«Anche oggi cominciamo in musica» anticipa Maura al cerchio attento «ma la canzone di questa volta sarà riconosciuta soltanto dai più saggi tra voi, perché non è proprio recentissima!». «Eh, cara Maura, guarda però che la saggezza non appartiene solo ai più anziani…» interviene subito Maurizio, sorridendo contento nella direzione di alcuni giovani che sono seduti in cerchio con noi e che subito sorridono di rimando.
a cura della Caritas Diocesana di Bologna
C’è questa volta
La libertà è la fiaba del prossimo passo
IL TÈ DELLE TRE
Dal cellulare di Maura parte una voce flautata e melodiosa, che in effetti sembra uscita da un grammofono vetusto:
«Carissimo Pinocchio, ricordi quand’ero bambino? Nel bianco mio lettino ti sfogliai, ti parlai, ti sognai. Dove sei? Ti vorrei veder, del tuo mondo vorrei saper. Forse Babbo Geppetto è con te. Dov’è il Gatto che t’ingannò? Il buon Grillo che ti parlò? E la Fata Turchina, dov’è? Resti ancor nel mio cuor come allor…».
Carissimo Pinocchio
«Allora, miei cari, qualcuno se la ricorda? Qualcuno riconosce il cantante?». Maura ci interroga con gli occhi, divertita. Diverse voci si sovrappongono alla ricerca di soluzioni all’enigma. Francesco, amante della musica, risponde per tutti: «Ma sì dai, la voce la riconosco. È quell’attore che ha fatto anche dei musical, era famoso anni fa, come si chiama?… Ecco, ce l’ho: è Johnny Dorelli!».
«Bravissimo Francesco! È proprio lui!» riparte Maura. «Siamo nel 1959 e Johnny Dorelli canta “Carissimo Pinocchio”, canzone che arrivò terza al primo Zecchino D’Oro. Una canzone che poi piacque moltissimo anche ai grandi. Come avete sentito, parla proprio di Pinocchio. E voi mi direte: che c’azzecca con noi? Ho scelto questo personaggio perché il tema che affronteremo oggi è: il cammino di ognuno fra condizionamenti e libertà». Maura si ferma un attimo, si guarda intorno per osservare le nostre reazioni. Ha tutta la nostra attenzione e riprende: «Pinocchio fu pubblicato a puntate nel 1893 ed è la storia del cammino di un bimbo che deve diventare grande; ma tutto il suo percorso non è altro che una continua fuga verso la libertà e contro i condizionamenti, dentro cui – poveretto! - finisce per ricascare in continuazione.
Pinocchio è sempre in fuga: nasce come un burattino dalle mani di suo padre e subito fugge. Continuamente cede ai vari condizionamenti che la vita gli mette davanti. Ci vogliono molte notti buie per convincere il burattino a fermarsi. Di fatto è solo dentro il ventre di una balena in cui è costretto a restare insieme a suo padre Geppetto, che il nostro protagonista farà davvero i conti con se stesso e con le sue origini. Resterà burattino, fino a quando comprenderà che suo babbo ha bisogno di lui. La favola sembra dirci allora che solo scoprendo le responsabilità della vita diventiamo pienamente umani e finalmente capaci di essere liberi. Ma voi che ne pensate? Che mi dite del vostro percorso?».
«Io sono sempre stata condizionata dall’approvazione degli altri» si butta Francesca, di getto. «Certo è stato un grosso ostacolo, ma poi ho scoperto che il mio modo di essere libera è fare ciò che mi piace e farlo in autonomia, senza chiedere il permesso. Questo mi ha aiutata a credere in me stessa e a trovare un mio equilibrio».
«La libertà è il più grande dono che Dio ci fa, ma solo crescendo impariamo a godercela rispettando la libertà altrui» sottolinea Maurizio. «Diventare saggi, significa imparare a limitarsi, ma non è questione di età, come dicevo prima! Però, se penso a Pinocchio, penso soprattutto alle bugie. Anche io ne ho dette tante… finché ho capito dall’esperienza che fanno più male a chi le dice che agli altri…».
In questo buio
«Sì, sì, Pinocchio sarà anche una favola divertente» irrompe Biagio con un’inclinazione particolarmente polemica nella voce «ma c’è quel personaggio stupido della Fata Turchina che non sopporto. È colpa sua se al poverino cresce il naso! La fata avrebbe ben potuto preservarlo ed invece lo ha reso lo stereotipo del bugiardo con quel naso… Ma la verità è che tutti diciamo le bugie! Se ci crescesse il naso ad ogni bugia, non riusciremmo nemmeno a camminare: ci infilzeremmo a vicenda! E poi c’è quell’altro odioso del Grillo parlante, che gli fa continuamente la morale… bè io gli direi di non rompere le palle: fa presto lui che è solo un grillo e canta tutto il giorno a parlare del comportamento degli altri… ma che ne sa? La vita di un essere umano è molto più complessa di quella di un insetto! A noi serve essere capiti, mica sgridati!!».
«Ragazzi, non dimentichiamoci che è una favola» chiarisce Francesco, riportando ordine fra i commenti e le risate dei partecipanti. «Comunque a me le favole non piacciono per niente: quando mai nella vita finisce che “vissero tutti felici e contenti”? Mai! La nostra vita è piena di condizionamenti ed allora se vuoi un finale buono, solo tu te lo devi costruire, rimboccandoti le maniche e senza dare ascolto a cosa dicono gli altri».«Non tutti i condizionamenti sono negativi però» interviene Rosa, un foulard a coprire la testa.«Nello sconforto della malattia, io avevo perso la voglia di vivere; se non avessi avuto i miei figli che credevano nella mia guarigione, non so proprio come avrei fatto. Mi hanno condizionata, è vero, ma in modo positivo! Ora anche io come Pinocchio mi sento chiusa dentro quella pancia, al buio. Sto aspettando gli esiti della Tac e solo allora saprò se riuscirò ad uscirne. Ma in questo buio che vivo, è grazie ai miei ragazzi che ho imparato a lottare per me e per la mia vita come non ho mai fatto prima».
«Secondo me Pinocchio è proprio la rappresentazione di quello che ci accade col telefono ogni giorno» rilancia Carla. «Quanti paesi dei Balocchi ci vengono continuamente proposti? Tutte le nostre vite sono piene di condizionamenti a partire dal fatto che siamo nati in un particolare luogo, in un’epoca precisa, dentro una certa famiglia che ci ha educati così… È ovvio che anche io ho dovuto tener conto di tutto ciò e poi son partita verso la mia libertà di essere chi sono davvero. Ecco: per me è come una arrampicata faticosissima. Ma ho imparato a non restare con lo sguardo verso il basso, rivolto al passato. Non guardo più giù mentre salgo e mi concentro sulla cima, verso la scoperta di chi sono!».
«Sto ripensando al Grillo Parlante» si fa avanti Pina. «Come Pinocchio anche io ho spiaccicato tante volte la mia coscienza, pensando di poter restare tranquilla dentro la comoda comfort zone che mi ero costruita intorno… Peccato che poi l’abbia vista letteralmente scoppiare, nonostante i miei tentativi di proteggerla ed allora tutta la mia vita è cambiata. Ora fatico certamente, ma mi sento più libera».
«Io invece credo di essere fuggita dai tanti condizionamenti che vivevo in casa» è la giovane Diana a parlare, il suo sguardo indaga intorno mentre cerca con attenzione le parole da dire. «Ora mi ritrovo su un mio percorso e sto cercando di capire di che cosa ho davvero bisogno per star bene. Il buio nella pancia della balena credo proprio di averlo vissuto e so che è sempre possibile rientrarci: bisogna restare molto vigili. Forse tutte le fughe che ho vissuto sono sempre state proprio da quel buio. A volte siamo già fuori dalla pancia della balena, ma non riusciamo a fare il semplice gesto di alzare la testa! Rimaniamo come immobilizzati e nulla cambia davvero.». Si ferma un attimo ancora, Diana, scava dentro di sé e porta fuori una luce: «In quel momento però aver intorno persone che sanno darti valore, ti salva. In certe occasioni, mi sembra ancora di camminare su un’asse sospesa nel vuoto, ma se ho intorno queste persone positive, allora l’asse diventa un ponte ed è più semplice non ricadere nel buio».
Meglio Biancaneve
Cala un attimo di silenzio nel cerchio, impegnati come siamo a riflettere su quanto abbiamo sentito. Poi, come un’esplosione di gioia che ci coglie alla sprovvista, Biagio ci sorprende con la sua riflessione: «Pinocchio, Pinocchio… Boh a me piace di più Biancaneve! Alla fine lei è una persona che ha bisogno di un tetto, di una casa e accetta di vivere in una comunità con sette nani, che poi sono sette sfigati. È una che non se la tira, si rimbocca le maniche e si mette a pulire un posto che non è il suo. E i padroni, quando arrivano, anche se son dei poveretti, capiscono il suo bisogno e si aprono a questa nuova comunità. Questa sì che è una bella storia!».
Nella cascata di risate, mi scopro a pensarla proprio come Maurizio: la saggezza non c’entra nulla con l’età e – aggiungo – nemmeno con la condizione sociale!