“Libertà condizionale” suona gradevole tra le mura di un carcere. Il suo significato va però oltre le mura e ha significato non solo per chi è sottoposto a esecuzione penale. È la condizione esistenziale di ogni essere umano. “Condizione” appunto. Non si può dire “libertà” senza dire insieme “condizionale”. Siamo liberi, a condizione di essere umani.

a cura della Redazione di “Ne vale la pena

 Ribelle chi spera

Tra reclusione ineludibile e realtà inalienabile

 DIETRO LE SBARRE

Qui, nonostante tutto… sì, ma fuori?

La libertà, effimera, non tangibile, ma pesantemente necessaria… siamo sempre alla sua ricerca.

Per me in carcere, la libertà è tenere la mente sgombra, affrontando ogni giorno di detenzione con uno spirito propositivo, e impegnandomi in ogni attività o corso che mi possa permettere di interagire con persone diverse, per confrontarmi con una realtà diversa da questa e per evadere dal contesto ristretto e pieno di condizionamenti fisici e mentali in cui vivo. E senza volerlo, concentrandomi ed impegnandomi in ciò che faccio, a volte non mi sembra neanche di essere qui, e le regole e le rinunce mi sembrano un po’ meno pesanti e più affrontabili. A volte mentre guardo fuori dalla finestra della mia cella, mentre scrivo, conscio di essere recluso, tutto svanisce, perché assaporo un po’ di “normalità”, ad esempio guardando i miei amici del rugby allenarsi. Anche alla Dozza si gioca a rugby e si provano le emozioni della competizione, del gioco di squadra, dell’obiettivo da raggiungere, la soddisfazione per la vittoria o la delusione per la sconfitta. Ieri sono entrato in cella, e la prima cosa che ho pensato vedendola in penombra, è stato di tirare su la tapparella. Non sono matto, anzi sono ben consapevole di dove mi trovo, ma le cene in cella con i miei compagni Silvio, Max e Santos ed i pomeriggi con Tambu e Paolo, in cui ridiamo, scherziamo e parliamo delle nostre avventure di vita, ci fanno dimenticare di essere detenuti, anzi scusatemi: “CI FANNO SENTIRE LIBERI”. Lo so, è solo per un momento, più o meno lungo, ma, mantenendo la libertà nel cuore e nella mente, accuso meno, in attesa di poter essere libero da qui. Ma chissà, se poi una volta fuori, sarò veramente capace di essere libero… e di esserlo con questa consapevolezza?

Piombo

 Va’ pensiero

Da un po’ di tempo vivo una vita monotona, privata di tante cose per reati ipotizzati, senza che mai si prenda in considerazione che la verità è caratterizzata da una percezione. È la lontananza dalla vita reale, dalle persone care, è la monotonia del carcere che mi ha fatto riflettere sulla libertà, sul suo valore. È un concetto che acquisiamo fin dalla nascita e lo viviamo senza mai renderci conto del suo vero significato, fino a quando non ne veniamo privati o veniamo controllati nella nostra libertà.
È proprio la vita da galeotto, dove la libertà è condizionata al massimo, che fa capire il vero sapore e i veri colori della libertà; colori che si presentano quotidianamente in ogni forma della società in cui viviamo. Per noi galeotti che la vediamo da qua dentro, la libertà è una cosa inestimabile, visto che l’unica libertà non condizionata che ci è rimasta è quella del pensiero. Però il pensiero va oltre, non ha confini, e mi viene da chiedermi: ma la società è davvero libera come la libertà del pensiero? O sono tutti dei galeotti dove ognuno si pone dei limiti? Però dentro di me un po’ mi rassereno quando penso che almeno la libertà del pensiero è una libertà pura, senza freni. È una verità che dura pochissimo, perché guardando e parlando con gli amici di varie etnie vedo la diversità del pensiero che abbiamo rispetto agli stessi argomenti, perché anche il nostro pensiero è condizionato dalla società e dalla cultura in cui cresciamo. La vita è condizionata dal sistema in cui ci troviamo. Mi rendo conto che siamo liberi dentro dove ci sono certe regole scritte e non scritte e così la mia libertà in questo momento è condizionata da un episodio percepito come vero.

Valerio Quagliariello

 Non mi avrete mai come volete voi

Sono passati anni da quando ho varcato le porte di questo carcere, eppure, ogni giorno, la percezione della libertà sembra allontanarsi sempre più. La vita dentro queste mura è un continuo confronto tra la realtà fisica della reclusione e la libertà interiore che cerco di mantenere viva. In questo luogo, dove ogni movimento è controllato e ogni decisione è presa da altri, la libertà diventa un concetto astratto, un miraggio che si allontana con il passare del tempo.
La privazione della libertà è un condizionamento profondo che influisce su ogni aspetto della vita. Non è solo la mancanza di libertà di movimento, ma anche la perdita di controllo sulle proprie scelte quotidiane. Ogni detenuto è costretto a rispettare un rigido regolamento interno, che disciplina ogni momento della giornata, dalle ore di sonno alle attività ricreative. Tutto è improntato a riportare i detenuti allo stato infantile per poterli rieducare, e anche il linguaggio del carcere è improntato a questo aspetto e termini come spesino, scopino e domandina segnano in maniera forte ogni nostra giornata vissuta all’interno della Dozza. Questa routine genera spesso sentimenti di rabbia, paura e paranoia, che spesso si manifestano in comportamenti aggressivi o autolesionisti.
Tuttavia, anche in un ambiente così restrittivo, esiste una forma di libertà che non può essere tolta: la libertà interiore. È la capacità di pensare, sognare e immaginare un futuro diverso. Molti detenuti trovano conforto nelle loro memorie e nelle speranze per il futuro, che diventano il loro sostegno quotidiano. Questa libertà mentale è ciò che permette di sopravvivere in un luogo dove il corpo è confinato, ma la mente può vagare libera.
L’ambiente carcerario è un condizionamento costante. Le celle, le mura, le sbarre sono un costante ricordo della propria condizione. Tuttavia, alcuni detenuti trovano conforto nel guardare fuori dalle finestre, osservando la natura o la vita esterna, anche se solo per un breve momento. Il cielo che vedo dalla mia finestra con le sbarre è lo stesso che guarda chi cammina libero per le strade, ma per me è solo un frammento di un mondo che al momento non posso toccare.
La libertà, però, non è solo poter andare dove si vuole. È scegliere cosa pensare, cosa sognare, cosa credere. E anche qui dentro, dove ogni azione è scandita da regole rigide e da permessi da chiedere, esiste una battaglia costante tra ciò che è imposto e ciò che appartiene ancora a me.
La ricerca di libertà è un tema ricorrente nella vita dei detenuti. Molti cercano di mantenere viva la speranza di un futuro migliore, sia attraverso l’attività intellettuale, sia attraverso la creatività. Scrivere, disegnare o studiare diventano atti di ribellione contro la reclusione, modi per esprimere la propria individualità e affermare la propria dignità.
La libertà e i condizionamenti sono due facce della stessa medaglia per chi vive in carcere. Se da un lato la privazione della libertà fisica è una realtà ineludibile, dall’altro, la libertà interiore rimane un diritto inalienabile. È questo equilibrio che permette ai detenuti di sopravvivere e di mantenere viva la speranza di un futuro diverso. La libertà, anche se solo nella mente, è il faro che guida attraverso le tenebre della reclusione, ricordandoci che, anche nelle condizioni più difficili, l’anima umana può rimanere libera. Personalmente non posso non dire che la Dozza condiziona ogni fibra della mia esistenza. La routine soffocante, i controlli, le voci che rimbalzano nei corridoi come un’eco senza fine: tutto è studiato per privarmi di autonomia. Eppure, dentro la mente, la libertà resiste. Nei libri che leggo, nelle parole che scrivo, nei ricordi che mi ostino a mantenere vivi.
I giorni passano lenti, eppure la speranza è una forma di ribellione. Libertà è sapere che, malgrado tutto, posso ancora scegliere chi essere quando finalmente uscirò. Se la prigionia mi ha insegnato qualcosa, è che il più grande condizionamento non è quello imposto dalle mura, ma quello che si accetta dentro di sé. E io, questo, non lo accetterò mai.

Athos Vitali