Ricordati di me
La storia di un uomo che ha perso 12 anni di memorie
di Pierdante Piccioni
medico e scrittore
È proprio vero: nessuno si salva da solo. La vita a volte sorprende e ci fa degli inciampi incredibili.
Io ho avuto modo di farci i conti con l'imprevedibilità dell'esistenza: conducevo la mia esistenza come medico, ero un primario affermato, sicuro di me e della mia competenza. Poi è arrivato un incidente stradale nel 2013 e, quando mi sono risvegliato dal coma, non ero più io. Ho subito un cambiamento radicale: in un attimo, da primo sono diventato ultimo, da medico sono diventato paziente, e un paziente abbastanza particolare, perché in un attimo ho perso la memoria degli ultimi dodici anni della mia vita. Quindi per me non era il 2013 ma era il 2001. Esattamente.
Oltre alle ferite fisiche, alle lesioni dovute all'incidente, ce n'era una in particolare che è stata quella di perdere dodici anni della mia vita. Dodici anni particolari in cui è nato Facebook, è nato Instagram, è nata la posta elettronica certificata; ti addormenti con la lira, ti svegli con l'euro, mi addormento col fax, e mi sveglio con la mail. È stato un cambiamento totale, da primo a ultimo, ed è stato scioccante. Perché si è avverato esattamente quello che dice Gesù nel vangelo di Matteo «Così, quelli che sono gli ultimi saranno i primi, e quelli che sono i primi saranno gli ultimi». E allora? Cosa si fa ? Devi scommettere su di te.
Ripartire
Io ho voluto subito tornare a fare il mio mestiere, cioè a fare il medico; io avevo perso anche gli ultimi dodici anni della professione, ma volevo fortissimamente tornare a fare il medico. Ho investito su quello e sono riuscito a trasformare un danno in un'opportunità. Diventare pazienti, prima o poi, tocca a tutti e bisogna cercare di usare quel nuovo, quel cambiamento, quel punto di vista diverso per cambiare noi. Se non cambi, non sopravvivi, non cresci.
Certo, è stato un momento difficile quello in cui mi sono reso conto di quanto era accaduto. Ma ho imparato una cosa. Nessuno si salva da solo. Si riesce a risalire solo facendosi aiutare, conscio che da solo non ce la puoi fare. Si ha bisogno dell’aiuto degli altri: che si chiami Dio, che si chiamino amici, che si chiami famiglia. Sul lavoro ho avuto la fortuna di incontrare un sacco di amici, che mi hanno fatto un ragionamento fondamentale. Non mi hanno detto cosa dovevo fare, ma mi hanno preso sotto braccio e mi hanno detto: facciamo un pezzo di strada insieme, un allenamento, un gioco di squadra.
Tutte queste sono belle parole, ma provate ad immaginare di ripartire con il sedere per terra. Non è semplice, ma è l'unica strada che abbiamo, provarci. Chi lo sa se ci riusciremo, però non puoi non provarci, perché è troppo divertente provarci e magari anche farcela, perché poi è divertente vincere, per tutti. Quando vinci dici che ne valeva la pena. Questa mia storia, portata sugli schermi di mezzo mondo, con circa quattro miliardi di persone che l’hanno vista, sta ispirando tante altre belle storie.
Belle persone
I miei due figli, Filippo e Tommaso: li avevo lasciati a 8 e 11 anni, li ho ritrovati a 20 e 23 anni. Non li ho riconosciuti, e ho chiesto loro: scusate, ma voi chi siete? Per un figlio sentirsi non riconosciuto dal padre, credo sia qualche cosa di tremendo, e me la menano ancora adesso. Poi anche loro hanno dovuto adattarsi: credo che mi preferiscano ora, ma siccome sono figli non lo vogliono ammettere.
Quando sono tornato al lavoro e in prima linea, era uno dei momenti più terrificanti per tutto il mondo, perché siamo stati colpiti da questo virus sconosciuto, la pandemia di Covid-19, che ha lasciato molti invalidi secondo me: ancora non ce ne rendiamo pienamente conto. Negli adulti, ma anche in tanti ragazzi purtroppo, la sindrome post-Covid-19 non è solo il mal di schiena, la mancanza di fiato, ma è dal punto di vista neurocognitivo una sindrome depressiva che è aumentata tantissimo. Io, per chi non lo sapesse, sono l'ex primario di un posto che voi avete imparato a conoscere in quegli anni di Covid-19, Codogno. Io ho perso amici, ho perso colleghi, abbiamo voluto raccontare questa perdita, anche scontrandoci un po' con la RAI.
Lo scrittore Borges dice che “noi siamo i nostri ricordi”. Vero. Però, da amnesico, mi permetto di aggiungere che noi siamo anche, e a volte soprattutto, i ricordi degli altri. Io non ho recuperato nessun ricordo mio da allora e quindi devo basarmi solo sui ricordi degli altri. Per questo sono convinto che il vero valore aggiunto di quello che mi è capitato è di continuare ad incontrare belle persone.
Segnaliamo il volume:
PICCIONI-P. SAPEGNO
Io ricordo Tutto
Marietti 1820, 2024,
pp. 292