Tana libera tutti

La libertà è tale solo se condivisa

 di Emilia Palladino
docente di Sociologia alla Pontificia Università Gregoriana

 Cosa è la libertà? È una domanda di ogni donna e di ogni uomo, in ogni luogo e per ogni tempo;

eppure, non è immediato dare una risposta, anche se brevemente potrebbe considerarsi la facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo. A ben guardare, ognuno dei termini dell’espressione precedente richiederebbe un approfondimento che in questa sede non è possibile offrire; tuttavia, si possono pensare meglio alcuni elementi.
La domanda sulla libertà, ad esempio, sembra quasi persecutoria quando si cresce: è la leva che spesso si usa per discutere con i genitori la ridefinizione dei propri confini simbolici e pratici, quando negli anni si diventa da bambini a giovani e poi giovani adulti. È la domanda alla quale si tenta di rispondere quando si vivono situazioni dove ci si sente schiacciati, molte volte in trappola, come se si conducesse un’esistenza non voluta, non propria. Inoltre, la domanda sulla libertà sembra non poter prescindere dalla domanda sulla dignità: infatti, essere individui degni non deve coincidere con l’essere individui liberi?
È una domanda che a tratti potrebbe avere connotazioni eroiche: per esempio, può accadere quando le possibili risposte siano date in contesti opprimenti, che ostacolano l’espressione libera di sé, appunto, qualche volta rivendicandola con azioni classificate come sovversive, o contrarie al cosiddetto senso comune.

 Tutto è collegato

Le risposte alla domanda sulla libertà dipendono in effetti da molte variabili e non sono uniche per tutti i tempi e tutte le persone, ma incidono l’età, il proprio genere, la tipologia delle relazioni che si costruiscono nell’arco della vita - sia le primarie, con la famiglia e la scuola, sia le secondarie, con il gruppo dei pari, amici e amiche, compagne e compagni di vita, colleghe e colleghi -, le proprie credenze e pratiche spirituali e/o religiose, le proprie convinzioni in generale. Così come incidono, insieme alle variabili dette sopra e tra le altre, anche la situazione sociopolitica del paese in cui si vive, le politiche di sostegno e promozione delle fasce più deboli della popolazione, e la situazione mondiale, il tenore economico globale e locale, lo stato dell’ambiente globale e locale, etc.
Già la psicologia sociale, nel modello ecologico dello sviluppo della persona umana, pensato e impostato dallo psicologo statunitense Urie Bonfenbrenner tra gli anni Settanta e gli anni Novanta del secolo scorso, aveva scoperto che ogni esperienza umana – come la crescita, lo sviluppo, l’auto-realizzazione, la costruzione dell’affettività – avesse connessioni con e fosse influenzato da vari tipi di relazioni. Ma anche l’insegnamento sociale cristiano, fin dal suo inizio e soprattutto nell’enciclica Laudato si’ (2015) di papa Francesco, ha fatto più volte riferimento al fatto che tutto è collegato, e mai espressione è stata più vera e verificata per ogni aspetto fenomenologico che si voglia considerare. Tra questi, come si diceva, lo stesso esercizio della libertà individuale, come dei gruppi, è sottoposto all’azione sinergica di molteplici elementi, così da costituire un sistema complesso, come una catena dalle molte maglie legate tra loro, non in forma lineare ma estremamente contorta e articolata.

 Faccio quello che voglio

Oggi, in questi tempi straziati e strazianti, è ancora possibile porsi in modo semplice la domanda di cosa sia la libertà in un mondo lacerato da ferite di sangue vivo, che nessuno fra i grandi della terra sembra intenzionato a fermarsi per rimarginarle? In tali condizioni, l’esempio che ci viene offerto è che la risposta pare essere una e non ammetta repliche: la libertà è “ottenere ciò che si vuole”. Di fatto la libertà pare coincidere con il potere di alcuni, che possono scegliere apparentemente senza alcun vincolo, e con l’inerzia di altri, che via via subiscono pressioni e divieti al godimento dei propri diritti. È evidente, però, che l’effetto di una tale risposta sulla fraternità umana sia oggettivamente devastante: schiacciata da un individualismo feroce e diffuso, l’essere tutti e tutte fratelli e sorelle nell’universale famiglia umana che abita la terra, nostra casa comune, sembra essere solo un’idea, che non produce alcuna prassi benefica – come in realtà dovrebbe essere.
Oggi nel mondo si possono effettivamente individuare chiare dinamiche di rabbia, possesso e dominazione, giustificate da forme distorte di accessi unilaterali a privilegi oligarchici o personali, che agiscono a danno di equità e giustizia e assumono le stesse fattezze della libertà o dei diritti invocati per essere giustificate da chi le esercita. La polarizzazione che ne deriva è inevitabile: di fronte allo scempio dell’umano, sembra si possano occupare solo le posizioni “a favore” o “contro” tali dinamiche. In altre parole, falliscono le mediazioni, le posizioni centriste, i negoziati, le tregue. Sembrano cioè non convincere quegli usi della libertà che prevedono la collaborazione fra le persone, la partecipazione e la costruzione di una realtà “altra”, che sia condivisa e condivisibile, cioè al di là delle parti, ma che le parti stesse suscitano insieme. In altri termini, se la libertà – ingrediente fondamentale per alimentare il discernimento, quindi per scegliere – è ridotta a mero mezzo esecutivo delle proprie mire (può essere vero tanto a livello interpersonale, quanto più ampio), sembra non essere possibile costruire un bene comune sano e partecipato.

 Come la libertà?

Tuttavia, un eventuale contraltare all’inganno di arrogarsi il diritto di esercitare una libertà libera da vincoli, in modo da usarla per perseguire unicamente i propri interessi, forse lo si può pensare. Attenzione, però: è bene fugare ogni dubbio sull’ovvia realtà che ogni libertà possiede sempre vincoli: ogni società, infatti, impone confini propri alle libertà che non sono voluti coscientemente dagli individui che ne fanno parte, ma sono conseguenze specifiche della cultura nella quale sono cresciuti. Di nuovo, tutto è collegato.
La domanda di riferimento, allora, può cambiare da “che cosa” sia la libertà a “come” sia la libertà. In questo modo, più che contare il solo esercizio della libertà, distorcendola nell’esecuzione di un potere solipsistico, conta di più il modo in cui la libertà degli individui si esprime nelle scelte che operano, a qualunque livello le compiano.
Non è più solo ottenere quello che si vuole, ma anche il “come” lo si ottiene o lo si è ottenuto, e si comprende bene che, dal punto di vista etico, abbia più peso il valore di questo “come”. In questo senso, la libertà non è più un esercizio di potere fine a sé stesso, ma diventa un esercizio di potere volto a servizio di chi non ne ha e che ha, per questo, bisogni da soddisfare. Ma anche potenzialità da esprimere, idee da condividere, ricchezza da mettere in comune. La libertà allora non è più solo del singolo, ma ha un valore relazionale inequivocabile: nel mondo di oggi, gli uomini e le donne liberi sono soprattutto coloro che si sanno liberi di spendersi nel costruire reti di relazioni vivificanti, che si oppongono alla guerra imperante (sia come atti bellici, sia come modo di pensare, di guardare alla realtà).
Tra i parametri di un comportamento definito dal “come” debba essere la libertà, evidentemente non può trovare posto la violenza, il sopruso, il disinteresse per le condizioni degli altri. La libertà, lo si ribadisce, non può più coltivare solo sé stessa, manifestarsi in modo solipsistico oppure oligarchico, trovarsi in una sola delle parti di un pensiero polarizzato. Non si è liberi da soli, lo si è se lo siamo tutti e tutte. È quindi “vincolante” (ritorna l’idea che la libertà abbia comunque “vincoli”) che ci si accordi, che si sia insieme, in quanto non appena saltano gli accordi allora solo alcuni sono liberi – quelli che ne traggono vantaggio – ma altri non lo sono più – gli scartati, come diceva papa Francesco.
Che non accada, allora, di usare la libertà come uno strumento di comodo, ma come una straordinaria possibilità di costruire il bene proprio, di ciascuno e di tutti e tutte.