti di pensiero. Alcuni, invece, si muovono come partiti autonomi, ma il consenso che al momento sono stati in grado di generare è davvero limitato. Al di là degli schieramenti a cui fanno riferimento, credo che il tentativo sia lodevole, ma manca quasi totalmente la percezione che, ben prima che sui valori, lo specifico del cristiano in politica, oggi, si gioca sulle dinamiche, i processi, gli stili che si mettono in atto. Nel vangelo di Giovanni è chiarissimo che a distinguere il cristiano è il modo con cui si ama, questione perciò di dinamica, di stile, di processi (Gv 13,34; 15,12). Il rischio altrimenti è che questi tentativi vengano immediatamente presi dentro alla dinamica del mercato, nel quale finiamo per essere coloro che devono “vendere” il loro prodotto, cioè Gesù Cristo. Si commenterebbe da solo.